Confini psicologici
I “luoghi” astratti dove risiedono le regole delle nostre relazioni
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Ogni cosa in questo mondo possiede dei confini, a partire dalle più piccole unità della materia, ossia le cellule. Il nostro organismo è composto di cellule disponenti di una membrana plasmatica che, grazie all’esistenza di alcuni canali, rende la cellula semi-permeabile: questo significa che nella cellula non entra ed esce di tutto, ma selettivamente solo alcune sostanze. La membrana cellulare, dunque, definisce ciò che appartiene alla cellula e ciò che, diversamente, appartiene all’ambiente extra-cellulare. Se pensiamo anche al nostro corpo, oltre a possedere un sistema muscolo-scheletrico che contiene i nostri organi interni, esso possiede anche la pelle, che ha la funzione di proteggere il nostro organismo dall’ambiente esterno. Ancora una volta parrebbe che non siano solo i nostri elementi costitutivi a possedere dei confini, ma anche il nostro corpo. Non dovrebbe stupirci, quindi, che anche la nostra mente, o meglio, il nostro Sé possieda dei confini che ci consentono di distinguere l’interno – ossia noi stessi –, dall’esterno – ossia gli altri.
Non c’è da meravigliarsi: ognuno di noi possiede dei confini psicologici che definiscono chi siamo su tutti i livelli. È interessante notare che, come nel caso della pelle, la funzione dei confini psicologici non è solo quella di determinare chi siamo o chi non siamo, ma anche di proteggerci dall’ambiente esterno. Ma se il confine della cellula è segnato dalla membrana cellulare e quello del corpo dalla pelle, quello della nostra mente da cosa è delimitato? I nostri confini psicologici sono invisibili e impercettibili, seppur siano così determinanti, a livello implicito, sulla nostra vita. Se senza la pelle il nostro corpo sarebbe molto vulnerabile al mondo esterno; anche senza dei confini personali, la nostra mente è molto più fragile e soggetta alle conseguenze di attacchi da parte di agenti esterni.
Che cosa sono i confini psicologici?
Il confine emerge come il luogo dove «funziona» il Sé e dove, di volta in volta, si configura una consapevolezza che, pur afferendo uno specifico organismo, è sempre consapevolezza-di-qualcosa che è nell’ambiente o che ad esso rimanda (Spagnuolo Lobb, 2001, p. 53).
I confini psicologici sono definiti come un luogo. È curioso che un oggetto così inafferrabile venga definito come un luogo, ma è così. Diciamo che sono dei luoghi in senso indiretto: il nostro “luogo” di vita è definito dai confini che decidiamo di porre, a livello relazionale e fisico. Se decidiamo di porre dei confini fisici, chiedendo ad una persona di non avvicinarsi, avremo costruito uno spazio fisico entro il quale muoverci. Se decidiamo di porre dei confini relazionali, ad esempio imparando a dire di no ad una richiesta, avremo definito allo stesso modo uno spazio di vita diverso rispetto a quello che sarebbe stato se avessimo detto di sì a quella stessa richiesta. Ma questo luogo va a determinare, a cascata, un’altra cosa molto importante: il nostro funzionamento. Un Sé con dei confini ben delineati gode di uno spazio di vita funzionale ai propri bisogni e consente di “funzionare” meglio nel mondo. Se ci soffermiamo, poi, su un altro aspetto interessante del confine è che, come nel caso della membrana, è selettivamente permeabile. Ogni oggetto del mondo non è solo a sé stesso, ma in stretta relazione con il sistema cui appartiene. Infatti, noi non siamo solo chi siamo, ma siamo anche chi siamo in relazione agli altri. L’essere umano è in relazione e, per questo motivo, pur il confine sia afferente all’organismo cui appartiene, è determinato e dipendente dall’ambiente entro il quale l’individuo è posto. Invero, il concetto di confine è un concetto sempre sistemicamente situato: noi poniamo un confine rispetto a qualcuno o qualcosa che, se non ci fosse, non avremmo la necessità di confinare al di fuori di noi. Quindi, per farla breve, noi siamo i confini che decidiamo di porre in relazione agli altri. Come se, ogni no o ogni affermazione di sé stesso, tracciasse un trattino che, nell’immagine complessiva, andasse a determinare un contorno della nostra figura. I nostri confini definiscono e proteggono la nostra identità.
I confini possono riguardare diversi oggetti:
- Possono essere fisici, possiamo decidere chi avere vicino e quanto vicino quel qualcuno debba stare.
- Possono essere temporali, possiamo scegliere a chi o a che cosa dedicare il nostro tempo.
- Possono essere materiali, possiamo scegliere con chi condividere le nostre cose e i nostri spazi.
- Possono essere mentali, o meglio cognitivi, possiamo decidere di essere proprietari di un nostro pensiero e possiamo scegliere se e quando sia il caso di metterlo in discussione.
- Possono essere emotivi, facendoci riconoscere cosa proviamo in un determinato momento, perché, e se quello che sentiamo appartiene a noi stessi o è della persona cui stiamo parlando.
Sta di fatto che, questi confini siamo noi a porli, di certo non li subiamo. Il modo in cui organizziamo noi stessi e i nostri confini va a definire l’organizzazione dell’ambiente in cui viviamo: ciò che concediamo agli altri di farci, determinerà in parte ciò che essi ci faranno. Penso che, per chi sia arrivato sin qui nella lettura, sia chiara l’importanza di confinarsi. Ma come si fa? Dicendo di no, oppure dicendo di sì, oppure affermando sé stessi e i propri bisogni, senza badare del giudizio altrui. Ciò che funge da guida per l’affermazione dei propri confini sono i propri bisogni: è fondamentale imparare ad osservarli in modo non giudicante, senza pensare di essere sbagliati e di dover cambiare per compiacere gli altri, perché non si farà altro che frustrare i propri bisogni che non scompariranno, ma diventeranno sempre più forti.
E tu? Sai affermare te stesso e i tuoi confini?
Dott.ssa Alice Tentor
Laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche
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