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Guida rapida al Mansplaining

Cos’è, a chi si rivolge e come non diventare mansplainers


Anna e Marco sono due docenti di psicologia. Sebbene siano entrambi specializzati nella gestione delle emozioni, Anna ha maggiore esperienza e competenze.

Quando Anna aggiorna il collega sulla sua ultima ricerca che ha individuato il gene responsabile della gioia, Marco la interrompe e comincia a spiegarle concetti che la collega conosce meglio di lui.

Questa è un breve, semplicistico esempio di fantasia sul mansplaining.

Questo fenomeno si verifica ogni volta che un uomo spiega con condiscendenza qualcosa a una donna che ne sa quanto se non di più di lui.

In effetti, le donne devono purtroppo spesso constatare come gli stereotipi di genere siano piuttosto diffusi.

Molte persone pensano che le donne parlino molto, ad esempio.

Eppure, questo è un falso mito: i maschi possono parlare anche di più e spesso interrompono i loro interlocutori, soprattutto se appartengono al genere femminile.


Il mansplaining spiegato in poche parole

La storia del mansplaining di fatto comincia nel 2008, quando la scrittrice Rebecca Solnit ha evidenziato questo problema in un saggio di successo dal titolo “Gli uomini mi spiegano le cose“.

Quest’opera aumentò la consapevolezza riguardo l’arroganza maschile nella comunicazione interpersonale, un fenomeno che avviene in praticamente qualsiasi contesto: in famiglia, a scuola, al lavoro.

Possiamo suddividere il mansplaining in almeno tre tipologie.

Primo, il mansplainer interrompe la donna mentre questa sta spiegando qualcosa o rispondendo ad una domanda.

Un uomo potrebbe farlo pensando che ciò che dice sia importante, o forse solo perché si sente superiore.

Tuttavia, la sua correzione è minima, forse inesistente e talvolta fuorviante, ma poco importa: il mansplainer si sente in diritto di correggere la sua interlocutrice, perché così migliora la conversazione.

Questo tipo di mansplaining prende il nome di “Well, actually” perché l’interruzione spesso inizia con frasi del tipo “beh, in realtà” in questi casi.

Il secondo tipo è il straw-mansplaining.

Ad esempio, una donna esperta in un dato argomento potrebbe fare una domanda o un commento solo per testare il livello di preparazione dell’interlocutore.

Questi, dal canto suo, risponde in maniera vaga, magari con una domanda.

Se non è un goffo tentativo di evitare di rispondere, si tratta di straw-mansplaining.

Infine, nel speech act–confusion mansplaining le affermazioni, domande, o ipotesi della donna vengono percepite dal mansplainer come l’invito a mostrare le proprie competenze.

La distorsione consiste nel pensare che la donna abbia chiesto una spiegazione.

Questi tre tipi di mansplaining non si escludono tra loro: può darsi che in una conversazione ci siano simultaneamente elementi di più di una tipologia di essi.


Chi sono i mansplainers

Potremmo supporre che i mansplainers siano tutti maschi, ma non è così.

È infatti possibile che anche le donne parlino in tal modo alle loro interlocutrici, basta supporre che ogni appartenente al genere femminile non sia esperto ad un dato argomento.

Ad esempio, una donna potrebbe pensare di essere “speciale” perché lei sa molto di quell’argomento, al contrario delle altre donne.

Così, si sente in diritto-dovere di spiegarlo a tutte le altre.

Tutto ciò senza considerare la preparazione, le competenze e l’esperienza di chi ascolta.

I mansplainer danno spiegazioni che non sono né migliori né richieste.

In generale, c’è un problema quando una persona dà per scontato di essere superiore al suo interlocutore solo perché sta parlando con una donna.

Ciò infatti ostacola la dignità, uguaglianza, e la libertà di parola.

Probabilmente non tutti i mansplainers sanno di esserlo.

Così, Kim Goodwin nel 2018 ha realizzato uno schema che ci consente di renderci rapidamente conto se siamo colpevoli.

In pratica, ogni volta che diamo spiegazioni non richieste rischiamo di cadere nel mansplaining, specie se non sappiamo se davvero la nostra competenza specifica in un dato argomento è superiore alla nostra interlocutrice.

Gli stessi elementi possono supportare ogni donna ad avere maggiore consapevolezza dei mansplainers.


Rischi, opportunità e speranze

Grazie all’impegno di tante persone come Rebecca Solnit, questo argomento comincia a ricevere l’attenzione che merita, anche sui social.

È così che sono nati altri neologismi specifici.

Ad esempio, maninterruption descrive il comportamento di chi interrompe le donne che stanno parlando.

C’è però ancora tanta strada da fare per abbattere pregiudizi e stereotipi che danneggiano le nostre interazioni quotidiane. Ad esempio, individuare gli elementi che caratterizzano stati emotivi, atteggiamenti, e comportamenti dei mansplainers è compito delle future ricerche scientifiche.

La speranza è che non siano solo le ricercatrici ad avere coscienza del problema.


Per approfondire…


Johnson, C. R. (2020). Mansplaining and illocutionary force. Feminist Philosophy Quarterly, 6(4), article 3.
Kidd, A. G. (2017). Mansplaining: the systematic sociocultural silencer. Paper presented at the 33rd Annual Conference on the Advancement of Women, Texas Tech University, Texas, USA.
Lutzky, U., & Lawson, R. (2019). Gender politics and discourses of# mansplaining, #manspreading, and #manterruption on Twitter. Social Media+ Society, 5(3), 2056305119861807. 7


Maurizio Oggiano Autore presso La Mente Pensante Magazine
Maurizio Oggiano
Trainer | Researcher | Project Manager
Bio | Articoli
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