La casa della relazione solida
In amore non vince chi fugge, ma chi si impegna
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Il mito del “vero amore” ha pervaso l’immaginario collettivo di tutti noi, trovando manifestazione privilegiata nelle rappresentazioni cinematografiche romanticamente idealizzate, nei romanzi, nelle canzoni e nelle opere d’arte di qualsiasi forma. Per questo, ognuno di noi ha un’immagine mentale definita di come l’amore dovrebbe essere o vorremmo che fosse: ci creiamo delle aspettative ben definite, anche se non sempre consapevoli, a partire dagli stimoli a cui veniamo socialmente esposti e, sulla base di questi presupposti, possiamo addirittura arrivare a compiere delle scelte nella nostra vita romantica e di coppia.
L’amore può assumere molte forme, può essere diretto verso diversi soggetti, ma ciò che è assolutamente certo per ogni sua manifestazione è che l’amore richiede impegno. E l’impegno implica fatica, a volte sacrifici, dispiego di risorse emotive, cognitive, di tempo. Per amare è necessario essere disposti a discutersi, così come a discutere le proprie credenze. Per amare è necessario conoscersi per poter conoscere l’altro, perché dove finisco io, inizi tu. Amare può costare fatica e se da un lato è vero che là fuori, nel mondo, possono esserci persone più o meno affini alla nostra personalità, così come ai nostri desideri e bisogni, è altrettanto vero che spesso abbiamo la tendenza a credere di dover trovare la persona che naturalmente e spontaneamente “funzioni” per noi: la rinomata “persona giusta”. Certo, scegliere il partner nel modo giusto è importante, ma non esiste persona al mondo che sia né perfetta, tantomeno perfetta per noi, e finché cercheremo una persona aspettandoci questo, avremo comprato l’ennesimo biglietto in direzione di una gran bella delusione.
A tal proposito, John Gottman parla proprio della “casa della relazione solida” che, come ogni edificio che si rispetti, possiede delle caratteristiche che sono improrogabili. Certo, la nostra casa possiamo arredarla come più ci piace, ma non sarebbe tale se non avesse delle mura, un tetto, delle fondamenta solide a sorreggerla: così è la coppia, come una casa.
Le Mura: la fiducia e l’impegno
Le mura della casa della coppia, secondo Gottman, sono la fiducia e l’impegno. Avete mai visto una casa senza mura? Come non è possibile vedere una casa senza mura, non è possibile che una coppia funzioni se non c’è fiducia e se non c’è impegno. La fiducia si basa sul concetto che il partner, nel bene e nel male, cercherà di perseguire gli interessi di entrambi e non solo i propri. Ma come sapere quando c’è fiducia? Semplice, quando non ci si pone il problema. C’è fiducia quando non sorgono dubbi sul potersi o meno fidare del proprio partner, lo si fa e basta, naturalmente. L’impegno si basa sul principio che entrambi nella coppia desiderino, nel bene e nel male, il partner come compagno per il percorso di vita e mostrino lealtà. E quand’è invece che c’è impegno? È necessario l’impegno sulla base di una premessa cui segue inesorabile una dose di grande impegno: entrambi gli individui mettono i propri desideri sullo stesso piano dei desideri del partner, riconoscendogli così la propria identità individuale. Seppur scontato possa sembrare, da questa premessa si generano nelle coppie grandi problemi. È sempre necessario ricordare che una coppia è composta da due persone con vissuti, idee e bisogni diversi e la soluzione non è trovare una persona quanto più simile a noi in modo da non avere nessuno che ci intralci, perché desidera le stesse cose che desideriamo noi. L’impegno è cruciale per vedere e riconoscere che l’altro ha lo stesso nostro diritto di essere sé stesso e di essere felice, anche quando va contro ai nostri bisogni. L’impegno è essenziale sia quando le cose vanno bene, sia quando le cose vanno male. Infatti, notiamo una cosa: i muri che sorreggono la casa, costituiti da fiducia e impegno, sono trasversali a tutti i piani che la compongono e vanno mantenuti e perseguiti sempre.
