Non ci resta che vivere
Un approccio positivo alla filosofia del “Memento mori”
Fermi ad un passaggio a livello in un imprecisato paese delle campagne toscane, il bidello Mario e il maestro di scuola elementare Saverio attendono l’arrivo del treno.
Passano velocemente da discorsi frivoli come lo strano taglio di capelli di Mario, fino ad affrontare la preoccupazione di Saverio per la sorella Gabriellina che sta vivendo il classico periodo di depressione post-relazione amorosa finita male. I due, da buoni amici quali sono, si confidano.
La prolungata attesa e l’argomento Gabriellina infiamma gli animi dei due. Il passaggio a livello continua a non aprirsi, quindi Mario consiglia a Saverio di prendere una stradina secondaria poco distante che, forse, potrebbe portarli a superare il passaggio a livello.
Saverio asseconda la richiesta di Mario e si avviano per la stradina. Un improvviso temporale estivo ed un guasto alla macchina vede i due amici costretti a passare la notte in una strana locanda. Dopo alcuni minuti di disagio e di risate, i due si addormentano.
La scena si riapre al mattino con Mario e Saverio che si risvegliamo al rumore di un uomo che, alzatosi da un letto poco distante dal loro, inizia a fare i propri bisogni mattutini alla finestra. Tra il disorientamento e le risate, l’uomo alla finestra viene improvvisamente colpito a morte da una lancia proveniente dalla strada sottostante.
Le cose si mettono male, qualcosa non sta andando per il verso giusto. Mario e Saverio impauriti corrono verso l’uscita della locanda, ma si ritrovano circondati da una serie di personaggi strani con abiti piuttosto medioevali.
– Sopra c’è un morto! urla Saverio ad uno dei presenti.
– Sì ma per scherzo… sottolinea Mario impaurito.
– Ma dove siamo? chiede Saverio.
– A Frittole! risponde uno dei presenti.
– Frittole? Morti, cavalli spade, ma in che anni siamo? chiede Saverio con voce tremolante.
– Nel 14oo, risponde l’uomo.
– Quasi 1500, precisa un altro.
Impauriti da queste affermazioni, i due lasciano la locanda correndo verso la macchina. Da questo momento in poi Mario e Saverio diventeranno i protagonisti assoluti di un viaggio nel tempo che cambierà il corso della loro vita.
Un viaggio fatto di gag esilaranti e incontri improbabili con personaggi della storia tra cui un Leonardo Da Vinci non proprio attendibile, a cui proveranno anche ad insegnare qualcosa di veramente inusuale: il gioco della Scopa.
Non ci resta che piangere [1984]
Era il 21 Dicembre del 1984 quando per la prima volta veniva proiettato nelle sale cinematografiche italiane “Non ci resta che piangere“, film scritto, diretto e interpretato dal Maestro Roberto Benigni e dal compianto Massimo Troisi scomparso prematuramente 10 anni dopo all’età di soli 41 anni, il 4 Giugno del 1994.
All’uscita di questo capolavoro, oggi un cult del cinema italiano, avevo solo 9 anni. Oggi, 37 anni dopo, ricordo ancora con grande piacere e anche con un pizzico di nostalgia le risate e la gioia di quelle due ore in quel cinema, ormai chiuso, nel pieno centro di Napoli, in compagnia di mio papà Vittorio (1949 – 1998) e mia sorella Alessandra.
La grande passione per il cinema e la comicità di Massimo Troisi, il suo modo mai banale e mai stereotipato di vestire con pudore ed eleganza la sua napoletanità di cui anche io vado fiero, ha fatto sì che ancora oggi la sua cinematografia faccia parte della mia quotidianità.
Ho visto “Non ci resta che piangere” tante di quelle volte da essere in grado di anticipare ogni battuta del film, praticamente dal primo all’ultimo minuto, una stranezza o abilità (comunque la si voglia considerare) che, chiaramente, mi impedisce di guardare questo capolavoro in compagnia di altre persone :-)
Comunque, per i più giovani che magari non hanno idea di cosa io stia parlando, consiglio vivamente la visione di questo film e magari di comprarlo e conservarlo gelosamente come si fa con gli oggetti da tramandare di padre in figlio come faccio io da anni. Comunque, per quelli più ansiosi di sapere di che cosa parlo, il detto “chi cerca trova” funziona sempre.
Vi consiglio anche di guardare questo divertentissimo speciale sul film.
