Conoscenza e Sapere
La Conoscenza è la costruzione della realtà da comprendere, il Sapere è la costruzione della realtà da interpretare
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La conoscenza (gnoseologia, teoria della c.) è un fatto epistemologico (episteme) e come tale occorre che ci sia una chiara specificazione dei suoi correlati.
Per conoscere occorre apprendere e per apprendere occorre essere disposti ad imparare /istruirsi attraverso l’insegnamento, da qualunque sistema esso derivi, purché abbia un oggetto da trasmettere.
Molto semplicemente, apprendere fa coppia con imparare = dal latino “afferrare” (l’oggetto), e insegnare fa coppia con istruire = dal latino “imprimere un segno”, “costruire dentro”.
Il sapere (dal latino sapio, per estensione “sapienza per aver visto”) invece è la capacità soggettiva di fare esperienza diretta della conoscenza, affinché essa non resti mero apprendimento. Fare esperienza della conoscenza significa inserire nel proprio mondo sociale l’attuazione concreta del “fatto”.
Il “fatto” (sostantivo, factum-facere) è l’oggetto di ciò che si conosce e di ciò che si può conoscere in quanto ancora sconosciuto nell’attualità.
È la “cosa in sé” nel senso di essere nella realtà (“esse re”), in contrapposizione al noumeno kantiano, che per definizione è pensabile ma non conoscibile.
Dunque, è lo scibile di ognuno, ovvero il proprio sapere nella realtà conoscibile.
Per un buon uso della questione del “fatto”, sarà importante la capacità intima e valoriale di sottostare alla Legge Morale (Assiologia, Teoria dei Valori) all’interno di una data cultura (Società).
Tale capacità è elemento importante nell’uso della Conoscenza e appartiene all’Uomo in divenire Libero, Autonomo, Responsabile.
La cultura e il sapere di sé nella costruzione identitaria
Fonti di conoscenza
Pedagogia: Scienza della “conduzione” indiretta
Il termine, di etimo greco nei suoi doppi elementi paidos e ago ossia paidagoghia, significa “bambino” e “condurre”.
Per estensione, è la disciplina (diventata scienza dai primi anni del ‘900) che studia le modalità relative all’educazione e allo sviluppo dell’ educando e di tale modalità si occupa.
La sua storia è pervasa da qualche ribaltone concettuale: per i Greci appartiene alla filosofia e il campo di applicazione è dato da “ago”, cioè accompagnare; dunque: lo schiavo ha il compito di “accompagnare” i figli (del suo padrone) dal “maestro”.
Poi, i Romani definiscono “precettore” colui che si occupa dell’educazione dei bambini, dell’insegnamento della lingua greca oltre che accompagnarli.
Infine, con il Positivismo di fine 800, la Pedagogia è intesa con il senso attuale di scienza dell’educazione.
In barba al “paidos”, e non solo, la Pedagogia non è più dell’educazione legata all’età infantile, ma grazie alle sue convergenze interdisciplinari, la sua estensione educativa non ha limite e pertanto è definita come:
La disciplina che studia i problemi relativi all’educazione e alla formazione dell’uomo, avvalendosi dell’apporto di numerose altre scienze, allo scopo di indicare i principi, i metodi e i sistemi su cui modellare la concreta prassi educativa….” e “….concerne le diverse tappe dello sviluppo e dell’esistenza: l’infanzia, l’adolescenza, l’età adulta, la vecchiaia . (Vocabolario Treccani).
È indubbia, infatti, la multidisciplinarietà della questione educazione e formazione, se non altro per la connessione con l’uso della parola (logia) e non c’è dubbio che – da una parte o dall’altra – ci siano progetti di attuazione della prassi educativa.
Solo se, però, si sarà capaci di condurre fuori (ex-docere)…. e di allattare…. (lactare, lac-lactis e greco gàla-galactos derivati).
Psicologia, Psicoanalisi: Scienza dello studio del mentale
Nell’accezione di: Scienza che studia i processi psichici coscienti e inconsci, cognitivi e dinamici e che sfocia nell’intento maieutico di un cambiamento tramite la
conoscenza di Sé, Psicologia e Psicoanalisi comportano trasmissione culturale sia ontologica che epistemologica.
Psicoanalisi Ontologica: dell’uomo e all’uomo in quanto tale
Significa riconoscimento di una propria Storia e riguarda “l’essere e il divenire nella sua realtà” (elaborazione della definizione di Thomas Ogden).
In termini analitici, riguarda l’essere impegnato nella struttura e costruzione di un Io solido in buona relazione con le istanze di pulsione e di divieto all’atto.
