
Le potenzialità della musica
La via dell’ascolto
Nota dell’autore: I termini tecnici segnati con un asterisco* sono spiegati nel glossario.
Soundscape
Negli anni ’80 del secolo scorso l’autore Canadese Murray Schafer intraprese una ricerca a più livelli sui suoni ambientali che denominò “soundscape”, (Paesaggio Sonoro). Vediamo la sua definizione:
il paesaggio sonoro è l’ambiente acustico che circonda l’ascoltatore. Quest’ultimo è al centro del paesaggio. È un contesto che avvolge e circonda. In generale consiste di numerosi suoni, provenienti da varie direzioni e dotati di differenti caratteristiche (Schafer 1977, p. 33).
Schafer distinse un paesaggio sonoro hi-fi, in cui il basso livello del rumore ambientale permette di udire con chiarezza i singoli suoni, al contrario di un paesaggio sonoro lo-fi dove l’intensità e l’accumulo di più suoni non permette una loro percezione chiara e distinta.
Egli sostiene che ogni area geografica è caratterizzata da materiali naturali e non che determinano le caratteristiche timbriche* di quel luogo.
Ma quando si entra nella dimensione metropolitana (a predominanza sonora lo-fi) quelle caratteristiche timbriche si trasformano in rumore che ci desincronizza da noi stessi. Inoltre l’abitudine al rumore non ci fa accorgere di quanto nocivo esso sia, anzi si arriva al paradosso che non se ne può più fare a meno perché dove non c’é rumore si presenta lo spettro del silenzio.
Schafer sosteneva che si può verificare un inquinamento acustico anche quando non si ascolta con attenzione perciò l’estetica del “paesaggio sonoro” si configura come attenzione cosciente per tutti i suoni ambientali.
Questa attenzione rivolta all’esterno necessariamente prefigura sia un’attenzione verso l’interno di noi stessi che una presa di coscienza sulle modalità d’ascolto.
Il lavoro di Schafer, che ha come prodromi il futurista Luigi Rossolo* ed il concretista* Pierre Schaeffer, per la prima volta pone all’attenzione del grande pubblico la problematica dei suoni/rumori ambientali anche se non arriva a teorizzare sistematicamente la loro funzione manipolatoria, aspetto predominante invece in questo lavoro.
Musica e ideologia
I rapporti di produzione rappresentano le condizioni economiche e ideologiche su cui si innesta ogni singola nota musicale […]. L’indagine su questo tema dovrebbe rappresentare in certa misura uno fra i compiti centrali della sociologia musicale, poiché anche la mentalità musicale e il gusto dell’ascoltatore sono un aspetto dei rapporti di produzione (Adorno 1962, pag. 267)
In base a questo ragionamento Adorno si chiese
[…] in quale misura le metamorfosi del gusto del pubblico siano effettivamente determinate da quelle della produzione, o se invece le une e le altre non dipendano da un terzo fattore, convenzionalmente denominato metamorfosi dello spirito?” (Ibidem, pag. 267).
La filosofia di Adorno ci introduce alle problematiche dell’ascolto musicale che, in base a quanto appena citato, non si riferisce unicamente ad un aspetto meramente soggettivo, ma coinvolge l’intera società di appartenenza.
Adorno si chiede infatti se le diverse tipologie di ascoltatori* possano essere messe in relazione con un’adesione più o meno conscia ad una cultura e ad una ideologia livellata (Ibidem).
Quando ci apprestiamo all’ascolto di una musica, sia essa dal vivo o con mezzi di riproduzione, non ci poniamo molte domande: abbiamo voglia di ascoltare quel determinato brano e per noi lì finisce la questione.
In realtà la decisione di ascoltare una determinata musica è sempre una scelta condizionata da molti fattori come, il ceto sociale, l’ideologia di riferimento, il mercato musicale, il gruppo dei pari, le tendenze indotte e così via.
Ma anche se fossimo in grado di definire questi aspetti rimarrebbe da affrontare un’altra questione, forse la più importante, cioè la modalità dell’ascolto con cui interagiamo con l’elemento musicale.
Rispetto al tema dell’ascolto Adorno afferma che,
la standardizzazione della musica leggera, in forza del suo crudo semplicismo […] mira a reazioni standardizzate […]. La musica leggera, che proclama come sua unica norma le necessità di distendere gli ascoltatori dopo il faticoso processo lavorativo, non esige, e quasi neppure tollera spontaneità e concentrazione dell’ascolto” (Ibidem, pag. 37).
L’estraniazione dal Sé costituisce il leit motiv di tutto l’articolo, ma una rieducazione all’ascolto rappresenta l’antidoto principe per evitare questa deriva psicoemotiva.
Surditas
È interessante ricordare come nell’antica Roma il termine “surditas” (sordità) non si limitava a denotare una persona sorda ma anche un individuo scollegato dalla realtà esterna, come se fosse “stonato” rispetto al suo ambiente, ed é da qui che deriva il termine “assurdo” (Levy 2023).