Non ci resta che ridere (Special su Non ci resta che piangere)
“Memento mori”
Molti di coloro che hanno visto questa pellicola almeno una volta, ricorderanno sicuramente la fantastica scena in cui Mario (Massimo Troisi), mentre scruta da un balcone la vita del 1400, viene impaurito da un predicatore*, che dalla strada gli ricorda qualcosa che tutti noi, invece, vorremmo dimenticare.
– Predicatore: Ricordati…che devi morire!!
– Mario: Come?
– Predicatore: Ricordati che devi morire!!
– Mario: Va bene…
– Predicatore: Ricordati che devi morire!!!
– Mario: Sì, sì… no, mo me lo segno proprio. C’ho una cosa…Non vi preoccupate.
*Peter Boom (1956-2011)
Qualche giorno fa questa scena geniale mi è tornata in mente mentre leggevo un articolo che parlava del “Memento mori“, una frase latina associata all’antica Roma e alla corrente filosofica dello Stoicismo che mi ha portato a decidere di scrivere questo articolo per La Mente Pensante Magazine.
Senza scendere in particolari troppo dettagliati e noiosi, in poche parole, il Memento mori è una frase di origine latina che letteralmente significa, appunto, “Ricordati che devi morire“. Questa frase dal sapore di condanna senza possibilità di scelta, trae la sua origine nell’antica Roma, quando i vincitori di battaglie, rientrando trionfanti nelle città di appartenenza, raccoglievano dalle folle gli onori e le glorie della vittoria.
Si pensava (come poi spesso veramente accade anche oggi) che tutto questo successo potesse far sì che la superbia e le manie di grandezza prendessero il sopravvento nella vita e nelle personalità di questi personaggi. Quindi, per evitare che ciò accadesse, qualcuno tra la folla pronunciava “Respice post te. Hominem te memento” che letteralmente significa “Guarda dietro a te. Ricordati che sei un uomo“.
Da qui deriva anche il “Memento mori“, frase poi divenuta popolare nella pittura cristiana e che ancora oggi viene utilizzata come monito per ricordare a coloro che magari si vantano dei propri successi, della loro (e nostra) natura di essere umani mortali.
Un mistero ancora irrisolto
Come i tanti misteri della vita, anche e soprattutto la morte rientra nell’elenco delle cose inspiegabili.
A meno che non si abbia una spiccata fede, per lo più religiosa, che in qualche modo può dare una spiegazione sul perché della nostra mortalità, morire rimane ancora qualcosa che dobbiamo subire passivamente senza che nessuno abbia saputo spiegare il perché.
Certo, esistono tante ipotesi, studi religiosi, studi medici e scientifici, ci sono anche tante assurde ipotesi e speculazioni, ma il credere o meno a una o più di queste ipotesi, alla fine, è semplicemente una questione di scelte personali e soggettive.
La verità pura, semplice e insindacabile è che, indipendentemente dalle motivazioni per cui si muore, e indipendentemente da che cosa succede post-mortem, ammesso che ci sia un dopo, il tempo a disposizione su questo pianeta è limitato.
Che ci piaccia o no, 70/80 ma anche 90 anni per i più “fortunati” è il tempo che mediamente abbiamo a disposizione su questa terra. Da qui è chiara la nostra impossibilità di decidere per quanto tempo vivere, ma è sempre in nostro potere decidere come vivere.
Tutti sappiamo che il nostro cervello, in quanto esseri umani, ha bisogno di certezze, stabilità e controllo. Quindi tutto quello che apparentemente è fuori dalla nostra diretta gestione viene vissuto come una minaccia alla nostra sopravvivenza. Va da sé che il fatto di non sapere quando, come e dove avverrà la nostra fine fa sì che l’argomento “morte” venga spesso demonizzato con paura o affrontato con superstizione.
Il punto di questo articolo è che pensare alla morte potrebbe avvenire con un approccio differente. Approccio che per assurdo potrebbe anche contribuire al miglioramento della qualità della nostra vita terrena. Sembra un paradosso, ma se mi segui ancora per un po’, tutto potrebbe avere senso anche per te! Almeno lo spero.
La scelta
Riflettiamo un attimo nuovamente sul Memento mori, il “Ricordati che devi morire” dell’antica Roma. Senza dubbio sentirsi dire una frase del genere potrebbe non essere piacevole.
