Le persone possono cambiare?
La forza centripeta dello status quo
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Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior. (De André, 1967).
Vi sarete sicuramente chiesti – almeno una volta nella vita – se le persone possano cambiare. Oppure, vi sarete trovati in prima persona a voler applicare un cambiamento nella vostra vita, magari senza successo. Seppur apparentemente semplice risulti la questione per molti di voi – che sia questa declinata in un netto “sì” o “no” – cercare di comprendere i motivi che soggiacciono qualsiasi sia la risposta, non è altrettanto semplice. Nel tentativo di rendere la nebulosità di questo tema meno fitta, James Prochaska e Carlo DiClemente, a partire dagli anni ‘80, hanno iniziato a sviluppare il Modello TransTeorico del cambiamento che, non cerca solo di rispondere e di chiarire alcuni dei quesiti maggiormente d’interesse per molti, ma propone intrinsecamente delle soluzioni affinché il cambiamento sia realizzabile. Cerchiamo, dunque, di rispondere ad alcune domande relative al cambiamento facendo appello a tale modello.
Quando le persone non possono cambiare?
Le persone non possono cambiare quando non possono controllare l’oggetto o il soggetto del cambiamento.
A chi non è successo di desiderare di cambiare i propri genitori, il proprio partner, il proprio status sociale e così via? Sicuramente a molti e, per questo, saprete bene dalla vostra esperienza personale che sono tutti tentativi destinati al fallimento, a meno che la persona che desiderate diversa non decida di cambiare per sé stessa.
Le persone non possono cambiare quando non sono consapevoli di dover cambiare o non sono consapevoli di possedere delle caratteristiche problematiche o disfunzionali.
Tra voi lettori sicuramente c’è qualche fumatore di sigarette, ed è a voi che mi rivolgo: vi siete mai rivolti a voi stessi dicendovi apertamente di essere dipendenti dalla nicotina? Quante volte avete pronunciato, o sentito pronunciare a qualche fumatore qualcosa del tipo: “potrei smettere se solo lo volessi, ma a me fumare piace”? Oppure, quante volte avete definito, o sentito definire, l’atto di fumare “una cattiva abitudine”? Peccato che fumare sia una vera e propria dipendenza, la cosa più lontana da un’abitudine che ci sia. Una abitudine presuppone una scelta, una dipendenza presuppone una costrizione. Le persone fumano perché (1) la dipendenza li vincola e perché (2) non sanno di essere vincolati e, come conseguenza, non possono decidere di liberarsi.
Le persone non possono cambiare quando pensano di non poterlo fare.
Se pensate di non possedere la risorse, di non avere la forza interiore e di essere in balia della vostra predisposizione biologica, di non essere in controllo di voi stessi e dei vostri comportamenti; o viceversa quando credete che la responsabilità dei vostri comportamenti sia sotto il controllo di forze esterne come la famiglia, la società, il destino o i segni zodiacali, allora non vi rimane altro che arrendervi a come siete oggi.
Mi preme specificare che la predisposizione genetica pone un freno alla nostra possibilità di cambiare: esistono aspetti innati, predisposti geneticamente, sui quali non possiamo di certo agire. Una persona estremamente introversa, ragionevolmente, non potrà – attraverso uno sforzo volitivo – trasformarsi in una persona estremamente estroversa. Sembra più probabile pensare che potrà eventualmente moderare la sua introversione, là dove questa risulti particolarmente disadattiva, ad esempio.
Quando le persone non vogliono cambiare?
Le persone possono non voler cambiare quando percepiscono lo status quo come più vantaggioso che svantaggioso.
Il cambiamento è faticoso e richiede uno sforzo attivo e spesso, noi esseri umani, da bravi ottimizzatori quali siamo, ci concentriamo sui vantaggi dello status quo piuttosto che sui vantaggi che il cambiamento potrebbe apportare. Perciò, se lo scopo è quello di favorire il cambiamento, dovreste chiedervi: cosa posso ottenere cambiando e cosa perdo rimanendo nello status quo?
Le persone possono anche non voler cambiare se i benefici del cambiamento sono equiparabili o inferiori al costo del metterlo in atto.
Per semplificare questo passaggio, mi armerò di un esempio: l’aerofobia, la fobia di prendere l’aereo. Dipendentemente dalle circostanze di vita del soggetto, i benefici dell’affrontare la fobia possono essere più o meno alti. La fobia di per sé, essendo una paura molto intensa, rende l’avvicinamento all’oggetto fobico un grandissimo costo per chi ne soffre. Quindi, la propensione della persona all’esposizione e al superamento della fobia dipenderà molto dalla quantità di beneficio che la persona ne potrà trarre: se la persona in questione ama viaggiare sarà molto più motivata ad affrontare l’aerofobia, a differenza di una persona a cui viaggiare non interessa o non piace.
Le persone sono meno propense al cambiamento quando non possono godere di benefici e ricompense a breve termine.
