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Comunicazione efficace: come esercitarla

Saper dire e saper ascoltare


Capita spesso di leggere o sentir parlare dell’importanza di una “buona comunicazione” o, dall’altro lato, dei rischi e delle incomprensioni a cui si può giungere a seguito di una “mancanza di comunicazione“, specialmente riferita all’interno di una relazione di coppia.

Quando proviamo a pensare a situazioni reali in cui ci siamo ritrovati a cercare di comunicare con qualcuno (un partner, un amico, un collega di lavoro etc.) senza successo, noteremo che alcune delle frasi più tipiche che abbiamo detto o quanto meno pensato sono state “Non hai capito, mi fai arrabbiare, non ti ho chiesto questo, cosa c’entra?”.

Quante volte rimaniamo profondamente frustrati dalla sensazione di aver chiaramente comunicato “A” mentre l’Altro ci rimanda di aver capito “B”?

Evidentemente saper comunicare non è facile come sembra, ed effettivamente non lo è.


Gli ingredienti della buona comunicazione

Innanzitutto è bene tenere a mente che “Non si può non comunicare”: la comunicazione è fatta sia di linguaggio verbale che, e soprattutto, di linguaggio non verbale. Anche una persona che rimane in silenzio ci sta effettivamente comunicando qualcosa, fosse anche la sua intenzione di non comunicare con noi (o il suo bisogno di non farlo).

Allo stesso modo il corpo, la postura, la distanza che teniamo l’uno dall’altro, lo sguardo, il tono della voce ed il modo in cui gesticoliamo rimandano sempre e comunque dei meta-messaggi, i quali possono essere coerenti ed in linea con il messaggio verbale, oppure esserne in contrasto. Ne è un esempio classico la persona che dice “Sono assolutamente calma!” mentre magari sta urlando.

Di alcuni di questi significati e messaggi impliciti possiamo essere consapevoli, di altri no.

È opportuno sottolineare inoltre come a comunicare ci siano sempre di fatto almeno due persone in gioco, ovvero un mittente ed un ricevente, chi parla e chi ascolta.
E se da un lato è importante saper consegnare all’Altro il messaggio giusto, dall’altro è fondamentale anche saper ascoltare e ricevere tale messaggio in maniera adeguata.


(Non) ascoltare

Partendo proprio da quest’ultimo punto di vista, ovvero di chi ascolta, proviamo a chiederci in cosa possa consistere una comunicazione efficace e in cosa si contraddistingue invece una comunicazione non efficace.

Innanzitutto, come cita Thomas Gordon, “La comunicazione è efficace quando si ascolta per comprendere e non per rispondere”.

Spesso infatti chi ci sta parlando e comunicando qualcosa di sé ha come unico scopo l’essere accolto, ascoltato e compreso empaticamente. Ma se ci focalizziamo più sulla risposta da dare, sulla “soluzione” da trovare o altro, rischiamo di perdere di vista proprio la persona in sé, con l’ottenimento dell’effetto inverso: l’Altro non si sentirà né visto, né accolto, né ascoltato.

Può essere utile in questo senso, se vogliamo allenarci nel diventare degli ascoltatori efficaci, far riferimento a quelle che Gordon individua come le 12 Barriere della Comunicazione (12 atteggiamenti che non facilitano la relazione):

  1. Dare ordini, dirigere, comandare – Es. “Tu devi, bisogna che tu..” questo spesso fa arrabbiare l’altro.
  1. Minacciare, ammonire – Il ricevente può contrattaccare o ritirarsi.
  1. Predicare, moralizzare – Può produrre diminuzione dell’autostima e suscitare senso di colpa.
  1. Consigliare, suggerire, offrire soluzioni (quando non sono richieste) – Si viene a creare uno sbilanciamento tra “Io che so” e “Tu che non sai”.
  1. Discutere, appellarsi alla logica – L’emozione viene tagliata fuori e si crea uno sbilanciamento di potere che può generare rabbia.
  1. Giudicare, criticare – Lede l’autostima.
  1. Elogiare, assecondare – Es. “Hai ragione, sbagliano tutti gli altri” può indurre dipendenza, oltre che creare discordanza tra l’immagine di sé e quella dell’altro (su di sé).
  1. Ridicolizzare, prendere in giro – Offende ed umilia.
  1. Analizzare, diagnosticare  – Comunica superiorità e può suscitare imbarazzo.
  1. Rassicurare, consolare – Rischia di minimizzare il problema, comunica l’esigenza di chiudere in fretta.
  1. Interrogare, fare domande pressanti – Si può risultare troppo invadenti, portando l’altro alla chiusura.
  1. Cambiare argomento, fare del sarcasmo – Fa sentire umiliati e feriti.

Il problema base di tutte queste ingiunzioni è che, come sottolineato, comunicano superiorità ed esigenza di dover rispondere, più che il reale desiderio di comprendere l’Altro. Un vero ascolto efficace all’interno di una comunicazione efficace dovrebbe invece essere un Ascolto Attivo ed Empatico, ovvero un ascolto volto a comprendere i significati, i vissuti e le emozioni che si celano all’interno del messaggio.


Comunicare efficacemente con i Messaggi-IO

Ora che abbiamo visto come ascoltare, proviamo invece a vedere come comunicare efficacemente i nostri vissuti in merito all’Altro.

