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Impariamo ad ascoltare il nostro corpo

Legami e influenze circolari tra mente e corpo


Il nostro corpo rivela molto di noi: è come una mappa dei nostri vissuti dai più arcaici a quelli più attuali.

Siamo un tutto unitario fatto di corpo, mente, emozioni ed anima, una unità bio-psico-sociale-spirituale (Romanini, 1999).

Sempre più le ricerche scientifiche rivelano questo stretto legame e le influenze reciproche, circolari tra mente e corpo, strettamente interconnessi.

Nel corpo ritroviamo tutte le memorie arcaiche e più profonde, il cosiddetto inconscio non rimosso, le memorie implicite, senza ricordi (Attanasio, 2022).

Il rapporto con la figura materna nella vita intrauterina e neonatale passa attraverso il corpo e il contatto corporeo.

Il genitore contiene il neonato con il suo abbraccio (cfr. holding; Winnicott, 1960), modula le sue emozioni, rassicurandolo con lo sguardo e con le cure che, inizialmente, sono principalmente focalizzate sui bisogni fisiologici, ma anche sul soddisfacimento del bisogno di un contatto affettivo, che scalda, riconosce, rispecchia (Berne, 1964, parla di fame di riconoscimento e di carezze).

Tutto ciò che accade in questi primi mesi di vita rimane incarnato nel corpo del bambino che poi diventerà adulto.

Il bambino prima dei due anni ha una struttura cognitiva non ancora sviluppata, non si riconosce come soggetto e come corpo, come Io, per cui i suoi vissuti non prendono la via della consapevolezza, ma rimangono incarnati nel corpo, diventando posture, gesti, forme corporee e sensazioni.

Questo significa che il nostro modo di muoverci, la nostra postura e le nostre dimensioni corporee rivelano la nostra storia di vita.


Il corpo che parla

Un altro aspetto da tenere in considerazione quando si parla di espressione corporea dei nostri vissuti, è che tutto ciò che viviamo a livello di pensiero e di emozioni ha una ricaduta sul corpo con la produzione di neurotrasmettitori ed ormoni endocrini (cfr. PNEI: psico-neuro-endocrino-immunologia).

Questi influiscono sul sistema nervoso autonomo, simpatico e parasimpatico, determinando stati di attivazione e stati di rilassamento, ed hanno un’incidenza anche sul nostro sistema immunitario.

Pertanto, i nostri vissuti e il nostro modo di percepire ed interpretare gli eventi, i pensieri che abbiamo su di noi, sugli altri e sulla vita e i conseguenti stati emozionali che proviamo, hanno un forte impatto a livello corporeo.

La maggior parte delle persone, tuttavia, è completamente e costantemente immersa nelle proprie attività quotidiane, negli impegni e nei problemi con cui si scontra ogni giorno; ognuno di noi è concentrato su ciò che è esterno a sé, sulle relazioni con gli altri ed è preso da un turbinio di pensieri continuo: siamo costantemente “nella testa” e ci dimentichiamo di Noi, delle nostre emozioni e del nostro corpo.

Solo quando ci ammaliamo, o proviamo dolore fisico ci accorgiamo veramente di noi.

Questo ha come conseguenza la mancanza di consapevolezza delle nostre emozioni e delle nostre sensazioni, di ciò che proviamo nel qui-ed-ora e, in particolare, delle tensioni e dei blocchi corporei che abbiamo. Non ci sappiamo ascoltare.

Peso sul petto, nodo alla gola, tachicardia, stomaco contratto, tensione alle spalle e molte altre forme di blocco corporeo sono per noi talmente abituali, che non li percepiamo più.

Questo non significa però che non ci siano e che non producano effetti negativi.


Il congelamento corporeo delle emozioni

È ormai scientificamente provato che emozioni quali paura, preoccupazione, ansia ed angoscia scatenano tutta una cascata di reazioni neurobiologiche che impattano sul nostro corpo e sul nostro sistema immunitario.