Provate ad immaginare di starvene seduti sul vostro comodo divano quando, ad un certo punto, sentite l’irrefrenabile desiderio di guardare quel bellissimo film che vi è stato consigliato. In tempi non remoti avreste dovuto attendere il giorno successivo per noleggiare il DVD presso la videoteca. Frustrante vero? È noto che più si posticipa la ricompensa, più la persona dovrà auto-disciplinarsi e dovrà padroneggiare delle strategie di auto-motivazione per mantenere lo sforzo in attesa del beneficio. Non tutti possiedono queste strategie e non tutti le possiedono sviluppate, soprattutto se pensiamo che non abbiamo occasioni per impararle, in un’epoca storica in cui possiamo avere tutto a “portata di un click”.
Le persone sono meno propense al cambiamento quando percepiscono che altre persone vicine cercano coercitivamente di indirizzarli e fanno pressione affinché cambino.
Deci e Ryan, nella loro nota teoria dell’autodeterminazione (1985), sostengono a tal proposito che il bisogno di autonomia è tra i bisogni fondamentali nell’essere umano. Per questo motivo ognuno di noi deve sentirsi padrone delle proprie azioni, libero di esprimere le proprie volontà e di agirle nel mondo, autodeterminandosi, senza che qualcuno ci metta i bastoni fra le ruote.
Come capire se qualcosa va cambiato?
Il metodo più efficace per attuare un cambiamento è affidarsi ad un professionista che ci guidi. Sfortunatamente, troppe persone pensano che andando in terapia potranno godere di benefici fin da subito, come se una seduta di psicoterapia fosse comparabile ad una visita medica. La verità è però ben diversa: per cambiare alcuni aspetti è necessario dedicarsi molto di più di così e i tempi sono molto più lunghi di quanto ci si possa immaginare. Questo aspetto, in particolare, ha molto a che vedere con i bias culturali ancora esistenti nei confronti della figura dello psicoterapeuta e del lavoro che si svolge durante la terapia.
Poi, dipendentemente dall’approccio utilizzato dal terapeuta, il paziente è incoraggiato a prestare attenzione e a modificare diversi aspetti: se ad approccio comportamentale, gli antecedenti e le conseguenze del proprio comportamento problematico; se ad approccio cognitivo, pensieri e credenze relative al problema; se ad approccio psicoanalitico e psicodinamico, sull’analisi di conflitti intrapersonali che possono causare il problema. Se cinque terapeuti diversi attribuiscono lo stesso problema a cinque problemi diversi non c’è da stupirsi se le persone non sanno che cosa dovrebbero cambiare…
Come faccio, quindi, per cambiare?
Prochaska e DiClemente, oltre ad analizzare le possibili cause della resistenza al cambiamento, descrivono anche un processo a cinque fasi che porta alla decisione di cambiare.
- La fase di pre-contemplazione è tipica delle persone che non sanno cosa devono cambiare.
- La fase di contemplazione indica un progresso, in cui la persona riconosce l’oggetto di cambiamento e inizia a pensare di volerlo realizzare.
- La fase di preparazione, momento in cui si inizia a pianificare concretamente il cambiamento e si inizia a modificare qualcosa.
- La fase dell’azione, nella quale si mette in atto quanto pianificato.
- La fase di mantenimento è poi importante, in quanto può determinare il successo del cambiamento o la ricaduta nelle vecchie abitudini.
Se vuoi velocizzare il processo, rivolgiti ad uno psicoterapeuta o ad un professionista che possa guidarti, non solo a cambiare, ma anche a mantenere ciò che hai faticosamente guadagnato.
Cambiare è molto dispendioso, ma possibile!
I motivi che possono portare una persona a resistere al cambiamento sono diversi e numerosi. All’opposto, possiamo anche identificare quando le persone invece questo cambiamento possono realizzarlo. Le persone possono cambiare aspetti di sé o aspetti del loro contesto su cui hanno il controllo, che dipendono da loro, ma per cambiare è necessario possedere un certo grado di consapevolezza che porti la persona a mettersi in discussione. Per cambiare è necessario credere di poterlo fare, è necessario possedere un senso di autoefficacia che sorregga l’azione. Per cambiare bisogna volerlo ed è necessario avere un obiettivo, conoscere la propria direzione: quanto più la si desidera, tanto più lo sforzo che richiederà sarà ricompensato. Non c’è da biasimare chi non crede che le persone possano cambiare: sicuramente gli ostacoli da superare non sono pochi. Il bisogno di sicurezza, di prevedibilità e di certezza forniscono allo status quo una forza centripeta non indifferente, alla quale bisogna opporre un grandissimo sforzo volitivo. Spesso, ad essere anticamera del cambiamento è la crisi, e si inizia ad andare davvero avanti quando non si può più tornare indietro.
Bibliografia e Sitografia
James O. Prochaska, Janis M. Prochaska, “Why Don’t Continents Move? Why Don’t People Change?“, “Journal of Psychotherapy Integration”, Vol. 9, No. 1, 1999.
Scarinci A., Lorenzini R., Ferri M., Borghetti S., “Pensiero consapevole e pensiero automatico – La scelta del cambiamento in psicoterapia“, “State of Mind”, 2020.
Avellis H. C., Naldi F., “Non si può ottenere sempre ciò che si vuole: il ruolo degli obiettivi nel cambiamento della personalità“, “State of Mind”, 2022.
Esposito S., “Motivazione e Cambiamento: il lavoro col Modello TransTeorico di Prochaska e DiClemente“, “State of Mind”, 2017.
Dott.ssa Alice Tentor
Laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche
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