
In Cerchio con il terrorista interiore
Riconoscere il conflitto presente dentro di noi
Image by Shutterstock.com (ID: 1244962162)
Il terrorismo non si definisce unicamente attraverso azioni di gruppi ribelli e clandestini che causano la morte della popolazione civile. Il terrorismo esiste ogni qual volta un gruppo umano o una singola persona sentono di avere poco potere all’interno di un conflitto e scelgono di risolverlo minacciando azioni che possono generare conseguenze spiacevoli alle altre parti in conflitto.
Comprendere il terrorismo integrando gli aspetti individuali, sociali e politici di questo termine, ci permetterà di osservare le nostre relazioni da un altro punto di vista e di costruire una nuova consapevolezza in nome della costruzione della pace dentro e fuori di noi.
Cosa significa terrorismo?
Arnold Mindell, fondatore del ProcessWork (conosciuto in Italia come Arte del Processo) e del WorldWork propone un’integrazione tra la componente individuale e quella collettiva in ogni settore dell’agire umano, includendo la dimensione spirituale e la connessione con il pianeta, con l’intenzione di aprire nuove strade per la gestione dei conflitti.
Secondo il suo lavoro, a differenza delle definizioni che provengono da alcune tradizioni psicologiche e psichiatriche, il terrorismo non è un problema narcisistico legato a disturbi individuali e non riguarda esclusivamente gruppi umani che operano al di fuori l’ufficialità. Secondo una definizione più ampia, ogni azione orientata deliberatamente ad uccidere con fini politici è un atto terroristico.
I governi che attivano politiche pubbliche che perpetuano i problemi di emarginazione, di povertà e di salute della popolazione compiono atti terroristici, così come i governi che scelgono di utilizzare le armi nell’ambito di guerre interne o di guerre globali.
Su scala internazionale, l’imperialismo agisce in parallelo al terrorismo. L’imperialismo viene realizzato da gruppi maggioritari che vogliono mantenere i propri privilegi e influenzano i governi dei paesi da cui provengono perché tali privilegi vengano mantenuti facendo uso della forza. Il terrorismo proviene da gruppi minoritari che possiedono meno potere rispetto ai gruppi maggioritari e che vogliono attirare l’attenzione di questi ultimi sulle ingiustizie che stanno perpetrando chiedendo di prendere decisioni che portino al cambiamento dello stato di fatto. Visto sotto questa ottica, imperialismo e terrorismo rappresentano due facce della stessa medaglia, sebbene non vengano trattati allo stesso modo dalla politica globale.
Siamo tutti terroristi
Andando oltre la dimensione internazionale, possiamo associare il terrorismo a qualsiasi azione sostenuta dalla vendetta e dalla rabbia, anche all’interno di un processo di gruppo o di una relazione di coppia. Ogni volta che una persona dice “Se non agisci in maniera differente io esco dalla relazione” oppure “Se questo processo collettivo non cambia io esco dal gruppo” siamo di fronte ad un atto estremo, che deriva dalla disperazione legata a un’oppressione.
Secondo questo punto di vista, tutti abbiamo agito come terroristi almeno una volta nella nostra vita. Il terrorismo agisce dal livello macro-politico, all’interno delle relazioni internazionali, fino al livello micro-politico, nell’ambito delle nostre relazioni quotidiane. Il terrorismo è piuttosto un problema sociale, collegato alla percezione e alla trasformazione delle ingiustizie in ogni spazio dell’agire umano.
De-patologizzare il terrorismo significa riconoscere che tutti i gruppi minoritari, rappresentati dalle donne, dai poveri, dalle persone di colore, da rifugiati e richiedenti asilo, dai senza fissa dimora, da membri della comunità LGBT, dagli anziani e da altre categorie che detengono meno potere, hanno qualcosa di importante da dire e che la loro sofferenza vuole essere ascoltata.
In cerchio con il terrorista interiore
C’è un’altra dimensione del terrorismo, presente all’interno di ogni essere umano: il terrorista interiore. Il terrorista interiore rappresenta quella parte di noi che attiva meccanismi di auto-sabotaggio. Funziona come una voce che giudica e critica severamente, impedendoci di accettare noi stessi e di crescere. Questa entità interna crea conflitti non solo dentro di noi, ma anche nelle nostre relazioni e nelle interazioni con il mondo esterno. Il terrorista interiore può manifestarsi anche attraverso sintomi fisici e nei sogni, riflettendo conflitti inconsci e bisogni inespressi.
Persone che realizzano azioni terroristiche sono presenti ovunque. Ogni qual volta che qualcuno detiene uno status quo, c’è qualcun altro che agisce perché chi detiene privilegi comprenda che la sua condizione genera conseguenze spiacevoli sulla vita di altri esseri umani e del pianeta.
Non abbiamo paura del terrorismo unicamente perché apprendiamo dai media i racconti di uomini e donne kamikaze oppure di altri atti estremi in grado di uccidere in un sol colpo centinaia di persone. Noi abbiamo paura del terrorismo perché è un fantasma presente nella nostra vita quotidiana. Abbiamo paura di perdere i nostri privilegi ogni qual volta qualcuno non è d’accordo con il nostro punto di vista.
Ma, sopratutto, abbiamo paura del terrorismo perché è l’espressione della rabbia e della vendetta presenti dentro di noi. Tutti, in quanto esseri umani che sono stati feriti nel corso della propria vita, conosciamo il sentimento della rabbia e la pulsione della vendetta.
Secondo Mindell, una strada per trasformare questo stato di cose è attivare il Dreambody Work, una approccio basato sull’idea che il corpo e i sintomi fisici riflettono processi interiori e inconsci. A questo approccio si associa anche la possibilità di esplorare i messaggi che provengono dal mondo dei sogni. Esplorare questi sintomi, in maniera individuale, in spazi di terapeutici ed in percorsi di crescita personale, può portare a una maggiore consapevolezza e integrazione delle parti negate di sé.
È in questo modo che potremo realizzare la Deep Democracy un concetto che incoraggia l’inclusione e l’ascolto di tutte le voci interiori, anche quelle più scomode, per creare un dialogo interno che porti a una maggiore integrazione tra tutte le voci presenti dentro di noi e all’interno della società.
Costruire una società di pace significa entrare in cerchio con il terrorismo ovvero attivare una comunicazione trasformativa a livello interiore ed in tutte le nostre relazioni.
Entrare in cerchio con il nostro terrorista interiore ci permetterà di riconoscere i momenti della nostra storia in cui siamo stati feriti e che sono all’origine della nostra rabbia.
Entrare in cerchio in ogni nostra relazione significa riconoscere il senso di ingiustizia che altre persone stanno provando in seguito alle nostre azioni in modo da sostenere anche “il nemico” in un percorso di consapevolezza e di crescita interiore.
Riconoscere che la rabbia genera dipendenza, che avere privilegi genera dipendenza e che acquisire potere attraverso la minaccia e la vendetta genera dipendenze è alla base della costruzione di nuove relazioni, dalla famiglia alle relazioni internazionali.
Costruire la pace non è solo un affare di politica estera. È un impegno che ogni essere umano può prendersi con sé stesso e con il mondo che abita.
Bibliografia
Arnold Mindell, “Essere nel fuoco. Gestire la diversità e il conflitto nel lavoro di gruppo come strumenti di trasformazione sociale”. Anima Mundi e Terra Nuova edizioni, 2011
Antonio Graziano
Motivatore | Scrittore | Insegnante
……………………………………………………………..