Le Fondamenta: la conoscenza dei reciproci mondi
Ma facciamo un passo indietro, perché prima di costruire le mura, vanno gettate le fondamenta. Se nel mondo edilizio queste sono formate dal cemento, nel mondo della coppia sono costituire dalla conoscenza dei reciproci mondi. Come si può piacersi, innamorarsi e poi amarsi se non ci si conosce? Con conoscenza dei reciproci mondi si intende una conoscenza reale e interessata del presente, del passato e dei desideri futuri della persona che abbiamo davanti. Insomma, una conoscenza autentica e profonda dell’altro che lo veda nei suoi pregi, difetti, ferite passate e ambizioni future. A tal proposito, Gottman parla di costruzione di mappe dell’amore, ossia la comprensione cognitiva ed emotiva del mondo psicologico interno del proprio partner: dei suoi interessi, delle sue motivazioni, dei suoi gusti e preferenze, dalle cose più banali a quelle più profonde. Ma attenzione, questo aspetto di conoscenza reciproca non deve terminare, bensì deve essere perpetuo e in continuo aggiornamento man mano che la vita dell’altro cambia.
Una volta costruite le fondamenta e le mura, possiamo rivolgere uno sguardo verso le altre componenti fondamentali della casa della relazione solida che, non di meno, sono fondamentali per sorreggere la baracca.
Il Piano Terra: la tenerezza
Partendo dal piano terra, cruciale per l’esistenza dei piani superiori, troviamo la condivisione di tenerezza e ammirazione. Una volta conosciuto il nostro partner, se ciò che è non ci piace, oppure ha dei difetti per noi inaccettabili o non possiede delle caratteristiche che per noi sono essenziali, ovviamente non abbiamo i presupposti per continuare la relazione. Se, diversamente, ciò che vediamo ci piace, non è sufficiente pensarlo o sentirlo, ma è vitale per la coppia sviluppare la capacità di manifestarselo reciprocamente attraverso gesti, parole d’affetto e approvazione. Certo, ogni persona ha un modo diverso di manifestare i propri sentimenti, quindi il compito non è così semplice. È necessario imparare a conoscere il linguaggio dell’amore del partner, il modo preferenziale che ha di dimostrare amore: potrebbe prediligere le parole, come potrebbe prediligere i gesti concreti, o entrambe le cose. Non è detto che il modo naturale di amare del nostro partner collimi necessariamente con il modo in cui noi ci aspettiamo di venir amati. Il compito della coppia, a questo punto, è comprendere e imparare ad apprezzare il modo d’amare dell’altro riconoscendoglielo e, non di meno, negoziare nuovi modi condivisi di esprimersi all’altro che possano soddisfare entrambi.
Il Primo Piano: avvicinarsi anziché allontanarsi
Immaginando di salire ulteriormente le scale, arrivando così al primo piano, ci troviamo di fronte ad un concetto molto importante: “volgersi l’uno verso l’altro”, avvicinarsi anziché allontanarsi. A volte si pensa che una coppia debba naturalmente sentire una forza attrattiva che tiene unite le due persone che la compongono. In realtà, non è necessariamente così e, indovinate? Anche per questo ci vuole impegno. Impegno nel rimanere vicini e connessi. Questo piano risulta particolarmente intrigante soprattutto quando ci si trova in una situazione di crisi, o di disallineamento reciproco. A volte, nel tentativo di far rispettare un nostro bisogno legittimo, ci dimentichiamo che chi abbiamo davanti potrebbe avere un bisogno antagonista che gli impedisce di soddisfare il nostro. Ecco, anziché concepirsi come rivali, antagonisti in quanto portatori di bisogni diversi che da entrambi i lati si ha la pretesa vengano soddisfatti, è necessaria comprensione, cooperazione e, spesso, una negoziazione per arrivare ad un punto di comune soddisfazione. Di certo, per far sì che questo piano funzioni, una visione bianco e nero delle cose è la peggior nemica: è necessario trovare soluzioni innovative e fuori dagli schemi, essere creativi, affinché il compromesso generi una prospettiva soddisfacente, trovando così l’accordo di entrambe le parti.
