L’amore e il pensiero che idealizza la persona amata
Stereotipo di relazione ed emozioni salvavita. “Che tu sia per me il coltello” di David Grossman
Come rappresentare in maniera emblematica il concetto di relazione intima e profonda se non con il celebre libro, dello scrittore israeliano David Grossman, “Che tu sia per me il coltello” (Edizione Italiana, Mondadori, 1999).
L’amore, la relazione di coppia, il concetto di io e tu che si fonde in un’unica parola che è noi.
Tema vasto e ampiamente trattato che, però, grazie alle coinvolgenti parole dell’autore, trascina il lettore in un turbine di emozioni contrastanti e suggerisce una domanda: quale ruolo deve avere l’altro per me?
L’autore ci suggerisce una visione metafisica, elevata ai massimi livelli, dove Yair e Myriam, protagonisti del romanzo, iniziano la loro relazione attraverso uno scambio epistolare.
Come per Yair, che scorge un dettaglio affascinante e seducente in Myriam, spesso l’elemento che più ci colpisce del nostro partner, almeno in fase iniziale, risulta essere misterioso ed eccitante allo stesso tempo.
La scoperta dell’altro e di sé stessi, la volontà di raccontarsi, il desiderio del desiderio, ci induce, a patto che vi sia una struttura di personalità flessibile e capace di comprendere i propri bisogni, a rendere l’altro partecipe del proprio vissuto.
Proprio questo è il tema riconducibile al contenuto del libro.
Quanto più ci si racconta, tanto più si crea un varco nell’animo che apre una porta d’accesso unica all’interiorità.
Tanto più entriamo in intimità con l’uomo o la donna che amiamo, tanto più ci sentiamo realizzati, appagati, compiuti nel nostro essere uomo o donna.
L’unicità e l’irripetibilità di questi rapporti, seppur universali perché accomunano ognuno di noi per sommi capi, sono il collante tra il mondo circostante, il bisogno di autorealizzazione e la persona che sta dall’altra parte della strada, che si vuole raggiungere e che rappresenta la chiave di volta per la vita di ogni essere umano.
Il titolo del libro viene ripreso dalle “Lettere a Milena” di Franz Kafka ed è esplicativo del fatto che si dà all’altro, uomo o donna che sia, la possibilità di scavare in noi stessi come fosse un coltello, sviscerando tutto ciò che la mente custodisce di più prezioso.
L’impatto espressivo della Parola
La parola, intesa come strumento di espressione e comunicazione, può dare vita ad una miriade di mondi fantastici.
Gioca un ruolo fondamentale sulla psiche, in quanto attraverso semplici concetti, come ad esempio ‘bello, intelligente, bugiardo, approfittatore’ abbiamo la possibilità di costruire un’immagine, del mondo e delle persone che ne fanno parte, che non si allinea del tutto con la realtà.
Il ruolo della parola nel romanzo di David Grossman diventa il punto cardine del testo perché, grazie a questa, il protagonista si rivela, accede alla parte più profonda di sé e venera la donna amata in modo travolgente, sensuale ma, effettivamente, inesistente.
Questo processo psichico, generalmente, si adatta bene al concetto di idealizzazione.
Con questo termine s’intende il meccanismo attraverso il quale vengono attribuite delle caratteristiche, non veritiere, alla persona desiderata, creando un’immagine che non è altro che un costrutto quasi esclusivo della nostra mente.
Se in alcune coppie, perlopiù equilibrate e con ruoli ben definiti, questo può non essere un problema, in altre diventa motivo di forte sofferenza.
Chi soffre, soffre per l’impossibilità di individuare un punto d’incontro tra il proprio immaginario (lui/lei mi ama, vuole solo me, è prezioso per lui/lei il tempo che passiamo insieme, farebbe di tutto per me) e l’incompiutezza di questi pensieri nella vita di tutti i giorni (non mi ha mai detto che mi ama, spesso trascorre le serate con i suoi amici, si interessa poco a quello che mi succede).
E’ chiaro, quindi, quanto tagliente, illusoria e ingannevole possa essere la parola quando non viene contestualizzata.
Oggi diventa sempre più complesso questo perché si assiste ad un uso smodato della parola che allontana, soprattutto i giovani e non solo, dalla pratica del vivere concreto, aprendo la possibilità a scenari che portano, invece, ad un forte senso di solitudine perché mancanti di relazione umana, riscontro pratico e aneddoti di vita vissuta e non idealizzata.
La linea sottile che divide l’immaginario dal reale
Da sempre, e secondo vari autori nella storia della filosofia, il concetto di vero risiede probabilmente in dimensioni spazio-temporali differenti, influenzate sicuramente dalla cultura dominante in un determinato periodo storico.
Quello che si vuole proporre con questo articolo è la possibilità di inquadrare il concetto di vero con relativismo, senza eccedere perché potrebbe diventare pericoloso, e di conferire alla parola, quindi al pensiero, la dimensione del ‘Qui e Ora’.
Cosa significa? Interrogarsi su desideri, aspirazioni personali, progetti di vita, in relazione a sé stessi e al partner.
Lo step successivo sarà chiedersi come poter raggiungere ciò che si vuole, individuare la strada da percorrere e gli strumenti da utilizzare.
Bisogna porsi nella condizione di sapersi ascoltare, saper riconoscere le emozioni che si provano, intese come istinto salvavita che ci guida verso la nostra verità.
Che venga fornito uno strumento di conoscenza a chi amiamo (il coltello che serve a scavare, quindi conoscere, senza ferire) può rappresentare un valore aggiunto per un benessere fisico e mentale che si crea nella condivisione, ma fornire uno strumento di attacco (il coltello che serve a uccidere l’io) idealizzando la persona amata, attraverso parole prive di contenuto reale, darà l’effetto esattamente opposto.
Sin dai tempi antichi l’uomo, come ci insegna la filosofia, si è posto come obiettivo la ricerca della felicità, intesa anche come ricerca dell’amore.
In questo senso, la condivisione ad un livello profondo viene sostituita dalla distruzione volontaria di sé stessi, generando un circolo vizioso e non più virtuoso.
Il Qui ed Ora serve a ricordarci di cosa abbiamo bisogno oggi e ci permette di ‘sentir-ci’ nell’immediatezza.
Non ascoltarsi, orientarsi solo in termini di significato, scisso dalla quotidianità, rimanere ancorati, sono tutte pratiche che, giorno dopo giorno, vanno messe al bando per dare spazio alla logica dell’ascolto di sé e, solo successivamente, dell’altro.
Jessica Alongi
Pedagogista | Educatrice | Tecnico del Comportamento (RBT)
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