La dipendenza affettiva: cos’è e come superarla?
Sei tutto il mio mondo, ma non mi fido di te
La dipendenza affettiva è definita come uno stato patologico in cui la relazione di coppia viene vissuta come condizione unica, indispensabile e necessaria per la propria esistenza.
Il dipendente affettivo vive una condizione tale per cui, mettendo sempre al primo posto l’altro, perde di vista sé stesso, si annulla e non ascolta più i propri bisogni.
La persona con cui instaura un rapporto è di vitale importanza per lui: senza di lei si sente perso e incapace di essere felice. La sola idea che si allontani da lui, lo destabilizza e lo spaventa, accrescendo sempre di più il suo attaccamento.
Ovviamente esistono diversi gradi di dipendenza, alcuni più invalidanti di altri: c’è chi ha gravi problemi di attaccamento e chi, per lo più, vive già una vita autonoma, ma tende a ricreare, suo malgrado, schemi di dipendenza affettiva, quando instaura un rapporto di tipo amoroso.
Il mito di Eco e Narciso
Alzi la mano chi da piccolo non ha giocato ad urlare una parola, in una grotta o in una grande stanza, solo per sentir tornare indietro l’eco!
Divertentissimo, vero?
Forse, dopo aver letto questa “storiella” non penserete più all’eco con la stessa gioia, ma cercate di non odiarmi troppo.
Quello che sto per raccontarvi è funzionale all’argomento che voglio trattare.
Cominciamo…
Un antico mito racconta che la madre di Narciso, Liriope, volesse che suo figlio non invecchiasse mai, tanto da chiedere all’indovino Tiresia, di farlo rimanere giovane e bellissimo per sempre.
Tiresia la accontentò, a patto che suo figlio accettasse di non guardare mai più la sua immagine riflessa. Narciso era così bello che tutte le ninfe che lo incontravano, si innamoravano di lui.
La stessa sorte toccò anche alla ninfa Eco che, non appena lo vide, rimase incantata.
Il giovane, però, era troppo fiero e superbo per interessarsi a lei.
Eco, nonostante il disinteresse di Narciso, continuò ad amarlo con passione, fino al giorno in cui, si rinchiuse in una grotta, dove continuò ad invocare il suo nome fino a consumarsi: il sangue le si sciolse nelle vene e il suo corpo divenne trasparente, tanto da non riflettere più , nemmeno, la sua ombra.
Con il tempo, del corpo di Eco non rimase più nulla e le sue ossa si fusero con le rocce della caverna. Solo la sua voce continuò a risuonare nella montagna, fioca e lontana, capace solo di ripetere l’ultima sillaba che veniva pronunciata.
Poiché Narciso non fu mai addolorato per la sofferenza che aveva procurato ad Eco, gli dèi decisero di punirlo, facendo sì che si innamorasse della propria immagine riflessa.
Ogni volta che Narciso cercava di afferrare quell’immagine, però, essa si dissolveva e scompariva.
Questo si ripeté fino al giorno in cui Narciso si sporse più del dovuto sullo specchio d’acqua, cadde e morì.
Adesso, forse, vi è più chiaro perché ho scelto di raccontarvi questa storia e perché le vicende di Eco e Narciso siano perfette per spiegare cosa sia la dipendenza affettiva.
Leggendo la storia, molto probabilmente, il primo pensiero che avrete avuto, sarà stato: “Ben ti sta, Narciso! Hai avuto quello che meritavi.”
Questo perché ci viene spontaneo “parteggiare” per la povera Eco e dare addosso a Narciso, che incarna sentimenti negativi di egoismo e indifferenza.
Purtroppo, però , anche Eco ha la sua parte di colpe in questa vicenda.
Perché ha deciso di restare in una relazione non appagante? Perché ha scelto un rapporto sbilanciato in cui lei dava tutto e l’altro nulla? Perché è rimasta a consumarsi fino a scomparire?
È ovvio che si tratta solo di una leggenda, e, come in un qualsiasi mito antico, le azioni degli uomini sono influenzate dall’intervento degli dèi che “manipolano” le loro scelte (chiunque abbia letto l’Iliade o l’Odissea sa benissimo di cosa parlo).
Ma se Eco e Narciso fossero persone reali?
Se Eco fossimo noi o fosse una nostra cara amica?
Cosa le diremmo per farle aprire gli occhi?
Molto probabilmente questo:
Stai attenta, perché stai mettendo al centro l’altro e non te stessa
In una relazione tendi a sbilanciarti verso l’altro e verso i suoi bisogni.
