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Ghosting: sparire come un fantasma

La diffusione del fenomeno nelle relazioni nate online


Avete mai sentito parlare di Ghosting?

Il Ghosting rappresenta un fenomeno che consiste nel chiudere una relazione di lavoro, di amicizia, ma, più frequentemente, di amore sparendo all’improvviso come un fantasma (in inglese “ghost”) senza dare spiegazioni o confrontarsi con l’altro, rendendosi irreperibile, non rispondendo più alle chiamate e ai messaggi e bloccando qualsiasi contatto tramite social, email o chat.

Si tratta di un fenomeno presente da sempre nella nostra società, che tuttavia, con l’avvento di internet e dei social media, ha subito un grosso incremento ed una grande diffusione.

La facilità con cui è possibile connettersi e disconnettersi con le altre persone al giorno d’oggi, è molto probabilmente alla base di tale diffusione.

Del resto, quella odierna è una società liquida (Bauman, 2006), in cui i legami che si costruiscono, sebbene si creino rapidamente e sembrino diventare subito importanti, sono in realtà fragili come fili sottili che si spezzano con molta facilità. Per mettere fine ad una relazione e “voltare pagina”, talvolta basta un semplice click.

Questo fenomeno si presenta diffusamente nelle relazioni che nascono online attraverso social media e app di incontri: in questi casi è molto semplice chiudere una relazione, basta smettere di rispondere o bloccare il partner.

Ma il Ghosting si riscontra frequentemente anche nelle relazioni reali.

Nella società di oggi, sempre più frequentemente, le persone manifestano una difficoltà a coinvolgersi emotivamente in una relazione e scappano non appena il rapporto diventa più “stretto”, cercando di evitare di essere “fagocitati dall’altro”, di scomparire in una relazione vincolante (Cioffi, 2018), scongiurando il rischio di perdere i propri già fragili confini.


Le motivazioni alla base del Ghosting

Questa fluidità così diffusa nei rapporti interpersonali trova per l’appunto la sua manifestazione più eloquente nel Ghosting.

Il ghoster, ossia colui o colei che mette fine ad un legame sparendo nel nulla da un momento all’altro, sente di avere un grande potere quando decide di interrompere una relazione: mette in atto un comportamento passivo-aggressivo che colpisce in modo indiretto il partner, ne percepisce il senso di impotenza davanti a questa sua decisione ineluttabile e si sente potente.

In realtà, dietro a questi comportamenti di presunta forza e sicurezza di sé, c’è la difficoltà di mettersi in gioco in un confronto con l’altro, di prendersi la responsabilità delle proprie scelte, di gestire le emozioni proprie e altrui; c’è un evitamento del conflitto, in quanto le discussioni possono portare a percepirsi come il “cattivo della situazione”, con sensi di colpa e dolore per aver causato la sofferenza altrui; c’è un evitamento della separazione e della sofferenza che implica, in quanto la chiusura di una relazione rappresenta comunque una perdita, anche se risultato di una scelta volontaria.

Mettere fine all’improvviso ad una relazione sparendo come un fantasma solleva inoltre il ghoster dal dover dare spiegazioni per la sua decisione (Cannella, 2022).

Andando più a ritroso nella vita del ghoster, spesso si riscontra uno stile di attaccamento insicuro-evitante che porta il soggetto ad abbandonare per primo, per scongiurare l’abbandono.

Solitamente queste chiusure improvvise vengono messe in atto proprio quando la relazione sta diventando più importante e intensa emotivamente, e rappresentano pertanto una difesa dalla sofferenza che implicherebbe un possibile e fantasmatico abbandono che l’evitante ha già subito nella sua infanzia da parte di un genitore.

In alcuni casi alla base del comportamento di ghosting ci sono un’incapacità di provare empatia ed una freddezza emotiva, la tendenza ad ingannare l’altro, a manipolarlo e un atteggiamento narcisistico che, talvolta, può rivelare un vero e proprio disturbo di personalità.