Si tratta di risposte difensive funzionali alla nostra sopravvivenza che si innescano in situazione di minaccia e che, grazie ad un’attivazione corporea, ci consentono di reagire al pericolo con un comportamento di attacco o fuga (fight or flight).

I problemi si presentano quando superiamo una certa soglia di stress: quando lo stato di attivazione perdura nel tempo, si cronicizza e/o quando è eccessivo rispetto a quanto accade, per cui risulta incongruente in confronto al nostro reale bisogno nel qui-ed-ora.

Spesso non arriviamo a scaricare questa iperattivazione corporea con comportamenti di attacco o fuga, con il risultato che permane costante al nostro interno: reagiamo al pericolo e alla minaccia con un’inibizione dell’azione (Montecucco, 2016; Milla, 2017).

Ciò significa che non si ripristina mai un equilibrio: il sistema nervoso autonomo, in particolare il sistema simpatico, rimane attivato con la produzione di ormoni come il cortisolo (asse endocrino dello stress ipotalamo-ipofisi-corticosurrene) e come l’adrenalina e la noradrenalina (sistema simpatico-midollare del surrene) che determinano uno stato di agitazione e iperattivazione corporea e mentale (la mente è affollata da un vortice di pensieri) costante.

Quindi una risposta interna normale di fronte ad un pericolo che serve a difenderci e a proteggerci, diventa disfunzionale perché non viene utilizzata per la difesa: cortisolo e noradrenalina continuano ad essere secreti e noi rimaniamo in questo stato di iperattivazione senza scarico.

In queste condizioni il sistema immunitario a lungo andare tende ad indebolirsi. Si prova uno stato di malessere e uno stato di tensione psicofisica permanente (Laborit, 1969), che è all’origine dei principali disturbi psicosomatici.

La risposta di inibizione dell’azione alla base di queste problematiche può avere inizio sin dai primi anni di vita nella nostra famiglia d’origine.

Di fronte a situazioni percepite come pericolose, il bambino infatti, completamente dipendente dalle sue figure di accudimento, non può né fuggire, né attaccare, bensì può solo inibire qualsiasi azione per congelarsi, andare in freezing, immobilizzarsi e comprimere la propria energia.

Il nostro stile di attaccamento e la nostra storia di vita determinano anche quali saranno le situazioni che percepiremo come minacciose e fonte di pericolo, che sono pertanto molto soggettive: ad esempio una persona potrebbe provare ansia e paura di fronte a qualcuno che sente critico e giudicante, un’altra potrebbe provare le stesse emozioni alla prospettiva di intraprendere un viaggio.

Ognuno di noi avverte come pericolose determinate situazioni piuttosto che altre sulla base dei significati che ha imparato ad attribuire a certi stimoli e a certe circostanze.


Il sistema della cura

Un ruolo importante nel riuscire a riequilibrarci in situazioni di stress ce l’ha la nostra capacità di prenderci cura di noi stessi, che dipende a sua volta dallo sviluppo del nostro sistema motivazionale di cura (cfr. Compassion focused therapy).

Il sistema motivazionale di cura è il risultato dell’interiorizzazione della funzione di cura genitoriale.

Che cosa significa?

Significa che se la nostra figura materna è riuscita a regolarci emotivamente nei primi mesi di vita, se è riuscita a darci quel contenimento, quel rispecchiamento e quel riconoscimento che ci servono per sentirci sicuri, il nostro sistema calmante e tranquillizzante interno, il nostro Genitore Affettivo interno (Berne, 1961), sarà adeguato e in età adulta riusciremo a prenderci cura di noi e a modulare le nostre emozioni.

Se questo sistema della cura interno invece è carente, come carenti sono state le cure genitoriali che abbiamo ricevuto, potremmo reagire emotivamente in maniera sproporzionata ed esagerata rispetto agli eventi esterni che ci troviamo a vivere (Lohrasbe e Ogden, 2017).

Nel caso in cui non abbiamo interiorizzato dalle nostre figure genitoriali un buon sistema della cura, non riusciremo a tranquillizzarci da soli e, di fronte a situazioni che viviamo come stressanti, attiveremo il sistema della minaccia e l’iperattivazione.