Riguarda la capacità di traslare dentro il tempo del principio di realtà ciò che l’impulso collocherebbe nel principio di piacere.
Ugualmente, l’essere impegnato nella capacità di costanza d’oggetto, di sopportazione dell’assenza, delle frustrazioni, degli insuccessi e quant’altro – possibilmente senza cadute patologiche.
E riguarda la comprensione della propria esistenza, ossia “di pensarsi e di essere”.
Psicoanalisi Epistemologica: dell’uomo nella visione e conoscenza delle cose
Significa prendere in considerazione la distinzione tra percezione soggettiva del mondo e visione oggettiva di esso.
L’aderenza alla visione del mondo reale è dettata dal senso di appartenenza e dalla condivisone etica e morale, invece la percezione mentale è permeata dal ricorso agli oggetti-sé interiorizzati.
Si è in contrapposizione con la visione ontologica, in quanto qui ci si occupa di processi mentali coscienti cognitivi ed emotivi. Lì c’è l’esteriorità dell’Io, qui c’è la riflessività del Sé.
La cultura di Sé impegna la parte riflessiva degli esiti dell’esposizione dell’Io-azione, ed è la “risposta intima” di quel “pensarsi ed essere” della visione ontologica.
Inoltre, essa è alle prese con le categorie idealizzanti e super-egoiche, con le minacce delle interazioni, con la debolezza dell’Io e con il danno derivante dall’inquinamento patologico causato dal “falso Sé” (oggetti-sé deteriorati, Kohut 1978).
La conoscenza di Sé è intrinseca anche al concetto di Identità nel senso però di Ipseità, cioè identità del Sé nell’accezione di “quel” proprio Sé inteso come ipse specifico (e non nel senso di “idem”).
Ad ogni modo, né la cultura dell’Io né quella del Sé esonerano dal rischio di “offendersi” a vicenda.
Tra le cause con risvolti psicopatologici importanti, almeno due vanno ricordate perché entrambe esitano nelle “offese” alla cultura e al sapere di sé in più modi, come ad esempio l’immobilità all’azione:
- paura del successo, nikofobia, da nike dea della della vittoria
- paura del fallimento (atychifobia, da atyches, fortuna).
Esperienza: Evento empirico di vita
Dal latino experire e dal greco empeirìa, significa sperimentare, conoscenza diretta acquisita dai fatti tramite osservazione di realtà. Attraverso essa il soggetto è in grado di provare dentro la realtà.
Si fa esperienza ogni qual volta si ribaltano le coordinate della quotidianità e si risponde con un atto di “passaggio” oltre.
Infatti, l’etimologia ne dà prova: dal verbo greco peirào (attraversare) e da peira (esperienza) per cui empeira fare esperienza e dal latino -perior (prova dentro la quale passare), dunque: attraversare il nuovo per conoscerlo e uscirne “segnati”, cambiati dalla storia esperita e trasformati.
Il passaggio che crea esperienza ha parecchie provenienze sia piacevoli che dolorose: un evento improvviso o pianificato, la lettura o scrittura di un libro, la visione di un film o rappresentazione teatrale, una conversazione tra amici, un convegno, una vacanza, oppure una disgrazia, un trauma, una malattia e non da meno la morte di qualcuno….
E anche quando l’esperienza non fosse processata, esisterà ugualmente per il segno lasciato, riconosciuto o non.
Creare cultura e sapere di sé tramite l’esperienza significa attraversare tante porte oppure rifiutarsi di farlo perché in contrasto con il proprio sistema valoriale.
E nessuna epoché dovrebbe essere ammessa.
Riflessioni
Per grandi linee, si sono viste tre fonti di conoscenza della Cultura e del Sapere di Sé.
Ogni piccolo e breve capitolo avrebbe potuto avere al suo interno una più vasta e completa argomentazione, ma non sarebbe servito per soddisfare ulteriormente l’intento di questo scritto. Infatti, tanto ancora si sarebbe potuto dire della connessione tra pedagogia, psicologia, psicoanalisi ed esperienza nella loro convergenza e l’acquisizione di cultura e sapere, certo – però ogni altra più ampia trattazione oppure descrizione di altre metodologie non avrebbero aggiunto nulla alla convinzione che l’Uomo per rendersi
LIBERO (Eleutherìa), AUTONOMO (autòs-nomos) RESPONSABILE (responsum)
debba utilizzare gli strumenti che provengono dal suo intelletto (nous) e che da esso sono messi a disposizione, senza per questo prescindere dalla relazione con l’ambiente-mondo.
Sapere aude! (Abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza! Motto dell’Illuminismo, Kant 1784)
Dott.ssa Grazia Aloi
Psicoanalista | Psicoterapeuta | Sessuologa
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