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Alle radici della nostra creatività: tutta una questione di emisferi

Il contributo delle neurobiologia

Image by Pawel Czerwinski on Unsplash.com


Grazie agli attuali modelli neuro scientifici la creatività può essere percepita non solo quale semplice tassello aggiuntivo alle facoltà già presenti nell’uomo, bensì come una vera e propria produzione di un’idea, che fiorendo in maniera inaspettata, risulta nuova e oltremodo utile in un preciso momento della nostra vita (Schore, A, N., 2012).

Spesso e volentieri il nostro stato mentale sembra in linea con quanto richiesto dall’esterno, rispetto al quale i codici normativi (Monguzzi, F., 2021), sembrano guidare le nostre azioni e ancor più i nostri pensieri in una sola direzione (Siegel, D, J., 2019). Rendendo così la nostra percezione del mondo e i rispettivi stili di coping del tutto unidirezionali. Nel quotidiano sembrerebbe, infatti, che ad essere maggiormente impiegato sia proprio l’emisfero sinistro, specializzato nel gestire strategie e nel far fronte a rappresentazioni prevedibili, conosciute, ma che di contro, rischiano proprio di atrofizzare quella creatività che altro non farebbe se non allontanarci da quegli schemi prefissati.

Viceversa l’emisfero destro è in grado di porci dinanzi a situazioni nuove in un’ottica del tutto differente, e di assimilare quell’imprevedibilità, capace di gettare le basi per la formazione di un nuovo programma di interazione con un nuovo stimolo. Infatti proprio l’emisfero destro possiede capacità speciali utili ad elaborare ciò che è nuovo e al contempo custode di un bagaglio inaspettato.

La crescita di questo distretto cerebrale, basata sull’esperienza, permette, quindi di elaborare nuove informazioni, sia intrapsichiche che interpersonali, che nel loro insieme promuovono la formazione di una nuova lente attraverso la quale approcciarsi a quanto di nuovo ci circonda. Ciò che è affascinante è proprio come esso risulti essere la fonte psicobiologica principale dell’elaborazione rapida, spontanea (e spesso inaspettata) di quelle informazioni provenienti da una mente inconscia.

Controbilanciando pertanto il ruolo dei rispettivi emisferi, si può dunque ipotizzare come le rispettive funzioni siano in grado di farci scoprire nuove strade e nuovi modi di far fronte a quanto ancora non si conosca. Sulla base di quanto esposto sinora, l’emisfero destro risulta dunque promotore di numerose funzioni adattive e dalle quali a nostra insaputa ci lasciamo guidare giorno per giorno.

Se il destro risulta in grado di notare piccole differenze tra gli stimoli, di prestare attenzione a segnali globali o geometrici e di esprimere emozioni intense, viceversa quello sinistro, risulta coinvolto nella routine, nei modelli prestabiliti di comportamento, nelle circostanze familiari e nell’elaborazione sequenziale di quegli stimoli che risultano tuttavia guidati da istruzioni apprese e consolidate.

Descrivendo più nel dettaglio il cervello umano, alcuni studi condotti da Iain McGilchrist hanno consentito di guardare all’emisfero destro quale riflesso di una “rappresentazione più sofisticata ed estesa e molto probabilmente più recentemente evoluta nella corteccia prefrontale”, facendo di esso “la parte più altamente evoluta del cervello” (McGilchrist, I. 2009). L’autore ha infatti offerto delle riflessioni al riguardo affermando come: “l’emisfero destro fondi la nostra esperienza del mondo dal basso e ne dia un senso dall’alto” (McGilchrist, I. (2015); poiché questo emisfero è più in contatto sia con la dimensione affettiva che con quella corporea.


La mente inconscia e il suo linguaggio

Un ulteriore contributo deriva dalla neuropsicoanalisi, rispetto alla quale diversi autori hanno valorizzato la presenza non solo di una mente inconscia, bensì la compartecipazione di diverse funzioni pronte a tradursi in un linguaggio in grado di prendere le distanze da quello razionale, logico e spesso prevedibile. Tra questi, le figure di Tucker e Moller, hanno evidenziato come “la specializzazione dell’emisfero destro per la comunicazione emotiva, attraverso canali non verbali, suggerisca un dominio della mente che si avvicina sempre più all’inconscio psicoanalitico motivazionale” (Tucker, D.M., Moller, L. 2007).

A tal proposito Guido Gainotti ha affermato che l’emisfero destro sostiene il livello inferiore “schematico”, dove le emozioni sono generate automaticamente e sperimentate come “vere emozioni”, mentre al contrario il sinistro sostiene il livello “concettuale” più alto, dove le emozioni sono analizzate coscientemente e sottoposte al controllo intenzionale. (Gainotti, G. 2005).

In scritti più recenti, l’autore (2012) sotto una chiave neurologica ha sottolineato come l’elaborazione inconscia delle informazioni emotive, si basi su una via ben specifica; quella sottocorticale emisferica destra. Il panorama delle neuroscienze propone dunque una visione più dettagliata circa la “dominanza dell’emisfero destro nell’elaborazione non cosciente” (Chen, L., Hsiao, J. 2014), accentuando ancor di più quanto l’emisfero destro rifletta un vero e proprio vantaggio nel modellare, implicitamente il proprio comportamento, al contrario di quello sinistro il cui ruolo è circoscritto nell’esprimere la conoscenza esplicita. Dunque, quanto di implicito risiede in noi, non sempre si riesce a sottoporre al vaglio della coscienza, tuttavia ciò che più sorprende è proprio come la nostra interiorità e quanto di più profondo ci abita, sembra a volte saperla più di noi.