Quello che all’inizio sembra essere un normale attaccamento, finisce per diventare un rapporto tossico e patologico.
Questo succede perché non conosci a fondo te stessa e non sai quali siano le tue reali potenzialità e neanche quale sia il tuo limite con gli altri.
Anziché cercare quello che ti manca dentro di te, lo cerchi all’esterno e, in particolare, nella persona con la quale ti relazioni. Purtroppo, però, l’altro non sarà mai in grado di colmare tutto quel vuoto e quel senso di incapacità che provi. Intanto, all’interno della relazione, tendi ad eclissarti fino a scomparire del tutto.
Smetti di occuparti di te stessa e ti dedichi completamente alla soddisfazione dei bisogni dell’altra persona, concentrandoti solo su quello che desidera e si aspetta da te.
Questo ti da l’impressione di riempire quel vuoto che provi: il calore e l’affetto che dai nel rapporto anestetizzano il dolore e le mancanze, ma sono anche un’arma a doppio taglio.
Poiché questa fonte di appagamento viene dall’esterno sei costantemente in balia dell’altro. Qualcuno su cui non puoi avere un effettivo “controllo”, come lo avresti se quel nutrimento lo cercassi in te stessa.
Pensi di meritare amore solo se sei sempre disponibile (dici sempre SI e hai problemi a dire NO)
Questo succede perché non sai cosa sia l’amore incondizionato. Credi che ti verrà dato amore solo se dai qualcosa in cambio.
Ecco perché non sai dire NO.
Dire Sì significa accontentare l’altro. Farlo felice. Non creare problemi.
Dire NO, al contrario, vuol dire mettere sé stessi al primo posto a scapito dell’altra persona. Questo, ai tuoi occhi, implica il rischio di scontentare l’altro, creare sentimenti di delusione e rifiuto. Sentimenti che potrebbero portare l’altra persona ad allontanarsi: cosa per te, insostenibile.
Purtroppo, però, quello che fai per non essere abbandonata, ha per te gravi conseguenze:
- In primo luogo, così facendo stai insegnando all’altro che i suoi bisogni sono più importanti dei tuoi (e possono stare sempre al primo posto);
- In secondo luogo, gli stai mostrando come trattarti.
Attento ai consensi impliciti che dai: ogni volta che accetti un comportamento stai insegnando agli altri come devono trattarti.
Non sai porre dei limiti
Parlando di limiti, non intendo quello “che hai paura o non hai paura di fare”, ma la capacità di porre il tuo limite con gli altri:
Fino a che punto sei disposta a tollerare una situazione o un comportamento prima di dire basta? Come risponderesti a questa domanda?
Molto probabilmente la tua risposta sarebbe: “potrei tollerare all’infinito”. Questo, perché ogni richiesta dell’altra persona sarebbe plausibile, ogni comportamento giustificabile, ogni mancanza superabile.
Si può tollerare tutto pur di non perdere l’altro.
Pur di non provare quella triste sensazione di non amore, di rifiuto e abbandono. Questo accade perché sei incapace di stabilire quando il “troppo” è veramente troppo e non sai comunicarlo all’altro.
In poche parole, non sei capace di dire: “Con me puoi spingerti fino a qui, oltre non puoi andare”. Può sembrare una banalità, ma l’eventualità di un rifiuto, per te sarebbe così traumatico da accettare qualsiasi comportamento, anche se scorretto, pur di non giungere mai a quel fatidico epilogo.
Tendi a voler salvare l’altro per validare te stessa
L’attenzione verso l’altro si concretizza anche nel volerlo salvare.
Questa azione ti serve a validare te stessa: mostrandoti premurosa, attenta e disponibile saprai di essere meritevole di amore. Sei convinta che il tuo “essere sempre amorevole”, ti garantisca amore e attenzioni. Purtroppo, nonostante questa sia la tua aspettativa, non è quello che accade realmente: questo “dare incondizionato e senza limiti” non porta ad “essere amati”, ma al suo esatto opposto.
Sei spesso data per scontata, non considerata o, peggio, sei vittima di persone senza scrupoli che si approfittano delle tue attenzioni e delle tue premure. Il tuo bisogno dell’altro è così forte da negare, a volte, la sua tossicità e, piuttosto che lasciarlo andare, decidi di volerlo cambiare. Non te ne rendi conto, ma tendi a creare una codipendenza: se diventi indispensabile per l’altra persona, se le sei utile, se ha bisogno di te, sei certa che non ti lascerà mai.