Ecco quindi che il non saper ascoltare (sia l’esterno che l’interno) pone l’individuo in uno stato di alienazione da se stesso.
In base alla citazione di Adorno del paragrafo precedente si possono configurare due poli contrapposti dove da un lato si pone una modalità di ascolto distratto e superficiale e all’altro un ascolto profondo ed attento.
Al primo polo può essere associata l’’immagine di quelle persone incapaci di tollerare il silenzio o la solitudine che, ritrovandosi da sole, accendono radio, televisione o altri apparecchi con l’unico intento di creare una parvenza di “collettività virtuale”.
All’altro polo l’ascoltatore ideale contemporaneamente attento allo svolgersi della musica in tutti i suoi piani orizzontali e verticali*, presente a se stesso ed in uno stato di rilassamento che lo proietta in uno spazio “sacro” silenzioso interno dove possono insinuarsi le vibrazioni delle onde sonore*. Possiamo ipotizzare una relazione inversa dove alla mancanza di un ascolto profondo aumenta il rumore di fondo funzionale all’annullamento dello spazio silenzioso interno.
Da quanto scritto fin qui risulta evidente che la pratica dell’ascolto non si limita alla sfera musicale ma anche, e soprattutto, alla sfera soggettiva e delle relazioni umane. Come evidenzia il Maestro Daniel Levy però, la pratica dell’ascolto non viene insegnata in nessuno dei gradi scolastici né tantomeno nelle università (Ibidem). Il mercato però è pieno di masters, corsi sulla comunicazione efficace, corsi di PNL o di coaching che si focalizzano invece sul come farsi ascoltare spostando il focus all’esterno tralasciando la propria interiorità.
La qualità dell’ascolto
Nel precedente articolo si era operata una distinzione fra musica semplice e musica complessa (Papadopoulos 2023). Quella distinzione, come già lì preannunciato, viene ora a perdere di consistenza perché la qualità dell’ascolto appare come il vero fattore discriminante, altrimenti come si potrebbe spiegare la bellezza di certa musica modale* su cui si basano opere di qualità elevatissima sia nel campo della musica sacra, della musica antica e del jazz?
Per non parlare dell’emozione sublime che produce l’ascolto del suono di un sitar* dove non si fa altro che suonare ripetutamente quelle sei o sette note di un Raga*.
La musica classica indiana prevede infatti la riproduzione sonora solo delle note appartenenti al Raga scelto per il brano e generalmente non sono previste improvvisazioni o divagazioni di sorta.
Se si entra in uno stato di profonda “presenza vuota”, senza cercare di capire la musica con la mente, il suono di questo strumento, ricco di armonici*, è in grado di evocare uno stato di quasi estasi.
Come è possibile che una musica apparentemente semplice (per riprendere la definizione data nel precedente articolo), possa essere in grado di suscitare tali effetti? A mio avviso la risposta si trova principalmente in due fattori: (1) la qualità dell’ascolto, di cui abbiamo appena parlato e (2) la ricchezza degli armonici prodotti dallo strumento.
Gli effetti degli armonici
Ogni nota contiene in sé dei suoni armonici e sono proprio questi che la rendono interessante. Non a caso gli strumenti musicali più amati sono proprio quelli con una maggiore ricchezza di armonici come il pianoforte, la chitarra, lo stesso sitar, ecc.
Gli strumenti elettronici, non avendo casse di risonanze, risolvono questa mancanza mediante effetti speciali elettronici come i riverberi*, i Delay* e molti altri.
Anche la voce, che rappresenta lo strumento primordiale, possiede i suoi risonatori naturali all’interno del corpo ed i cantanti di professione sono in grado di esaltare la loro funzione al massimo grado.
Quando un suono raggiunge un ascoltatore non viene percepito unicamente dall’apparato uditivo ma da tutto il corpo in maniera sinestetica*.
Più un suono è ricco di armonici, più si inserisce all’interno del corpo e ciò determina una gratificazione sensoriale ed emotiva.
D’altronde, un ascolto in totale presenza, può far raggiungere livelli elevati di gratificazione anche con povertà di risonanze armoniche o linee melodiche estremamente semplici perché, la profonda presenza durante l’ascolto ci spinge al di là di una semplice percezione acustica facendoci sfiorare i margini del sottile (Levy 2023).
Nel prossimo ed ultimo articolo de “La doppia faccia della musica” passeremo in rassegna alcuni effetti delle onde sonore sull’essere umano ma prima ne daremo un’anteprima riferendoci ai primi suoni percepibili durante la gravidanza.
Le ricerche prenatali
Durante le prime settimane di gravidanza, non essendosi ancora formato un apparato uditivo vero e proprio, i suoni vengono percepiti mediante vie nervose ancora indifferenziate sotto forma di vibrazioni.
Dalla terza settimana in poi inizia a formarsi l’orecchio e intorno alla trentesima settimana l’apparato uditivo del feto è in grado di percepire i rumori interni del corpo della madre (flusso sanguigno, battito cardiaco, ecc.).