Il narcisismo si palesa con un comportamento fortemente egoistico, grandioso e una percezione di superiorità e di potere che porta a sparire all’improvviso e a proprio piacimento dalla vita del partner (Giorgi, 2023).

La volontà è quella di cancellare con un colpo di spugna la relazione come se non fosse mai esistita.


Essere vittima di un ghoster

In alcuni casi il ghoster, così come sparisce all’improvviso, altrettanto improvvisamente ritorna dal partner abbandonato (in questo caso si parla di Zombieng), per poi sparire di nuovo.

Il partner si trova quindi a vivere molteplici e dolorosi abbandoni che creano instabilità e una sensazione di incertezza del futuro.

La vittima del ghosting è spesso una persona con problematiche di dipendenza affettiva che continua a sperare nel ritorno del partner, nonostante i ripetuti allontanamenti, e che, paradossalmente, cerca nel partner qualcuno che sia sempre presente e che la supporti in ogni circostanza.

L’abbandono improvviso rappresenta una perdita ed una rottura che può essere assimilata ad un vero e proprio lutto imprevisto, senza possibilità di saluto finale, che rende ancora più difficile la chiusura e l’elaborazione della perdita.

Solitamente la vittima del ghosting si sente sbagliata e in colpa di aver causato l’abbandono da parte del partner e continua a rimuginare per molto tempo su ciò che ha detto o fatto che può aver causato la reazione del ghoster.

Alla base un forte senso di solitudine, la percezione di essere stati ingannati e rifiutati, il non sentirsi degni di stima, fiducia, rispetto e amore, il sentirsi senza valore, fino ad arrivare a sentirsi invisibile e al sentire di non esistere. La vittima di ghosting vive emozioni di impotenza, tristezza, vergogna, ma anche di rabbia nei confronti del partner che l’ha abbandonata.

Subendo i molteplici abbandoni del partner, solitamente rinforza la mancanza di fiducia in sé e negli altri e acquisisce la tendenza al controllo della relazione e del partner per paura di perderlo di nuovo.


La fine di una relazione affettiva e l’elaborazione del lutto

La fine di una relazione affettiva è sempre dolorosa, sia se la subiamo, sia se siamo noi a scegliere di chiudere.

Questo è vero soprattutto quando si tratta di una relazione che perdura da anni, in particolare dai due anni in su. In questo caso, infatti, tra i due partner si instaura un legame di attaccamento vero e proprio come quello madre-bambino dell’infanzia (Attili, 2004) e, in caso di separazione, ci può volere fino ad un anno di tempo o più per dichiarare dentro di sé veramente chiusa la relazione.

Va considerato che l’elaborazione della fine della relazione di coppia è per molti versi simile all’elaborazione del lutto per la morte di una persona cara.

Si tratta di una vera e propria perdita, non solo di un partner al proprio fianco, ma anche della parte di sé che viveva nella relazione con lui/lei; si tratta di una chiusura che richiede di “dire addio” a modi di dire e di fare condivisi, ad abitudini condivise, a nomignoli che ci si era dati e a molto altro, tutti elementi che caratterizzavano in maniera peculiare e unica quella relazione affettiva.

Ecco quindi che in questi casi si ha bisogno di passare per un processo di elaborazione del lutto che prevede una serie di fasi che si susseguono (Kübler-Ross, 1969):

  • Fase della negazione o del rifiuto: si tende a negare la perdita, a non accettarla e a rifiutare la realtà come meccanismo di difesa dal dolore che la perdita stessa implica;
  • Fase della rabbia: si inizia a provare rabbia verso colui/colei che ci ha ferito e verso la vita; talvolta ci si stente responsabili per non essere riusciti ad evitare la perdita; si vive la perdita come un’ingiustizia;
  • Fase della contrattazione o del patteggiamento: si cercano strategie per superare la difficoltà, nuove situazioni su cui investire emotivamente, ci si butta su nuovi progetti e nuove amicizie, così da riprendere il controllo della propria vita;
  • Fase della depressione: si prende consapevolezza della perdita e si prova dolore;
  • Fase dell’accettazione del lutto: si arriva alla totale elaborazione ed accettazione della perdita e si comprende che la morte/separazione nella vita è inevitabile.