Temi l’abbandono
La tua paura più grande è quella di essere abbandonata. Non si tratta, però, solo di tristezza per la perdita dell’altro. L’abbandono scatena in te molti sentimenti negativi. Poiché pensi che l’amore che ricevi dagli altri non sia incondizionato, ma dipenda dai tuoi comportamenti, il fatto che un’altra persona decida di lasciarti, sarà sempre da attribuire ad una tua mancanza.
“Se mi hai lasciato è perché non sono stato abbastanza. Se hai deciso di chiudere è perché ho fatto qualcosa di sbagliato o, peggio, c’è qualcosa che non va in me”.
Questo non essere abbastanza può essere qualsiasi cosa: non essere abbastanza belli, abbastanza intelligenti, maturi, affettuosi, indipendenti.
Oppure può dipendere dall’essere stati “troppo” in qualcosa: troppo presenti, troppo assillanti, troppo indifferenti, troppo egoisti. In ogni caso, la responsabilità è sempre tutta tua.
Il senso di frustrazione che ne deriva è molto forte, perché nonostante tutti gli sforzi fatti, non sei riuscita a scongiurare la tua più grande paura: essere abbandonata. Purtroppo, però, non comprendi che sono stati, proprio, l’eccessiva accondiscendenza e la tua insicurezza ad allontanare l’altra persona.
L’hai messo eccessivamente alla prova e sovraccaricato di aspettative: ogni piccola mancanza da parte sua ti metteva in allerta, insinuava in te dubbi, sconforto e frustrazione. Non ti sei resa conto che l’eccessivo controllo e la costante vicinanza non ti hanno aiutata a scongiurare la tua più grande paura.
Non ti fidi degli altri e temi che prima o poi ti feriranno
Un altro sentimento che sta alla base della tua dipendenza è la mancanza di fiducia. Vivi un conflitto interno continuo perché, da una parte consideri l’altra persona necessaria alla tua felicità, ma nello stesso tempo la vivi come una minaccia e una possibile fonte di dolore.
Questa mancanza di fiducia ti fa vivere costantemente in uno stato di allerta. Questo accade perché, purtroppo, il tuo modo di fidarti è squilibrato: passi da avere una fiducia cieca (dovuta spesso al fatto che tendi ad idealizzare l’altro), ad una totale sfiducia e diffidenza.
La verità è che nessuno di noi può essere perfettamente affidabile, così come non possiamo avere il controllo su tutto. Tantomeno avere il totale controllo sulle intenzioni di un’altra persona.
L’unico rapporto di fiducia che può esistere è quello che si costruisce nel tempo attraverso il dialogo, la comunicazione e la conoscenza profonda di sé stessi e dell’altro.
Si rischia tanto a credere troppo quanto a credere troppo poco.
– Denis Diderot
Quali strategie puoi mettere in atto per superare la dipendenza affettiva?
Ci sono diversi modi per liberarsi dalla dipendenza affettiva.
Lavora sulla tua autostima
Convinciti di essere amabile e degna d’amore, indipendentemente da quello che hai o non hai da offrire. Avere l’amore di qualcuno non deve essere un lavoro estenuante, ma qualcosa di spontaneo.
Mantieni la centratura su te stessa e chiediti spesso: “Come mi fa sentire questa situazione?”
Costruisciti un “Sé” forte e abbi la profonda consapevolezza che, qualsiasi cosa accada, continuerai ad amarti e a bastare a te stessa. Esci dalla “condizione di vittima” che crede che senza l’altro non potrebbe sopravvivere o non potrebbe farcela. Puoi sopravvivere a tutto: tristezza, abbandono, solitudine.
Impara ad essere autonoma
Spesso le persone dipendenti lo sono anche perché non sanno essere autonome. Credono di non potercela fare da sole. Di aver bisogni di qualcuno per realizzare i loro progetti. Spesso non si sentono all’altezza.
Credono di non possedere quelle risorse che, invece, vedono così forti nelle altre persone: gli altri sono in grado di fare tutto, loro NO. Beh, non è assolutamente vero: mettiti alla prova!
Sperimenta l’autonomia. Fai spesso qualcosa che temi di fare da sola. Sfida il timore di non farcela. Vai a vivere da sola. Fai un viaggio in solitaria. Guida in autostrada se ti fa paura. Parla in pubblico. Non sentirti limitata. Convinciti di essere in grado di fare tutto, anche da sola.