Per far ciò possono rivelarsi assolutamente utili i cosiddetti Messaggi-Io di Thomas Gordon. I Messaggi-Io, se utilizzati correttamente, rafforzano la relazione: grazie ad essi infatti mi rivelo in maniera autentica e trasparente, esprimo i sentimenti e le emozioni che provo (assumendomene la responsabilità) e faccio capire all’Altro gli effetti positivi o negativi che il suo comportamento o atteggiamento ha su di me.

Un Messaggio-Io si esprime in prima persona, non contiene valutazioni, giudizi o interpretazioni sugli altri e, proprio per questo, risulta “inattaccabile”. Può esprimere sentimenti e reazioni, preferenze ed avversioni, idee e convinzioni.

Il fulcro dei Messaggi-Io è quello di riuscire a descrivere all’Altro un fatto o un comportamento, in maniera oggettiva, e successivamente esprimere il sentimento, l’emozione o lo stato d’animo suscitato in me in correlazione a quel fatto/comportamento. Esistono due tipi di formulazione di Messaggi-Io, appena differenti l’uno dall’altro:

Il Messaggio-Io in Due Parti

  1. Descrizione del comportamento dell’Altro “Quando tu…”
  2. Descrizione dei miei sentimenti “…Io provo…”

Il Messaggio-Io in Tre Parti

  1. Descrizione del comportamento dell’Altro “Quando tu…”
  2. Descrizione dei miei sentimenti “…Io provo..”
  3. Descrizione degli effetti su di me di quel comportamento “…Perché…”

Come già accennato, tramite queste formule i Messaggi-Io sono utili sia per esprimere qualcosa di positivo che di negativo. Un Messaggio-Io Positivo tuttavia è diverso da un complimento, in quanto contribuisce a far aumentare l’autostima dell’Altro (che si sente riconosciuto) e non genera dipendenza (ad attribuire valore all’Altro è l’Altro stesso e non siamo noi, a differenza del complimento). Un esempio in tale senso può essere:

  • Quando dici che mi pensi e ti manco
  • Sono felice
  • Perché mi sento apprezzata e amata

Ma un Messaggio-Io può anche essere utile per un confronto efficace, poiché l’obiettivo è modificare un comportamento considerato inaccettabile senza rischiare di compromettere la relazione con l’Altro. La formula del Messaggio-Io Confronto allora sarà:

  1. Descrizione comportamento inaccettabile
  2. Descrizione effetti concreti di quel comportamento su di noi
  3. Descrizione dei nostri sentimenti in merito a quel comportamento o ai suoi effetti

Ma perché è così importante questo tipo di formulazione? Se si vuole portare l’Altro all’interno di un confronto costruttivo è infatti molto utile, se non fondamentale, evitare di dare giudizi di valore sulla persona in sé e riconoscere la responsabilità dei nostri sentimenti.

La differenza tra il dire “Mi fai arrabbiare” o il dire invece “Quando succede questo IO mi arrabbio consiste proprio nello spostare il focus dell’origine dell’emozione da fuori a dentro di noi. Quindi non è l’Altro che crea la nostra rabbia, ma siamo noi ad originarla in reazione ad un suo dato comportamento. Utilizzare un Messaggio-Io per incentivare un confronto ci permette di esprimerci in maniera autentica e trasparente diminuendo il rischio che l’Altro si metta sulla difensiva o contrattacchi, poiché non si sentirà giudicato.


Cosa tenere a mente quando Ascoltiamo

Abbiamo visto fin qui quali siano, da una parte, gli impedimenti più comuni che ci impediscono di prestare un ascolto veramente attento verso chi sta cercando di comunicarci qualcosa di suo e, dall’altra, di cosa dovrebbe essere composta una comunicazione veramente efficace in grado di lasciare al ricevente un messaggio chiaro, personale e “inattaccabile”.

In sostanza: quando cerchiamo di essere dei buoni ascoltatori, è da tenere a mente che non sempre l’Altro è alla ricerca di consigli, suggerimenti o soluzioni. Spesso sta solo cercando qualcuno in grado di prestargli quel tanto di attenzione, cura ed empatia capaci di farlo sentire compreso e meno solo.

I suggerimenti e gli aiuti (se non richiesti) possono finire invece con l’ottenere l’allontanamento, la chiusura, il sentimento di colpa e solitudine da parte di chi si sta confidando con noi. In questi casi si può dire che valga la regola “Meglio meno che più!”: un semplice ascolto attivo può rivelarsi molto più d’aiuto rispetto all’insistente ricerca di soluzioni o proposte alternative.

Dall’altra parte abbiamo invece una tipologia di comunicazione efficace, fatta di Messaggi-Io, capace di condividere con l’Altro i propri vissuti e le proprie emozioni (positive o negative) in conseguenza ad un suo atteggiamento/comportamento senza per questo giudicarlo o mettere a rischio la relazione.

Estendendo la particolarità dei Messaggi-Io e delle barriere della comunicazione ad un discorso più generale, si può dire in sostanza che una comunicazione efficace si ha quando si ascolta con lo scopo di comprendere ed accogliere l’Altro e non con quello di capire e spiegare.

Quando si è in grado di comunicare i nostri vissuti, pensieri e sentimenti riappropriandoci della nostra responsabilità e del nostro potere su di essi, senza attribuire un valore negativo all’Altro.

Quindi ricordate: all’interno di un confronto efficace si dà un giudizio al comportamento, ma non alla persona che lo compie!


Caterina Berti Autrice de La Mente Pensante   Dott.ssa Caterina Berti – Psicologa | Email | LinkedIn Firma Autori

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