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Autostima o Altrui-stima?

L’importanza dell’autostima in amore

Image by Tasha Jolley on Unsplash.com


Nel precedente articolo abbiamo visto come scelta e bisogno possano influenzare la nostra vita amorosa e relazionale. Oggi prenderemo in esame come l’autostima sia la base indispensabile per eliminare il bisogno in primis, bisogno che nella sua forma più profonda diventa dipendenza affettiva, ed in seconda battuta per arrivare a fare scelte davvero utili al nostro benessere, demolendo così il concetto, tanto poetico quanto malsano, dell’amore istintivo e dei sentimenti incontrollabili.

Ma cos’è davvero l’autostima? L’etimologia di autostima deriva dalla parola greca αὐτός, che significa auto o stesso e da ae̯s.ti.maː.re, termine latino che sta per stimare o valutare. L’autostima è quindi la valutazione che diamo a noi stessi.

Ad inizio del ‘900, all’inizio quindi di quella che si considera la psicologia moderna nata appunto intorno al 1879, un certo William James, psicologo, definì l’autostima come il rapporto tra il sé percepito ed il sé ideale. In pratica la sua teoria spiegava come più grande è il divario tra il modo in cui ci percepiamo ed il modo in cui vorremmo (o siamo convinti di dover) essere, più la nostra autostima sarà bassa. Ma da dove nasce l’idea di come vogliamo o sentiamo di dover essere?

Quante volta avete sentito dire, o voi stessi avete detto frasi come:

“Stare con lui/lei ha distrutto la mia autostima” o “A forza di sentirmi criticata/o la mia autostima è crollata”. Se ci pensiamo con attenzione, l’autostima non dovrebbe funzionare in questo modo, altrimenti si chiamerebbe ALTRUIstima. Questo è il primo punto su cui fare chiarezza, perché se dopo un avvenimento o un’esperienza negativi, con un partner o anche in contesti differenti, sentiamo di avere l’autostima sotto i piedi e la ricostruiamo allo stesso modo, rischiamo che questo crollo accada di nuovo in futuro. Una buona autostima non può basarsi sul giudizio o comportamento altrui.

Vediamo perché alcuni hanno un’autostima precaria e come si può costruirne una solida.


L’autostima e il nostro passato

Come giusta premessa bisogna dire che l’idea che abbiamo di noi stessi comincia a formarsi in tenera età. Il primo contatto che abbiamo con il mondo, i nostri genitori o chi si prende cura di noi e poi chiunque incontriamo durante l’infanzia, concorrono a porre la base per la nostra autostima da adulti.

Se nella nostra famiglia non abbiamo avuto un punto di riferimento emotivo ed affettivo solido, se non ci siamo sentiti accettati, o peggio se siamo stati screditati o derisi, se siamo cresciuti sentendoci dire che non eravamo abbastanza, abbastanza belli, abbastanza capaci… se ad ogni nostro tentativo ci siamo sentiti dire che non potevamo farcela, se siamo stati spesso messi in competizione con altri, fratelli, sorelle, compagni di classe, se siamo cresciuti con qualcuno che ha sempre fatto le cose al posto nostro non permettendoci di provare e di sbagliare, se ci è stato impedito di prendere scelte in autonomia, se siamo stati bullizzati da coetanei ed abbiamo provato in tenera età un’eccessiva insicurezza, in tutti questi casi purtroppo, spesso la nostra autostima potrebbe essere un’altrui stima. E attenzione, non bisogna aver per forza subito traumi gravissimi perché ciò possa accadere. Le famiglie disfunzionali sovente sono famiglie all’apparenza serene, in alcune vero c’è poco amore, ma in altre ce n’è tantissimo, non è solo questione di quantità infatti, ma di tipologia di amore.

Se ci riconosciamo in questa descrizione, potrebbe essere necessario fare un percorso di terapia e crescita personale per correggere gli errori emotivi che abbiamo subito. È infatti sulla base di come siamo stati socializzati all’affetto durante l’infanzia, che scegliamo le nostre amicizie ed i nostri partner da adulti. Il primo esempio di amore che riceviamo sarà quello che ci porteremo dietro per il resto della vita. Se non abbiamo ricevuto amore in modo funzionale e corretto, è utile quindi correre ai ripari. Non abbiamo colpa per le mancanze altrui ovviamente, ma la responsabilità del nostro benessere, quella invece la abbiamo eccome. Perché è così importante capire il nostro passato per essere felici nel futuro? Perché come abbiamo visto la qualità delle nostre relazioni dipende anche da questo. Ricerchiamo ciò che siamo stati abituati a vivere e questo accade anche se ciò abbiamo vissuto non è stato positivo. Per capirlo meglio vediamo brevemente come funziona la nostra mente.

Il nostro cervello è programmato per cercare la soluzione più semplice e risparmiare energie. Quindi istintivamente esso ricercherà situazioni già conosciute indipendentemente dalla loro positività. In più al nostro cervello non piace avere torto. Se siamo cresciuti sentendoci dire che falliremo sempre e con il tempo ci siamo auto-convinti che sia vero, andremo a ricercare situazioni e persone che daranno ragione alla nostra teoria. Se non viene allenata nella maniera corretta, la nostra mente tenderà a considerare realtà ciò che crede essere realtà. Un esempio pratico? Avete mai provato ad indossare un simulatore di realtà virtuale? Ecco se ne provaste uno che simula le montagne russe per esempio, noterete che pur essendo consapevoli di non trovarvi davvero su una giostra, la vostra mente renderà l’esperienza reale, proverete emozioni come paura o ansia, ma potreste provare anche sensazioni fisiche, come nausea o giramenti di testa, pur essendo seduti sulla poltrona di casa. Il vostro cervello si comporterà come se ciò che state vedendo e vivendo (e quindi pensando) fosse vero e metterà quindi in atto tutte le reazioni fisiche ed emotive che avreste se foste davvero su una montagna russa. Questo rafforza la teoria che ciò che crediamo sia reale nella nostra testa, diventa reale davvero.


