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Esplorare la ferita della sfiducia

Indagare la connessione tra passato e presente

Image by engin akyurt on Unsplash.com


A causa di esperienze e reiterati episodi che ci hanno visti protagonisti nell’età infantile e che coinvolgevano figure significative, quasi tutti abbiamo sviluppato una profonda sfiducia nei confronti degli altri e della vita.

Non si parla necessariamente di profondi abusi fisici o emotivi.

Un bambino sperimenta un senso di abbandono, solitudine e tradimento ogni volta che sente una mancanza di sintonia con la madre o il padre, come quando non viene accolto, ascoltato, capito oppure quando gli viene richiesto di interpretare un ruolo che va contro la sua natura.

L’esperienza di questi eventi è una complessa combinazione di emozioni: rabbia, risentimento, paura, tristezza, dolore, vergogna e per proteggerci costruiamo una corazza intorno a noi fatta di aspettative e strategie di controllo, attacchiamo o ci distacchiamo, accusiamo o ci lamentiamo, contrastiamo o siamo compiacenti. Tutto questo arriva a dominare in maniera inconsapevole la nostra vita.

Nella relazione il tema della fiducia e della sfiducia diventa anche più delicato da gestire poiché, anche se nella maggior parte dei casi abbiamo imparato a coltivare una personalità esteriore capace di relazionarsi, i nostri strati più profondi vengono rimossi, inascoltati.

Questo spazio interiore reso sicuro e inattaccabile, dentro il quale ogni bambino indifeso ha custodito la personale sofferenza, non viene quasi mai provocato, tranne quando entriamo in un’intima relazione d’amore o in altre relazioni particolarmente significative.

Quando entriamo in una relazione intima sviluppiamo una fiducia che è basata prevalentemente su come ci sentiamo trattati dall’altra persona, su quanto l’altro sia in grado di soddisfare le nostre aspettative, i nostri bisogni.

Ma le nostre aspettative sono prevalentemente un tentativo di colmare i nostri buchi, il nostro senso di vuoto. Il nostro pretendere è talmente profondo e inconscio da non farci percepire talvolta l’evidente insensatezza della richiesta. Siamo sconvolti per non essere riusciti ad ottenere ciò che avremmo voluto e di conseguenza non siamo neanche in grado di prendere in considerazione gli altrui sentimenti.

Ma nessuno mai sarà in grado di colmare i nostri vuoti come noi vorremmo e allora perdiamo la ‘fiducia’. L’idea ‘romantica’ su come l’altro dovrebbe trattarmi, su come e quanto dovrebbe amarmi, su quanto pronto e abile dovrebbe essere nel darmi ciò che voglio e comprendere appieno i miei stati d’animo, si frantuma.

La disperazione, il risentimento, la rassegnazione, il rancore che si generano al frantumarsi di questa illusione possono impattare, in maniera significativa, sulla relazione a meno che non si prenda in carico la responsabilità di sondare la causa e la profondità della nostra sfiducia.

Se riviviamo i nostri traumi passati con la consapevolezza e le risorse di un adulto allora potremo capire perché la nostra sfiducia è cosi profonda.

Noi tutti abbiamo diversi bisogni inappagati che provengono dal nostro passato e tutti guardiamo al di fuori di noi per sentirci vivi, amati, al sicuro, protetti e quando la vita o gli altri non ci danno ciò che aspettiamo possiamo reagire in modo emotivo e autodistruttivo.

Invece di REAGIRE automaticamente possiamo SCEGLIERE di ascoltarci, e di sentire che cosa ci disturba quando i nostri bisogni non sono appagati, entrare in profondità dentro di noi e imparare a dare sollievo alla nostra sofferenza.

Certamente ci saranno momenti in cui sarà impossibile evitare la nostra reazione poiché la ferita è profonda e dolorosa ma avremo sempre la possibilità di imparare dall’esperienza.


Come fare?

Il primo passo è sicuramente quello di fare una scelta consapevole, scegliere di andare dentro e sentire invece di reagire come siamo soliti fare o distrarci per non sentire.

Entrare in contatto con queste emozioni può fare molta paura perché sono al di fuori del nostro controllo e in quei momenti ci sembra davvero di morire.

Ma dentro di noi abbiamo infinite risorse per affrontare il dolore, solo diventa più complicato se non comprendiamo cosa e perché sta succedendo.

I sentimenti negativi che abbiamo sperimentato da bambini giacciono addormentati fino a quando non vengono nuovamente stimolati da esperienze simili che riviviamo nella vita attuale.

Non guariranno se non verranno aperti e sentiti.

Noi siamo ‘naturalmente’ portati a soffocare il dolore, lo combattiamo anziché accoglierlo e la lotta lo trasforma in una sofferenza molto più duratura di quanto invece durerebbe se fosse accettato, sentito e lasciato fluire attraverso noi.

Altro passo importante è assumersi la responsabilità dell’impatto che le nostre emozioni hanno su noi stessi e sugli altri. Uno degli atteggiamenti più comuni è accusare gli altri, l’ambiente o le circostanze di essere responsabili del nostro stato d’animo.

Un altro modo di relazionarci in maniera disfunzionale con il nostro dolore è quello di esprimerlo indirettamente, escludendo l’altro, ‘privandolo’ del nostro amore, atteggiamento di chiusura che può perdurare anni costringendoci ad isolarci completamente dalle nostre emozioni.

Lo scopo nel vedere come ‘feriamo’ gli altri non è quello di giudicarci o sentirci in colpa, che non è di nessun aiuto, ma è quello di aprirci al ‘sentire’; sentire l ‘effetto delle nostre azioni, perché solo quando sentiremo il dolore che procuriamo all’altro smetteremo di causarlo.

Dobbiamo avvicinarsi il più possibile al suo ‘sentire’, percependo come sarebbe trovarsi nei suoi panni.

Ma non possiamo accogliere il dolore di una altra persona se non siamo stati in grado di accogliere il nostro. 

Diventati consapevoli degli effetti delle nostre azioni sia su noi stessi che sugli altri, se vogliamo crescere, dobbiamo cominciare a modificare alcuni dei nostri atteggiamenti, correre dei rischi, abbassare le difese e il controllo, permettendoci di aprirci, soprattutto se ci accorgiamo che la reiterazione dei nostri comportamenti non genera i risultati sperati. 

Per approfondimenti consiglio la lettura del testo di Krishnananda e Amana, Fiducia e sfiducia al quale mi sono ispirata per questo brevissimo articolo al fine di sollecitare una preliminare e, a mia avviso, utile riflessione.


Raffaella Lione Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Raffaella Lione
Counselor Relazionale
Bio | Articoli | Video Intervista AIIP Aprile 2024
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