Per questo motivo se la madre parla o meglio, se canta melodie rilassanti, il nascituro, grazie anche al contatto diretto con il fluido amniotico, riesce a percepire suoni che sono in grado rilassarlo o eccitarlo. (Neumann, 1991 in Pecoraro 2022).
Per questo motivo la musica ed il suono in generale, rappresenta il canale comunicativo per eccellenza in grado di veicolare importanti significati psicoaffettivi fra madre e nascituro (Mualem & Klein, 2013 in Pecoraro 2022). Infatti dei ricercatori dell’università di Bologna hanno notato che i bambini che ascoltavano ripetutamente una canzone mentre erano nel grembo materno, sembravano calmarsi quando la stessa canzone veniva ascolta dopo la loro nascita (Ferrari).
Inoltre sebbene non sia ancora chiara la relazione esistente tra musica, sistema nervoso e sistema immunitario, diverse ricerche hanno evidenziato come una regolare esposizione a una moltitudine di stili musicali migliori la risposta immunitaria verso agenti batterici e virali (Fancourt et al., 2014 in Pecoraro 2022).
Conclusioni
Praticamente per diversi mesi il bambino effettua un “apprendistato” costante sulla pratica dell’ascolto ma, con l’insorgenza della produzione del linguaggio, l’aumento delle ingiunzioni genitoriali, l’influenza dell’educazione e della socialità, questa pratica spontanea viene relegata in secondo piano.
Di conseguenza si fa sempre meno affidamento sul proprio sentire per affidarsi sempre di più al potere della mente e degli stimoli esterni che in pratica sono la stessa cosa (Papadopoulos 2014). Abbiamo visto come questo depotenziamento personale sia aggravato sia dalla modalità dell’ascolto che dalla musica proposta a livello di massa.
Questi articoli hanno cercato di offrire una breve panoramica su alcuni temi importanti come il paesaggio sonoro, le tipologia degli ascoltatori di Adorno, l’ascolto profondo, il baby talking anche se per ragioni di spazio non si è potuto affrontarli nella dovuta maniera (per approfondimenti consultare la bibliografia in calce).
Nel prossimo ed ultimo articolo sull’argomento si parlerà degli effetti del suono sul corpo umano.
Glossario
- Concretista. La “musica concreta”, nata dalle sperimentazioni di Pierre Schaeffer, si basava su registrazioni di situazioni ambientali (rumore del treno, suoni del mare, ecc.)
- Delay. È un effetto elettronico dove la coda di un suono viene ripetuto per un determinato numero di volte, quasi come l’eco.
- Luigi Russolo. Esponente del futurismo che ideò l’intonarumori anticipando il concretismo.
- Musica modale. È un genere trasversale di musica basato su scale modali che si formano
mantenendo gli stessi intervalli delle scale maggiori delle sette note. - Onde sonore. Il suono ha origine dall’eccitazione di un corpo più o meno elastico e si propaga dalla fonte verso l’esterno in ogni direzione esattamente come quando, gettando un sasso nell’acqua.
- Piani orizzontali e verticali. In musica per orizzontalità ci si riferisce alla line melodiche mentre per verticalità si intende la sovrapposizione di più suoni contemporaneamente.
- Raga. Scale musicali indiane.
- Riverberi. È un effetto elettronico che simula le rifrazioni acustiche di ambienti sonori reali.
- Sinestesia. È la capacità del corpo umano di percepire determinati stimoli tramite organi non adibiti a quella funzione (assaporare con gli occhi).
- Timbriche. Il “timbro” è la caratteristica acustica di una determinata sorgente sonora. Mediante il timbro si distinguono i diversi strumenti così come dal timbro della voce riconosciamo le persone, ecc. Tipologie di ascoltatori. Adorno, nel suo testo “Introduzione alla sociologia della musica”, individua sei categorie di ascoltatori: (1) ascoltatore esperto, (2) Buon ascoltatore, (3) Consumatore di cultura, (4) Ascoltatore emotivo, (5) Ascoltatore risentito, (6) Ascoltatore per passatempo.
Bibliografia
Adorno T.W. (1962), Introduzione alla sociologia delle musica, Einaudi, Torino 1967
Ferrari F., Ripartire dall’identità personale.
Levy D., (Comunicazione personale 2023), https://www.academyofeuphony.com/it
Papadopoulos I. La doppia faccia della musica (2023)
Papadopoulos I., La teoria generale dei pregiudizi di base, Armando Editore, Roma 2014.
Pecoraro V., Effetti benefici nella diade madre – bambino
Schafer R.M. (1977), Il paesaggio sonoro, Edizioni Ricordi, Milano 1985.
Dott. Ivo Papadopoulos
Psicologo Clinico | Sociologo
Bio | Articoli | Intervista Scrittori Pensanti | AIIP Novembre 2023
……………………………………………………………..