Separarsi con gratitudine

Al di là del fatto che ogni separazione rappresenta una perdita che va elaborata, il modo migliore per trasformare un’esperienza di separazione in un momento di crescita interiore è effettuare un percorso interiore che facilita l’elaborazione del lutto per arrivare all’accettazione della perdita; tale processo è caratterizzato dal succedersi di una serie di tappe (Moro, 2022):

  • Il rituale della separazione attraverso il quale si accoglie interiormente l’esperienza della separazione, della chiusura e del lasciar andare l’altro;
  • La chiusura delle cose rimaste in sospeso che consente di liberarsi dai pesi, dalle delusioni e dalle ferite accumulati nel tempo sia dell’altro nei nostri confronti, sia, viceversa, causati da parte nostra all’altro, in maniera volontaria o meno. Questa fase consente di liberarsi da pensieri ed emozioni negative dando loro espressione, al fine di separarsi senza che niente rimanga in sospeso; i “non detti” e le emozioni non espresse continuano infatti a mantenerci legati al partner, seppure in maniera negativa;
  • Il ringraziamento dell’altro per i momenti belli passati insieme con il passaggio dalla tristezza all’accettazione e alla gratitudine;
  • Il cambiamento interiore, in cui l’elaborazione della separazione giunge al termine e ci si sente pronti per conoscere un’altra parte di sé, ancora sconosciuta.

Queste fasi possono essere vissute in autonomia e interiormente, oppure possono essere facilitate dal dialogo diretto con il partner da cui ci si separa. Quando la perdita viene accettata, rinasce la speranza.

Qualora questo processo di separazione venga meno, invece, si rimane ancora legati interiormente alla persona da cui ci si è separati fisicamente: è come se dentro di noi rimanesse aperto un “cassetto”, come se un cerchio non si fosse chiuso.

Spesso sono la rabbia e le ferite che portiamo dentro come conseguenza del rapporto con l’ex partner che ci mantengono legati a lui/lei e non ci permettono di lasciarlo andare, anche molti anni dopo la separazione; o ancora, in altri casi, la negazione, l’evitamento e il rifiuto di provare dolore per la perdita, fanno sì che questo dolore rimanga nascosto, ma ancora vivo dentro di noi. Tutto questo ha come conseguenza che una parte di noi non riesce ad aprirsi al nuovo e rimane legata al passato.

Ecco che queste fasi di elaborazione della separazione dal partner diventano fondamentali per la nostra crescita personale e per la nostra serenità, seppure al momento possono implicare una certa dose di sofferenza.

Confrontarsi con l’altro consente di elaborare concretamente la chiusura della storia per “dirsi addio” senza sospesi, senza rimpianti e senza rancori, per lasciare andare una relazione che non andava più e rivolgersi verso il nuovo e l’inesplorato.


Bibliografia

Attili, G. (2004). Attaccamento e amore Cosa si nasconde dietro la scelta del partner? Bologna: Il Mulino.
Bauman, Z. (2006). Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi, trad. di Sergio Minucci, Editori Laterza.
Cannella, E. (2022). Il ghosting e i suoi effetti: conoscerlo per affrontarlo.
Cioffi, C. (2018). Il desiderio allo specchio delle dipendenze affettive, Rivista Italiana di Analisi Transazionale e Metodologie Psicoterapeutiche, XXX, VIII, 38 (75), 33-53.
Giorgi, G. (2023). Relazioni affettive e Social Network: Ghosting, quando l’altro sparisce come un fantasma (consultato in data 20/01/2023).
Kübler-Ross, E. (1969). On Death and Dying. New York NY: Macmillan.
Moro, R. (2022). La separazione nella coppia: una forma di lutto.


Dott.ssa Claudia Cioffi Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Dott.ssa Claudia Cioffi
Psicologa e Psicoterapeuta Analitico Transazionale
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