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Disturbo da Accumulo Patologico

Fenomenologia del disturbo (DA)


“Dario ha 53 anni, accumula riviste femminili, quotidiani, libri, immagini web e oggetti del passato, fa fatica a buttare qualsiasi cosa entri in casa, compresi i rifiuti se associati a temi di riciclo”.

Di cosa parliamo esattamente?

Quando pensiamo al Disturbo da Accumulo (DA), solitamente immaginiamo una persona anziana, isolata e non particolarmente brillante, di condizione culturale ed economica bassa. Probabilmente questo accade perché siamo condizionati da stereotipi dettati dai media.

In realtà è un disturbo molto più complesso e le caratteristiche cliniche non riguardano solo soggetti “ai margini” della società”. Al contrario, molte persone con accumulo sono dotate di una intelligenza molto vivace e di notevole creatività, oltre che essere interessate ad instaurare rapporti interpersonali col prossimo.


Che cos’è Il Disturbo da Accumulo?

Il Disturbo da Accumulo (DA) consiste in una significativa difficoltà nel separarsi dagli oggetti personali, che si traduce in una raccolta spesso problematica di oggetti anche senza valore o, addirittura, pericolosi per la salute.

Il disordine che ne deriva impedisce il consueto uso degli spazi di casa e lo svolgimento delle funzioni per le quali tali spazi sono adibiti. La tendenza ad accumulare oggetti è conseguenza di una molteplicità di situazioni: incapacità a separarsi dagli oggetti posseduti ed acquisto eccessivo di prodotti.

A causa dell’accumulo eccessivo, infatti, il disturbo, si associa a pericolo di incendi, infestazioni da parte di parassiti, odori tossici, muffe, contaminazione di cibo e condizioni di vita non igieniche; l’ingombro degli spazi, inoltre, impedisce l’accesso dei soccorsi in situazioni di emergenza [1].

Inoltre, Il soggetto affetto, può non avere consapevolezza del disturbo: può accorgersi di avere un problema solo dopo decenni di malattia quando l’accumulo è diventato tale da minare il funzionamento generale del soggetto.

Per questo motivo oltre ad avere un forte impatto a livello individuale, un numero sempre crescente di evidenze ha dimostrato che esso rappresenta un serio pericolo per la salute pubblica, in termini di occupazione, spesa sanitaria e utilizzo dei servizi pubblici [2].

Storicamente, e nei casi più gravi, era stato concepito come una componente del disturbo ossessivo compulsivo (DOC), nei casi meno acuti e invalidanti era considerato un sintomo del Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità.

DSM 5: Hoarding Disorder

È solo grazie alla pubblicazione del DSM 5 che il Disturbo da Accumulo ottiene una sua autonomia nosografica nota come Hoarding Disorder [3] (dal termine anglosassone to hoard “accaparrare”, “ammassare”), quale entità distinta ma comunque correlata ai Disturbi Ossessivi Compulsivi: se è vero che un paziente su tre con DOC, presenta comportamenti di accumulo, è anche vero che solo 1 individuo su 4, affetto da Accumulo patologico, presenta altri sintomi ossessivi.

Il “cosa” si accumuli, ovvero il materiale o gli oggetti che le persone conservano, possono essere di qualsiasi tipo: si va dalla collezione di oggetti di valore, all’accumulo di spazzatura, fino all’accumulo di animali.

Molto frequente è l’accumulo di libri e giornali o, comunque, di materiali che contengono informazioni e possono aumentare le conoscenze.

La riluttanza a liberarsi dagli oggetti è indipendente dal loro valore e utilità [4]: la separazione è vissuta come un fatto fortemente ansiogeno e associato a sentimenti come colpa e tristezza intense.

Quando la separazione è imposta (per esempio, un familiare butta per loro gli oggetti), può essere vissuta come fortemente traumatica e attivare sentimenti prima di rabbia e poi di depressione. La separazione viene vissuta come più accettabile quando l’oggetto viene regalato o venduto [5].

Anche il grado di severità clinica varia da soggetto a soggetto: ci sono individui che hanno la casa completamente invasa dagli oggetti, dove muoversi può essere difficile a meno che non si ricorra a soluzioni alternative come l’affitto di magazzini e garage, per chi ha risorse economiche spendibili; oppure la gravità può essere lieve e riguarda quei casi in cui l’accumulo è selettivo solo per alcuni oggetti e il funzionamento generale della persona non è compromesso.

Anche la gravità di acquisizione può variare molto: si va da persone che tutti i giorni comprano o recuperano in altro modo gli oggetti, a situazioni più sotto controllo perché magari si riesce a dare dei limiti (per esempio, non superare una certa spesa mensile) [6]. 


Il Trattamento del Disturbo Da Accumulo

Generalmente la richiesta di terapia giunge al clinico quando la situazione è già compromessa, non gestibile all’interno di un setting individuale: frequente è la richiesta da parte di figli preoccupati perché il genitore vive in situazioni in cui neanche il letto o la doccia sono più accessibili a causa dell’ingombro.

