Depressione post-partum
Dal “buco nero” della depressione alla nascita di una nuova speranza
“Quando le madri non sono felici“ è il titolo di un libro che racconta cosa sia la depressione post-partum (detta anche DPP), basandosi sulle ultime evidenze scientifiche e studi di psicoterapia1, assolutamente lontana dalla comune visione di una maternità vista solo attraverso delle “lenti rosa“.
Come riportato sul sito del Ministero della Salute, studi epidemiologici condotti a livello globale indicano che “la depressione colpisce dal 7 al 12% delle neo mamme ed esordisce generalmente tra la 6ª e la 12ª settimana dopo la nascita del figlio, con episodi che durano tipicamente da 2 a 6 mesi“2.
La risposta e il comportamento del cervello materno sono compromessi nella DPP.
Nel 50% circa delle neomamme non viene diagnosticata tale condizione e si stima che in Italia il rischio di sviluppare depressione venga valutato solo dal 30% dei ginecologi durante gli incontri pre-parto.
Da sempre, i disturbi mentali sono considerati come uno stigma che può portare all’abbandono sociale, motivo che porta molte donne ad astenersi dal cercare aiuto.
Andiamo dunque a vedere quali sono i sintomi principali della DPP.
Dalla malinconia alla depressione severa: “baby blues” e DPP non sono la stessa cosa
Il “baby blues” è un principio di depressione immediatamente successivo alla gravidanza che genericamente scompare nel giro di diversi giorni in modo reversibile.
Si stima che il 20% delle donne che manifestano il “baby blues” evolvano in depressione entro l’anno dal parto3.
La sintomatologia è la stessa che si verifica nelle tipiche forme depressive e comprende ad esempio ansia, irritabilità, perdita dell’appetito, sonno e nei casi più gravi pensieri suicidi e/o di morte.
Inoltre, le neomamme hanno difficoltà a legare con il loro bambino. Per quest’ultimo la depressione materna può tradursi in problemi di sviluppo cognitivo, emotivo e sociale.
Un recente studio pubblicato su Translational Psychiatry, mostra come una donna su cinque sviluppi DPP, soprattutto in aree geografiche del mondo più svantaggiate4.
La domanda fondamentale è quindi: si può fare prevenzione?
Nonostante ci siano sempre più evidenze sui fattori di rischio coinvolti che includono l’età della madre al parto, il diabete e una precedente storia di problemi di salute mentale, un vero e proprio fattore predittivo per la DPP certo non è ancora stato confermato.
Depressione Post-Partum: la prevenzione arriva da un meccanismo di segnalazione cellulare mediato dall’RNA
L’RNA, o acido ribonucleico, svolge svariate funzioni biologiche nel nostro organismo.
Recentemente si è visto che l’RNA può essere inglobato in strutture sferiche di natura lipidica dette “vescicole” per essere trasportato all’esterno della cellula e inviare così segnali biologici ad altre cellule vicine.
Durante la gravidanza, questo sistema di comunicazione aumenta per soddisfare le esigenze di impianto e crescita dell’embrione.
Un recente studio pubblicato sulla rivista “Molecular Psychiatry” ha voluto indagare a fondo se questa “comunicazione dell’RNA extracellulare” (ERC) potesse contribuire alla DPP5.
Per dimostrarlo, i ricercatori hanno analizzato campioni di plasma raccolti da 14 donne (con e senza DPP, valutato secondo la scala di Edimburgo) durante e dopo la gravidanza in diverse tempistiche e hanno osservato che la ERC nelle cellule immunitarie era ampiamente alterata nelle donne che soffrivano di depressione in seguito a parto.
Inoltre, i ricercatori hanno visto che gli RNA detti “messaggeri” (mRNA) associati ai meccanismi che coinvolgono l’eliminazione del materiale genetico vecchio e dei detriti cellulari, detto “autofagia“, erano diminuiti nei casi di DPP5.
A sostenere solidamente questa scoperta, il processo di digestione di parti cellulari di scarto è noto essere alterato anche nel cervello dei pazienti con Alzheimer e Parkinson.
Gli autori così suggeriscono che la PPD potrebbe essere trattata utilizzando alcuni farmaci per queste malattie neurodegenerative.
Ridotta autofagia e aumentata DPP: la prevenzione passa dal sangue?
Nello studio si evidenzia inoltre che gli mRNA nelle vescicole extracellulari associati alla depressione post gravidanza provengono dalle cellule immunitarie del sangue, come accennato nel paragrafo precedente.
Queste cellule normalmente hanno come scopo la difesa innata dai patogeni e l’eliminazione di questi ultimi tramite fagocitosi, come i monociti nel sangue e i macrofagi nei tessuti.
Dunque, i ricercatori, pur consapevoli che il loro studio è limitato da un numero ridotto di persone coinvolte, sperano che ulteriori studi possano confermare i loro risultati per poter sviluppare un esame del sangue in grado di identificare le donne in gravidanza che sono a rischio di sviluppare DPP.
Passo dopo passo, la ricerca potrebbe portare allo sviluppo di terapie mirate per questo tipo di depressione, facendo nascere così una nuova speranza per ogni donna coinvolta.
Bibliografia
1 – Ammaniti M., Cimino S. e Trentini S. Quando le madri non sono felici. La depressione post-partum. Il Pensiero Scientifico, 2008.
2 – https://www.salute.gov.it/portale/donna/. 21 aprile 2020.
3 – https://www.depressionepostpartum.it/depressione-perinatale/depressione-post-partum/
4 – Wang Z, Liu J, Shuai H, Cai Z, Fu X, Liu Y, Xiao X, Zhang W, Krabbendam E, Liu S, Liu Z, Li Z, Yang BX. Correction: Mapping global prevalence of depression among postpartum women. Transl Psychiatry. 2021 Dec 20;11(1):640.
5 – Osborne LM, Payne JL, Sherer ML, Sabunciyan S. Altered extracellular mRNA communication in postpartum depression is associated with decreased autophagy. Mol Psychiatry. 2022 Sep 22.
Giorgia Giansante
Ricercatore post-dottorato
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