Ascoltare il corpo per esprimerci

Le sensazioni di tensione, dolore e malessere che proviamo e gli eventuali sintomi (fisici e/o psicologici) che possono comparire, sebbene fonte di disagio, rappresentano un campanello d’allarme, un’opportunità per riequilibrare il sistema.

Da qui l’importanza di lavorare dal punto di vista terapeutico sia a livello psicologico per modificare i pensieri e le emozioni negative per cui ci sentiamo costantemente in pericolo, sia a livello corporeo per sbloccare l’energia contratta, per uscire dalla rigidità e dai blocchi corporei ed energetici.

Lavorando sul corpo riusciamo ad influire sui nostri vissuti emotivi, modificandoli: sciogliendo le tensioni e i blocchi corporei, liberiamo energia, apriamo il cuore, esprimiamo emozioni rimaste inespresse. Questo naturalmente ha un’influenza positiva anche a livello relazionale.

Il rilassamento e lo scarico delle tensioni, il sorriso, il contatto fisico attivano il sistema parasimpatico (in particolare il nervo vago) e il rilascio di endorfine e di altri ormoni come la serotonina che sono alla base di stati di rilassamento e di godimento.

Il primo passo importante da compiere è ritagliarci dei momenti durante la giornata per fermarci e ascoltarci, prendendo distacco da tutto ciò che esterno, dai problemi quotidiani, dagli impegni, dalle cose da fare e dagli altri.

Fermarci e ascoltare semplicemente il nostro respiro e il nostro corpo, chiedendoci come ci sentiamo ed esplorando le nostre sensazioni con curiosità.

Come sto? Cosa succede ora nel mio corpo? Che sensazioni ed emozioni provo?

Accogliere tutto ciò che c’è senza giudizio, pensieri vorticosi e dolori/disagi compresi, accettandoli e accettandoci, in un allenamento continuo che ci permette di riassestarci e trovare un equilibrio mentale e corporeo funzionale.

La via per il benessere prevede imparare a stare a contatto con noi stessi per sostenerci e prenderci cura di noi: imparare a rivolgerci messaggi di accoglienza e amorevolezza, modificando il nostro dialogo interno in senso positivo, sviluppando e potenziando il sistema motivazionale calmante di cura, appagamento e sicurezza.


Bibliografia


Attanasio S. (2002). La memoria del corpo, Rivista Italiana di Analisi Transazionale e Metodologie Psicoterapeutiche, XXII, nuova serie – n. 6 (43), 18-30.
Berne E. (1961). Analisi Transazionale e psicoterapia, Astrolabio, Roma.
Berne E. (1964). A che gioco giochiamo, Bompiani, Milano.
Laborit H. (1969), L’Inibition de l’action, Masson, Parigi. Trad. it. (1979). L’inibizione dell’azione, Il Saggiatore, Milano.
Lohrasbe R.S. e Ogden P. (2017). Somatic Resources: Sensorimotor Psychotherapy Approach to Stabilising Arousal in Child and Family Treatment, Trad. It. (2022). La psicoterapia sensomotoria per stabilizzare l’eccitazione nel trattamento di bambini e famiglie.
Milla C. (2017). Paura, stress e inibizione dell’azione.
Montecucco N.F. (2016). PSICOSOMATICA PNEI – Il Nuovo Paradigma delle Neuroscienze – La Neuroevoluzione della Coscienza di Sé, le Neuropersonalità e la Genesi dei Disturbi Psicosomatici e del Sé, Istituto di Psicosomatica PNEI Villaggio Globale di Bagni di Lucca.
Romanini M.T (1999). Autoconsapevolezza, Rivista Italiana di Analisi Transazionale e Metodologie Psicoterapeutiche, XIX, 36, 9-26.
Winnicott D.W. (1960). La teoria del rapporto infante-genitore, in Sviluppo affettivo e ambiente, Armando, Roma, 1970.


Dott.ssa Claudia Cioffi Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Dott.ssa Claudia Cioffi
Psicologa e Psicoterapeuta Analitico Transazionale
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