Sulla base di un recente articolo pubblicato da Kress et al. (2016) [7], che mira a fare il punto della situazione in termini di diagnosi e trattamento del Disturbo da Accumulo, la Terapia Cognitivo-Comportamentale è considerata il trattamento d’elezione.

Il trattamento cognitivo – comportamentale del DA ha il suo focus nell’addestramento ad abilità neuropsicologiche carenti e nella ristrutturazione delle credenze disfunzionali connesse agli oggetti.

Nello specifico si focalizza principalmente sulla riduzione dei sintomi in tre macro aree: la disorganizzazione, la difficoltà nel liberarsi e nel gettare via gli oggetti personali e la tendenza ad acquisirne in eccesso.

Raggiungere gli obiettivi: quattro componenti

Per raggiungere tali obiettivi, l’intervento consta di quattro componenti, da svolgere non solo in successione ma anche in parallelo:

  1. Psicoeducazione: l’obiettivo è aumentare la consapevolezza del disturbo al fine di favorire la disponibilità e la compliance al trattamento.
  2. Skill training: mira all’addestramento delle capacità che in fase di assessment sono risultate deficitarie, in particolare il focus sarà sulle skills di selezione e organizzazione degli oggetti.
  3. Ristrutturazione cognitiva: si affrontano e si modificano le convinzioni e i temi personali che hanno causato e mantengono il disturbo. In particolare, lo scopo è quello di stimolare il paziente al riconoscimento e alla regolazione di quei meccanismi mentali alla base della patologia.
  4. Esposizione con prevenzione della risposta (ERP): la tecnica consiste nell’esporre gradualmente il paziente al pensiero, all’immagine o all’evento temuto e nel fare in modo che resista all’impulso di accumulare.

È possibile ipotizzare anche un intervento di gruppo che ha il vantaggio di ridurre, attraverso la partecipazione a contesti sociali, emozioni come la vergogna e la colpa, oltre che di favorire la collaborazione e la motivazione a instaurare legami interpersonali efficaci e duraturi [8].

L’obiettivo è la riduzione dello stigma associato al Disturbo da Accumulo e la possibilità di fornire un maggiore supporto ai pazienti rispetto ai gruppi condotti unicamente da operatori della salute mentale [9].


Conclusioni

Il Disturbo da Accumulo (DA) costituisce una patologia cronica e ingravescente e di difficile diagnosi a causa della scarsa consapevolezza del paziente nonché della scarsa compliance al trattamento.

Ad oggi, l’unico trattamento evidence based resta quello cognitivo – comportamentale, costituendo un intervento d’elezione per bambini, adolescenti e adulti che soffrono di DA.

Sicuramente la presenza di comorbilità come Disturbi dell’Umore e Ansia sono caratteristiche cliniche di cui bisogna tener conto al fine di ri – adattare, in ogni fase della terapia, l’implementazione dei modelli terapeutici.


Bibliografia

[1] Frost, R. O., Steketee, G., Tolin, D. F., Sinopoli, N., Ruby, D. (2015). Motives for Acquiring and Saving in Hoarding Disorder, OCD, and Community Controls. J Obsessive Compulsive Relate Disorder, 1, 4, 11-59.
[2] Steketee, G., Frost, R. (2003). Compulsive hoarding: Current status of the research. Clinical Psychology Review, 23, 905-927.
[3] American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.).
[4] Frost, R. O., Hartl, T. L., Christian, R., Williams, N. (1995). The value of possessions in compulsive hoarding: Patterns of use and attachment. Behaviour Research and Therapy, 33(8), 897-902.
[5] Perdighe C., Gragnani A., (2021). Psicoterapia Cognitiva: comprendere e curare i disturbi mentali, pp. 780-781.
[6] Laudau, D., Iervolino, A. C., Pertusa, A., Santo, S., Singh, S. % Mataix-Cols, D. (2011). Stressful life events and material deprivation in hoarding disorder. Journal of Anxiety Disorders, 25, 192-202.
[7] Kress, V. E., Stargell, N. A., Zoldan, C. A., Paylo, M. J. (2016). Hoarding Disorder: Diagnosis, Assessment, and Treatment. Journal of Counseling & Development, 94, 83-90.
[8] Tolin, D. F., Frost, R. O., Stekenee, G., Gray, K. D., & Fitch. K. E. (2008). The economic and social burden of compulsive hoarding. Psychiatry Research, 160, 200-211.
[9] Frost, R. O., Ruby, D., Shuer, L. J. (2012). The buried in treasures workshop: waitlist control trial of facilitated support groups for hoarding. Behav Res Ther, 50(11), 661-667.


Dott.ssa Valeria Pecoraro Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Dott.ssa Valeria Pecoraro
Psicologa | Specializzanda in Psicoterapia Cognitiva
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