Home Nesting
La casa: nido accogliente e baricentro della nostra vita
“Casa dolce casa”. Recita così la frase che usiamo per descrivere quanto amiamo le nostre mura domestiche.
Per proteggerci dal virus, durante la pandemia, siamo stati costretti a viverle, 24 ore su 24.
All’inizio non l’abbiamo accettato. Ci siamo arrabbiati, spaventati.
Passare l’intera giornata al chiuso ci ha fatto soffrire.
Abbiamo avuto problemi nel riorganizzarci. Il lavoro, il tempo con i figli e le proprie attività giornaliere.
Ricreare da zero una nuova routine quotidiana, avendo a disposizione lo spazio delimitato di casa nostra.
Il meteo è sembrato prendersi gioco della nostra condizione. Le giornate sono sempre state soleggiate e con temperature piacevoli.
Vi ricordate?
Ci davamo appuntamento sul balcone. Musica, chiacchiere e addirittura pseudo aperitivi. Tutto, pur di sentirci ancora parte del mondo.
Siamo animali sociali, all’origine. Non siamo stati progettati per vivere chiusi in gabbia e lontani dal bran-co.
Poi, però, qualcosa è cambiato.
Il tempo è trascorso, lento ma inesorabile e la situazione ci ha imposto di modificarci.
Home Nesting. Felici di vivere la casa
L’essere umano è incapace di stare immobile ad aspettare. Le persone si sono rimboccate le maniche e si sono date da fare.
Chi si è cimentato in cucina, tra pizze e piatti elaborati e chi ne ha approfittato per rimettere in ordine, una volta per tutte, le stanze di casa.
I più creativi hanno rispolverato l’arte del fai da te. Falegnami, pittori e tuttofare hanno messo mano agli attrezzi e sistemato, finalmente, quegli oggetti danneggiati o tralasciati da chissà quanto.
Il periodo della pandemia l’abbiamo utilizzato per rendere la casa più confortevole. Ogni oggetto, ogni stanza ci rappresenta e ci completa.
Questo non è successo solamente per porre un rimedio alla clausura.
La vera ragione è che ogni casa, per trasformarsi in un vero nido (NESTING), deve necessariamente rispecchiare la personalità di chi la vive.
A poco a poco, la nuova routine impostata ha preso forma e noi l’abbiamo accolta. Positivamente.
I nuovi ritmi e modi di vivere ci sono piaciuti e ciò ha suscitato nuovi pensieri e riflessioni. Abbiamo rimesso in discussione il nostro vissuto fino ad allora.
Ci siamo riappropriati del tempo. La gestione e l’organizzazione sono tornate nelle nostre mani. Non ci siamo più sentiti prigionieri in casa nostra.
Anzi, abbiamo avuto l’occasione di rimanere insieme ai nostri cari e condividere momenti e passioni. Proprio come gli uccellini nel loro nido.
Ecco il vero significato di Home Nesting.
Home Nesting: il nuovo “uscire”
Il fenomeno dell’Home Nesting ha generato diverse analisi e indagini psicologiche e sociali.
Il Professore Giuseppe Pantaleo (ordinario di Psicologia Sociale e Direttore di UniSR-Social Lab, Università San Raffaele di Milano) ha condotto uno studio nel quale evidenzia come è cambiato il modo di percepirci e relazionarci con gli altri.
Negli ultimi 30 anni, la società si è palesemente modificata. Si esce di casa la mattina presto e si rientra a tardo pomeriggio. A sera oserei dire.
A tenerci fuori ci sono il lavoro e la scuola. Ok, da sempre. Noi, nel tempo abbiamo aggiunto, lo sport, lo shopping, l’aperitivo e il dopocena. “E che c’è di male?” Assolutamente nulla, fino all’arrivo improvviso della pandemia.
Passare più tempo a casa, insieme, condividendo attività e passioni ha permesso addirittura di rinsaldare alcuni legami.
Si sono creati nuovi punti d’incontro con i propri figli, specialmente in età adolescenziale, spiega il Dott. Pantaleo.
Per i giovani, sapere di trovare qualcuno ad attenderli a casa, magari che pranzi con loro, li ha aiutati ad aprirsi e trovare nuove forme di condivisione.
Lo psicologo conclude ponendo anche l’attenzione su alcuni aspetti che potrebbero trasformare i benefici dell’Home Nesting in azioni negative.
Dal nido alla “sindrome della capanna”
Come accennato all’inizio, l’essere umano non è stato progettato per vivere in gabbia, lontano dalla società.
Attenzione quindi a non confondere il vivere bene il nostro nido con l’allontanamento dalla socialità.
Se abbiamo avuto l’opportunità di svolgere il lavoro da casa, se preferiamo guardare un film comodamente seduti sul divano o fare sport nel nostro giardino non significa che “stiamo bene solo in casa”.
Il divario tra l’apprezzare il nido e lo sforzo di uscire è molto sottile.
Ed è qui che il focolare si tramuta in gabbia. Calda, confortevole ma sempre con le sbarre.
Spiega il Dott. Pantaleo: “la sindrome della Capanna ha colpito sia uomini che donne, dopo la pandemia. Si stava così bene in casa che anche vestirsi per uscire e intrattenere vere relazioni sociali era ritenuto un enorme peso“.
Come in ogni cosa bisogna trovare la giusta misura.
Ricordiamoci che vivere bene il nostro nido non significa solamente stare tutti assieme sotto lo stesso tetto.
Ciò che rende la casa accogliente è la condivisione e la gioia nel trascorrere del tempo di qualità.
Elisa Zanella
Coach | SEO Specialist | Copywriter
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