Le regole auree

Dobbiamo quindi sforzarci di seguire alcune regole auree, che ci porteranno a creare una realtà positiva, indipendentemente dal nostro trascorso o passato. Vediamo insieme quali sono queste buone abitudini. In questo articolo analizzeremo le prime quattro, nel prossimo vedremo le altre.

1) Lasciamo andare i giudizi: Abbiamo passato la vita a sentirci giudicati? Prima abbiamo visto che non è un tipo di comportamento funzionale. Distacchiamocene. Smettendo di preoccuparci del giudizio altrui, saremo più propensi a interrompere anche l’auto-giudizio, spesso peggiore di quello che ci arriva da terzi. Mettersi in discussione ed ammettere i propri errori è costruttivo, giudicarci negativamente in continuazione non lo è! Impariamo a filtrare le critiche, interiorizziamo solo le cose utili alla nostra crescita e lasciamo correre le frasi dette per offenderci o per farci del male. Il giudizio è come un regalo, se lo accetti e lo prendi diventa tuo, se decidi di non accettarlo, il pacchetto chiuso rimane in mano al mittente. Se impariamo a selezionare ciò che è utile del giudizio degli altri, le nostre scelte saranno finalmente davvero solo nostre!

Quando ci accorgiamo che stiamo cadendo nella trappola del giudizio, poniamoci alcune domande:

  • È oggettivamente un fatto così grave?
  • L’ho fatto di proposito?
  • Che cosa mi ha spinto a farlo?
  • Qual era l’intenzione di chi me l’ha fatto notare? Potrebbe aver usato toni bruschi per preoccupazione o paura?
  • Posso sfruttare l’occasione per migliorare me stesso e il rapporto con gli altri?
  • È recuperabile?
  • Se lo avesse commesso un’altra persona sarei così severo nei suoi confronti?

Queste domande ci portano alle regole numero due, tre e quattro: 2) Non generalizzare o estremizzare, 3) Comunicare in modo assertivo e 4) Non temere il fallimento

2) Non generalizzare o estremizzare: Se commettiamo un errore, cosa normale per tutti gli esseri umani imperfetti, cerchiamo di essere obiettivi, si tratta di UN errore. Un singolo sbaglio, non può significare che abbiamo sempre e solo commesso sbagli e non può significare neppure che ogni nostra buona azione debba essere cancellata.  Anche in questo caso, porsi delle domande può tornare utile:

  • Posso rimediare?
  • È un fatto che condizionerà tutta la mia vita?

Eliminiamo o, per lo meno, cerchiamo di limitare l’uso delle parole sempre e mai. Dirci cose tipo “Non ne faccio mai una giusta” o “Ecco sbaglio sempre” non solo non corrisponde a realtà, non è nemmeno d’aiuto. Avere accanto un partner che lo fa, può essere addirittura deleterio. E qua arriviamo alla regola numero tre, la buona comunicazione.

3) Impariamo a comunicare in modo assertivo con gli altri ma soprattutto con noi stessi. Pensiamo a come parleremmo ad un amico se fosse al nostro posto. Riusciremo a dirgli “Che scemo sei stato?” come spesso diciamo a noi stessi, anche per stupidaggini?

Le informazioni viaggiano nel cervello alla velocità di 430 chilometri orari, ed ogni giorno mettiamo insieme circa 70 mila pensieri. Capite anche voi che se in queste migliaia di pensieri ci fosse anche solo il 10% di frasi poco edificanti verso noi stessi, significherebbe che per migliaia di volte al giorno il nostro inconscio invierà al nostro cervello migliaia di input negativi. E siccome abbiamo a che fare con gli altri, invieremo anche all’esterno segnali ostili. Inoltre, se parliamo a noi stessi in modo gentile, non accetteremo di avere accanto persone che non facciano altrettanto e saremo anche più inclini a comunicare con chi ci sta accanto in modo altrettanto garbato.

4) Non temiamo il fallimento. Il fallimento fa parte della vita, e spesso fa parte anche del successo. È nel fallimento che si impara, è nel fallimento che si capiscono i propri limiti e si comprendono le reali potenzialità che abbiamo. È la paura del fallimento spesso a farci rimanere in relazioni tossiche. Una storia non andata a buon fine non è per forza un fallimento, può diventare anzi un’esperienza dalla quale imparare e crescere. Provate a chiedervi “Se non avessi paura lo farei?” Se la risposta fosse sì, allora dovreste fermarvi ed allenare la vostra mente a non arrivare a temere di fallire al punto di farvi rinunciare a ciò che potrebbe rendervi felici, che sia cogliere un’occasione o lasciare andare una situazione nociva.

Nel prossimo, nonché terzo articolo, prenderemo in analisi le altre regolette utili da seguire per costruire un’autostima indistruttibile.


Caterina Ansaldi Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Caterina Ansaldi
Love & Life Coach
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