L’Attesa del Piacere e il Piacere dell’Attesa
Quando l’anticipazione del piacere è il piacere stesso.
Tempo fa ho visto una pubblicità (Campari Red Passion, 2014) che esprimeva un concetto molto semplice ma al contempo tanto intenso:
l’attesa del piacere è essa stessa il piacere.
Mi sono informata e ho scoperto che si tratta di una famosa frase di Gotthold Ephraim Lessig, scrittore e drammaturgo tedesco del 18° secolo.
Fino a quel momento non avevo riflettuto sulla liaison presente tra attesa e piacere, ma da allora ci penso spesso e mi rendo conto di associarla subito alla scena della pubblicità.
I preparativi di una festa sontuosa fanno presagire che sarà una bella serata e il protagonista si sofferma a riflettere proprio sul piacere che anticipa il suo inizio, perfettamente rispondente anche al concetto stesso del prodotto commercializzato, ovvero un “aperitivo” (bevanda alcolica o analcolica che si beve prima dei pasti per stimolare l’appetito).
Attesa e marketing
A volte ci capita di vedere una pubblicità e pensare “però, che bella! Geniale!”, ma ciò che realmente conta non è solamente l’impatto iniziale, bensì il messaggio che ci lascia.
Ci è piaciuta perché c’è quell’attore famoso? Ok…ma cosa pubblicizza? Se rispondiamo blaterando un “Ehm…boh…” significa che il messaggio non è passato e il marketing ha miseramente fallito.
Ci è piaciuta perché ogni volta che andiamo al supermercato e vediamo quel prodotto ci viene spontaneo canticchiare il motivetto che la accompagnava? Bingo! Messaggio passato egregiamente.
Va da sé quindi che il creare una sensazione di attesa nello spettatore, il far presagire (ma senza svelare subito tutto…) ciò che sarà è una strategia molto efficace per tenere alta l’attenzione.
I tempi della pubblicità sono molto veloci, ma se ci riflettiamo succede anche nei film e forse ancor più nelle serie TV, oggi tanto in voga: il regista alimenta il piacere dell’attesa evitando sempre di concludere un argomento in una puntata, bensì dando solo un’idea di come potrà andare e mettendoci nella condizione di non vedere l’ora di sapere come andrà a finire!
Attesa e…pacchetti regalo
C’è chi imputa l’origine dell’usanza d’impacchettare i regali alle strenne natalizie degli antichi Romani, ma la motivazione che più mi ha incuriosita viene da lontano, ovvero dal Giappone.
Tsutsumi è infatti l’arte giapponese d’impacchettare le cose, intesa come proteggere, nascondere, tenere segreto, valorizzando l’oggetto impacchettato, qualunque esso sia.
Mi riconosco molto in questa definizione, e voi?
Mi piace l’idea d’impacchettare un regalo per salvaguardarlo, per alimentare il sentimento dell’attesa che il piacere di aprirlo potrà dare al suo destinatario.
Se i bambini trovassero sotto l’albero regali senza pacchetto, nudi e crudi…come reagirebbero? Se il vostro compagno quando ha chiesto la vostra mano avesse semplicemente tenuto l’anello in mano…come vi sareste sentite?
Sarebbe mancato qualcosa.
Il bello di sorprendersi
Un paio d’anni fa, la mattina del mio compleanno mi sono alzata e ho iniziato i soliti riti di ogni giorno.
Ad un certo punto, dopo colazione, la mia famiglia nel farmi gli auguri mi dice “E ora vestiti, usciamo”, e io: “Per andare dove?”…e loro “E’ una sorpresa!”.
Avevano organizzato l’intera giornata, una splendida gita fuori porta con tanto di visita ad un castello e ottimo pranzo. E’ stato…magico!
Mi è parso di tornare bambina: il non sapere dove saremmo andati, cosa avremmo fatto, mi ha investita di una grande eccitazione.
Il viaggio, l’attesa che preannunciava qualcosa…è stato elettrizzante, non tanto in relazione alle aspettative, quanto per la motivazione che nascondeva: era stato fatto per me, per trascorrere del tempo insieme, qualsiasi cosa fosse!
Spesso quando qualcuno ci regala qualcosa, sia esso un fiore o un brillante, sgraniamo gli occhi e chiediamo “Per me?”.
Il piacere nel ricevere un regalo non è proporzionale al suo valore economico, ma a quanto in realtà ci aspettavamo quel dono. Quanto più è inatteso e gradito quanto più ci sentiamo bene, ci sentiamo importanti, ci rendiamo conto di essere Persone di valore.
Insomma, diciamocelo, ricevere un regalo è sempre una gran bella botta di autostima!
Quindi? Ora non abbiamo più scuse: se vogliamo far sorridere la nostra mamma, vedere nostro figlio con gli occhi sgranati, far passare la tensione al nostro collega…sorprendiamoli! Anche solo donare un cioccolatino, una caramella, un fiore appena raccolto da un prato…può davvero cambiare la giornata a chi ci sta vicino.
Tanti modi di attendere
Un pensiero che spesso mi viene in mente in relazione all’attesa è sicuramente legato ai nove mesi in cui ho sentito una nuova vita crescere dentro di me.
La si chiama “la dolce attesa”: per me lo è stata davvero, per entrambi i miei figli, ma sono certa che non sia così per tutte, c’è purtroppo chi è costretta a letto per buona parte del tempo, chi soffre di nausea…beh, in questi casi dire che “l’attesa è essa stessa il piacere” forse è un po’ eccessivo, ma il piacere di dare la vita è comunque uno dei sentimenti più forti che esista.
Altre attese sono sicuramente più tradizionali e fanno parte della nostra quotidianità.
Aspettiamo in fila alla cassa del supermercato, per una commissione agli Uffici Postali, recentemente per un vaccino o un tampone.
Ciò che cambia è il modo in cui scegliamo di gestire questi momenti di attesa.
C’è chi si lamenta a priori, chi si innervosisce, chi cerca con l’inganno di avanzare nella coda…ma c’è molto altro. Possiamo scegliere di rendere l’attesa piacevole. Come? Scambiando due parole con chi segue o ci precede, leggendo un buon libro, ascoltando la nostra musica preferita con gli auricolari del cellulare.
Vogliamo affrontare quel lasso di tempo con un atteggiamento resiliente e costruttivo oppure vogliamo “imbruttirci” esprimendo giudizi spesso non richiesti, ottenendo un effetto sicuramente non piacevole in chi ci ascolta ma, a pensarci bene, anche in noi stessi?
Sta a noi decidere. A noi e a nessun altro.
Simona Battistella
HR Manager | Trainer
Bio | Articoli | AIIP Dicembre 2023
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