Non plasmare la tua identità sulle opinioni degli altri
Molto probabilmente, l’ immagine che ti sei costruita di te stessa è il riflesso di quello che gli altri ti hanno sempre detto e il risultato delle aspettative che hanno riposto in te. Impara a conoscerti e cerca di capire cosa ti rende davvero felice, cosa ti fa arrabbiare e cosa assolutamente non tolleri. Solo così potrai davvero liberarti del giudizio altrui e porre i tuoi limiti.
Conoscerti a fondo impedisce agli altri di manipolarti e fa sì che nessuno proietti su di te emozioni che non ti appartengono.
Impara a dire NO
Aumentare la propria autostima e la consapevolezza di sé è il primo passo per rendersi conto di essere importanti e amabili così come qualsiasi altra persona. Sposta l’attenzione su di te e sui tuoi bisogni e cerca di renderti conto di cosa stavi negando a te stessa in favore degli altri. Comprendi quanto fossi disposta a tollerare, anche in termini di abuso e disinteresse, pur di non perdere qualcuno.
Rimani sintonizzata su quello che ti fa star bene e poni sempre i tuoi limiti: aiuta gli altri a capire fino a che punto possono spingersi con te e quali limiti non possono oltrepassare.
Non sei obbligata a tollerare tutto. Quando sei in coppia non devi eclissarti. I tuoi bisogni sono importanti come quelli degli altri: non sei costretta a metterli da parte.
Ogni persona è responsabile per sé stessa: non è tuo compito salvarla
Un altro concetto con cui devi entrare in sintonia è che ognuno è responsabile per sé stesso e non è compito tuo salvarlo. Esiste un limite alle attenzioni e alle premure che si devono ad una persona.
Non è necessario creare una codipendenza per tenere legato a sé qualcuno. Le persone scelgono da sole cosa fare e come comportarsi.
Conclusioni
Se per molti legarsi a qualcuno è un’esperienza gratificante ed appagante, per molti altri non lo è affatto. Per alcune persone, che hanno sperimentato eventi traumatici (nell’infanzia o in altri contesti), lasciarsi andare del tutto in un rapporto non è scontato e non è semplice.
Tendono spesso a chiudersi e a non fidarsi. Spesso il dolore che provano o che temono di provare, legandosi a qualcuno, è così forte da negare a sé stessi qualsiasi sentimento e qualsiasi coinvolgimento: è più sicuro non amare affatto, che tentare ed essere feriti.
Alla base di questo c’è, però, la convinzione più profonda di non essere amabili o di non essere abbastanza. O peggio, la convinzione di dover dare o dimostrare qualcosa per ricevere in cambio amore.
Ma se si sceglie di iniziare un viaggio all’interno delle proprie paure e alla scoperta profonda di sé stessi, si capirà quanto queste convinzioni limitanti siano false. Mi viene in mente una cosa curiosa, a tal proposito.
Alcuni di voi hanno familiarità con i Tarocchi?
Io non moltissima, ma mi affascinano molto. Per farvela breve, esiste una tipologia di lettura dei tarocchi chiamata “metodo della croce celtica” in cui, tra le varie fasi di lettura, compare “la sfida”, che sta a rappresentare quello che separa il consultante da una vita più piena e realizzata, cioè rappresenta il prossimo passo che il consultante dovrà fare per raggiungere la piena realizzazione di sé.
Beh, anche nella vita reale, in un modo o nell’altro, ognuno di noi ha la sua “sfida”, quel qualcosa, a livello mentale o inconscio, da dover portare a galla e da dover risolvere, per raggiungere la sua piena realizzazione.
Spesso alcuni meccanismi che mettiamo in atto sono così radicati e inconsci, da non scomparire del tutto. Intendo, cioè, che nonostante tutta la nostra consapevolezza, continuiamo a ripeterli e a perpetrarli all’infinito, ma il portarli in superficie, il riconoscerli e averne consapevolezza, li rende più chiari, li rende palesi e, quindi, ci consente di bloccarli, allontanarli e aggiustarli.
Non tutti iniziano la propria vita con la strada spianata e molti portano sulle spalle fardelli più grandi di altri, ma è possibile alleggerire il carico lungo il cammino, se solo lo si vuole.
Si può cambiare, si può evolvere. Si può decidere di non essere più schiavi di certe dinamiche ed essere in pieno controllo della situazione, principalmente scegliendo per sé stessi quello che ci fa star bene e che ci rende davvero felici.
Non possiamo scegliere da dove arriviamo, ma possiamo scegliere dove andare di lì in poi.
– Dal film “Noi siamo infinito”, USA, 2012
Milena Capriuolo – Aspirante Giornalista | Email