Il Secondo Piano: la prospettiva positiva
Il secondo piano e il terzo sono tra loro connessi. Il secondo piano viene definito “prospettiva positiva”, ossia la capacità di mantenere un pensiero positivo e funzionale anche in condizioni apparentemente negative. Criticare il partner, allontanarlo, assumere una prospettiva catastrofizzante rispetto al problema o, più in generale, rispetto alla relazione nella sua totalità, non sono le benvenute su questo piano. Sono di casa, invece, la cooperazione, la comprensione e l’ascolto empatico e soprattutto l’accettazione degli errori occasionali del partner. Per poter accettare l’errore dell’altro, è necessario riuscire a vedere anche quante cose giuste l’altro fa per noi. E per riuscire a vedere ciò che di buono c’è nell’altro, anche in momenti di conflitto, è necessario saper regolare le proprie emozioni che, spesso, offuscano la nostra razionalità e ci fanno concepire l’altro in modo distorto. Ed ecco così, che arriviamo al terzo piano della nostra abitazione che, giunti a questo punto, più che una semplice casa, è diventata un condominio.
Il Terzo Piano: la gestione dei conflitti
A questo piano troviamo la gestione dei conflitti. Perché sì, in coppia esistono tanto gli incontri quanto gli scontri nella stessa misura. Se non sappiamo però gestirli, ogni scontro si trasforma in un campo di battaglia a cui prendiamo parte senza armatura e in cui entrambe le parti, inevitabilmente, escono perdenti. Per poter condurre un conflitto in modo sano e funzionale ci vuole pratica, molta pratica. È necessario lavorare su tutti gli aspetti della propria comunicazione: verbale, non verbale, para-verbale. È necessario imparare a vedersi da fuori e allenare la nostra teoria della mente, conoscere il vissuto del partner per conoscere, in particolare, cosa può ferirlo non per usare tali armi contro di lui, bensì per evitare di lanciare frecce troppo affilate che potrebbero ferire a fondo la persona che amiamo. Dobbiamo imparare ad essere empatici e a decentrarci dalla nostra prospettiva soggettiva, immaginando come potrebbe sentirsi il nostro partner, oltre che sentire ciò che proviamo noi. Questo perché le nostre emozioni contano tanto quanto quelle di chi abbiamo davanti. Per metterci nella posizione di far ciò, dobbiamo sviluppare delle capacità di auto-rilassamento per abbassare il livello di attivazione generato dal conflitto, permettendoci di comunicare in modo calmo e rispettoso. Dobbiamo saper disinnescare una lite, imparare a lasciare che l’altro si avvicini e dobbiamo allenarci tanto all’aiuto reciproco quanto alla riparazione a seguito del conflitto che ci consente di ricostruire un ponte con l’altro.
Il Quarto Piano: condivisione di un progetto comune
Proseguendo, troviamo il livello che consiste nella realizzazione dei propri sogni di vita. Come abbiamo detto, la coppia è composta da due individui diversi che possono avere desideri anche diversi per il proprio futuro. L’impegno ci vuole anche qui, ma con riserva: se l’idea di futuro delle parti coinvolte è inconciliabile, sarà molto difficile creare un progetto che possa soddisfare entrambi. Se così non è, però, è necessario sostenersi nel raggiungimento dei propri obiettivi, comprendendo anche, eventualmente, come farlo senza perdersi, costruendo un progetto condiviso che includa tanto i progetti dell’uno che dell’altro. È fondamentale costruire un progetto di vita che veda realizzati i desideri di entrambi rimanendo uniti; ed è necessario aggiornare tale progetto ogni qual volta se ne senta il bisogno.
Il Tetto: la creazione di significati condivisi
Arriviamo ora al tetto, ossia all’ultimo livello di questa imponente casa: la creazione di significati condivisi. Questo livello si basa sul presupposto che ognuno di noi dà significato alla vita, agli eventi e alle cose che ci succedono, in modo diverso. Bene, è necessario creare un sistema di significato che sia compreso e condiviso da entrambi, in modo da procedere nel percorso della vita assieme, vicini ma mai sovrapposti.
Bibliografia e Sitografia
“Il metodo Gottman per una terapia di coppia efficace”, Psiconet
Cos’è il metodo gottman”, Dott.ssa Lorenza Piva
Dott.ssa Alice Tentor
Laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche
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