Spesso e volentieri infatti siamo abitati e impregnati di un linguaggio che non sempre ci appartiene e che dunque non sempre sentiamo come nostro. Nondimeno il linguaggio razionale, logico e automatico sembra riflettersi sulla nostra unità psicosomatica, rendendo i nostri comportamenti e ancor più le nostre rispettive reazioni emotive, prive di quel fascino e di quella meraviglia, delle quali non dovremmo cessare di aver cura.

Nello specifico infatti il linguaggio odierno, sembra aver cristallizzato la nostra spontaneità, innescando un uso a dir poco eccessivo di quel distretto cerebrale che altro non fa che calibrare e soppesare, con la ragione, le azioni da compiere, ma che di contro non sembrano risentire di quel fascino di cui l’emisfero destro sembra essere il portatore.


Il contributo di James Hillman: agli antipodi dell’emisfero destro, la creatività quale predisposizione innata

Il noto psicoanalista americano, nel suo celebre saggio Il Codice dell’Anima, non solo introduce un concetto significativo, ma al contempo invita ad una vera e propria revisione del concetto di creatività, che ben si accompagna a quello da lui stesso descritto e che prende il nome di Dàimon. Secondo l’autore, la creatività altro non è che il riflesso di un linguaggio che andrebbe riscoperto e coltivato, dal quale non dovremmo mai smettere di farci guidare (Hillman, J., 2013). In rapporto con la dimensione neuroscientifica è affascinante notare, quanto ciò che di più lontano era stato descritto, nel presente viene approfondito sotto ulteriori chiavi di lettura; ossia quella scientifica, in grado di prendere spunto da un qualcosa che sembra averla preceduta nel tempo.

Grazie ad ambo i contributi, (di una psicologia alchemica e di una scienza sempre più curiosa) la dimensione neuroscientifica non può e non deve fornire spiegazioni assolute e definitive, ma al contrario come avrebbe ricordato James Hillman, fornire quel trampolino di lancio in grado di aprire nuovi spiragli grazie ai quali guardare a qualcosa di indefinito e carico di quella valenza simbolica, che altro non fa che porre nuove trame da scrivere e da tracciare con una nuova dose di curiosità.


Emozioni e pensiero: una visione bilaterale in grado oltrepassare il linguaggio della ragione

Sulla base di quanto descritto sinora, la curiosità e la dimensione e/o predisposizione inconscia non possono non accompagnarsi a quel ventaglio di emozioni in grado di alimentarne sia le innumerevoli direzioni che le imprevedibili espressioni.

La dimensione emotiva infatti, non solo risulta una vera e propria guida in grado di orientarci nel mondo, ma al contempo essa è a tutti gli effetti il riflesso di un bagaglio esperienziale, capace di orientare sia le scelte future che quelle attuali. Dal punto di vista neuroanatomico “l’amigdala destra può svolgere un ruolo di identificazione ad alta velocità per gli stimoli inconsci” (Costafreda, S.G., Brammer, M.J) e favorire “l’apprendimento emotivo inconscio” (Morris, J.S., Ohman, A., Dolan, R.J. 1998). Ciò sembrerebbe confermare non solo quanto le emozioni siano in grado di oltrepassare la barriera della ragione, ma al contempo di far affiorare un linguaggio dinanzi al quale la dimensione razionale non sempre risulta pronta a lasciarsi accompagnare. Le funzioni implicite inconsce e profonde dell’amigdala infatti, (Markowitsch, H.J., Staniloiu, A. 2011) ne fanno un vero e proprio “centro e rete di collegamento” che “grazie alle sue molteplici connessioni con le aree corticali e sottocorticali, promuove l’integrazione di emozioni, percezioni, cognizioni e comportamento, contribuendo a un senso di sé unitario”.

La sua connettività pertanto, colloca le sue funzioni al centro del cervello, promuovendo e valorizzando il collegamento tra numerose regioni distanti, consentendo quel cablaggio, capace di coinvolgere la dimensione inconscia e intrapsichica, che altro non aspetta se non di emergere consapevolmente.


Bibliografia

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Costafreda, S.G., Brammer, M.J., David, A.S., Fu, C.H.Y. (2008), “Predictors of amygdala activation during the processing of emotional stimuli: A meta-analysis of 385 pet and fmri studies”. In Brain Research Reviews, 58, pp. 57-70.
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Hillman, J.,”Il sogno e il mondo infero” Adelphi Editore
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J., Levy, N. (a cura di), Handbook of Neuroethics. Springer Science, Dordrecht, nl, doi: 10.1007/978-94-007-4707-4_99.
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Monguzzi, F., (2021), “Sintomi della normalità, mente e mentalità dell’epoca contemporanea”, Mimesis edizioni, Milano, 2021
Morris, J.S., Ohman, A., Dolan, R.J. (1998), “Conscious and unconscious emotional
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Cristi Marcì Autore presso La Mente Pensante Magazine
Dott. Cristi Marcì
Psicologo Psicoterapeuta a indirizzo Psicosomatico e Operatore Perinatale
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