L’inclusività che fa bene (a tuttə)
Quando la diversità è un invito ad evolverci
La versione audio di questo articolo è stata registrata dall’autore Ruben Pozzobon
Le filosofie orientali ci insegnano, attraverso la meditazione, a vivere nel presente. “Hic et nunc“, dal latino, “qui e ora“.
Tuttavia, molti dei comportamenti che adottiamo nella nostra quotidianità sono frutto di schemi generati in funzione di emozioni primitive, che si sono integrati e consolidati fino a diventare automatismi.
La paura atavica per l’ignoto ne è un chiaro esempio.
Se in passato questi meccanismi sono stati in grado di salvarci da attacchi di predatori oppure di metterci in guardia da pericoli che compromettevano la nostra salute, applicare questi stessi schemi a situazioni ordinarie potrebbe essere non solo controproducente ma anche limitante.
Il Black Mirror nella vita reale
Abbiamo la fortuna di vivere in una società sviluppata che, grazie all’evoluzione tecnologica, è riuscita a rendere l’informazione facilmente accessibile.
Con qualche semplice “tap” sullo smartphone, infatti, possiamo accedere ad un’infinità di risorse immediatamente disponibili e consultabili in qualsiasi luogo (o quasi).
Proviamo, ancora, a pensare a quanto siano state fondamentali le video chiamate in questi ultimi anni di pandemia poiché ci hanno permesso di accorciare le distanze e sentire i nostri cari un po’ più vicini.
Eppure, se da un lato la tecnologia è stata non solo di supporto ma elemento chiave per il miglioramento della nostra esistenza, dall’altra parte sembra abbia contribuito a generare una sorta di distacco dalla realtà, rendendo tutto più effimero e meno emozionale.
Insulti, offese e disprezzo, specie nei social, sono all’ordine del giorno e spesso rimangono impuniti.
Le minoranze? Il bersaglio più facile
In particolar modo, ci sono delle minoranze della società che vengono bersagliate quotidianamente in virtù di stereotipi, di pregiudizi e ignoranza.
Sto parlando della comunità LGBTQIA+, ovvero di lesbiche, gay, bisex, trans, queer, intersex, asessuali, di altre espressioni legate all’identità di genere (gender fluid, non binarie…) e alla sessualità (pansessuali, demisessuali, ecc.).
Non mancano, altresì, prese di posizione contro le persone con disabilità, così pure aggressioni derivanti da moventi razziali e il triste elenco potrebbe continuare a oltranza.
In totale assenza di empatia, vi è la convinzione che il fatto di esistere, esprimersi e amare di qualcunə altrə (introduciamo il simbolo schwa [ə] per rendere la declinazione più neutra e inclusiva possibile, superando i limiti della lingua italiana che prevede il solo maschile o femminile) possa, in qualche modo, limitare i privilegi acquisiti.
Diversità: cosa c’è oltre il nostro orticello?
L’essere umano ha bisogno di certezze, di una cosiddetta comfort zone dalla quale ricavare risposte e rassicurazioni.
Il dubbio è un lusso che soltanto chi ha più coraggio (o follia) vuole prendere in considerazione.
Immaginiamo di vivere metaforicamente nel nostro orticello.
Per poter vedere e apprezzare ciò che fiorisce al di là della staccionata, la diversità che esiste oltre, è necessario muoversi per andare in quella direzione, avvicinarsi al recinto e, addirittura, sporgersi.
Serve forza di volontà, disponibilità a mettere in discussione quanto abbiamo visto e dato per scontato finora per integrarlo con una nuova consapevolezza.
Le diversità sono un invito ad evolverci
La preziosa condivisione di chi ha un vissuto differente è da considerare un dono in quanto ci permette di ampliare le nostre conoscenze e di crescere, sia come singoli individui, che come comunità.
Le diversità, da questo punto di vista, sono un invito ad evolverci, un trampolino di lancio per raggiungere la versione migliore di noi stessə.
Quando i super poteri non sono di casa, accogliere i racconti di chi ci sta intorno, senza giudizio e chiusure interiori, potrebbe essere un modo alternativo per vivere esperienze che, in prima persona e in questa vita non avremmo modo di sperimentare.
Non si tratta, quindi, di accettare, termine che prevede un consenso altrui come fosse posto in un altro livello, bensì di includere per integrare.
In altre parole, superare i nostri timori poiché l’intento del fuoco della diversità non è quello di scottarci ma di illuminarci.