Ma se invece di interpretare quest’affermazione come una condanna a cui il genere umano è destinato a sottoporsi, la considerassimo più come una spinta a vivere le nostre giornate e la nostra vita con un maggiore senso di consapevolezza, di gioia e gratitudine per questo dono che è la vita, nonostante le difficoltà che affrontiamo? Questo è il punto chiave di questo articolo.
Grazie a Dio, poche persone vivono con il costante pensiero che un giorno debbano morire. Se però ci soffermiamo un attimo, tutti sappiamo che la nostra ora potrebbe arrivare in qualunque momento (siete autorizzati a fare tutti i gesti e gli scongiuri del caso), per cui abbiamo il diritto e il dovere di vivere al meglio la nostra vita quotidiana, il nostro presente. Questo dovrebbe essere il nostro unico obiettivo quotidiano.
Ho spesso scritto e parlato di passato, presente e futuro. Lavoro su me stesso da anni e aiuto tante persone a capire questi tre concetti fondamentali del “tempo” e come essi possano influire spesso negativamente sulla qualità della nostra vita.
Il concetto principale è semplice. Sia sul nostro passato che sul nostro futuro non abbiamo alcun controllo.
L’unica cosa che possiamo controllare, cambiare e vivere al meglio è il nostro presente. Cosa facciamo, cosa pensiamo e cosa diciamo in questo preciso momento è tutto quello che siamo in grado di gestire. Punto.
È per questo che abbiamo tutti il sacrosanto diritto e dovere di spendere quanto più tempo possibile nel nostro presente, abbandonando letteralmente quello che è successo nel nostro passato, impossibile da cambiare, e fregandocene altamente di quello che potrebbe succedere in un futuro comunque impossibile da prevedere.
Ci sono due giorni all’anno in cui non si può fare niente. Uno si chiama ieri e l’altro si chiama domani, perciò, oggi è il giorno giusto per amare, credere, fare e, principalmente, vivere! – Dalai Lama
Imparare ad accettare
Mettendo da parte per un attimo il fattore comico, riflettiamo un attimo sull’avventura dei nostri eroi Mario e Saverio. Se avete visto il film o lo vedrete noterete che all’inizio del film i due protagonisti cercano con tutte le loro forze di combattere la loro nuova strana realtà, cercando in tutti i modi di dare una spiegazione logica ai motivi del loro viaggio nel tempo. Quando però si rendono conto dell’impossibilità di cambiare quella realtà, iniziano ad adattarsi e anche a divertirsi di ciò che gli accade.
In poche parole, anche se tutto è strano, anche se tutto non è come dovrebbe, iniziano a vivere. Iniziano a concentrarsi solo su quello che è la loro realtà e quotidianità e cercano di sfruttarla al meglio!
Magari non ci ritroveremo mai a dover scrivere una lettera a Savonarola, sicuramente non avremo mai la possibilità di spiegare a Leonardo da Vinci cosa sia un treno con la speranza che ci riporti nel presente, ma nella vita ognuno di noi affronta difficoltà e situazioni difficili che spesso non ha il potere di cambiare.
Abbiamo però, sempre e comunque, il potere di controllare il modo in cui decidiamo di accettare, affrontare e vivere queste difficoltà e più in generale, la nostra vita.
Non è quello che ti succede che determina gran parte del tuo futuro. Quello che accade, capita a tutti noi. Ciò che conta è come reagisci a ciò che accade.
– Zig Ziglar
Vivere di più nel presente con tre azioni quotidiane
Ansia, paura e depressione sono le malattie della società moderna. Ognuna di queste difficoltà è spesso associata al modo in cui pensiamo e anticipiamo mentalmente il futuro che più ci spaventa.
Ti invito a fermarti per un attimo e a pensare a ciò che in questo momento ti sta procurando ansia e preoccupazione.
Magari il lavoro, i soldi, il COVID, la famiglia, il tuo stato fisico, la salute, non importa cosa sia. Se ti soffermi un attimo sui tuoi pensieri, noterai che tutto ciò che ti preoccupa è essenzialmente rivolto a qualcosa che potrebbe o meno succedere nel prossimo futuro, e non a qualcosa che ti sta succedendo in questo preciso istante.
Puoi essere certo che se qualcosa stesse accadendo ora, non saresti qui a leggere questo articolo, bensì saresti intento a cercare una soluzione al tuo problema o almeno a combatterlo.
Vivere nel presente, quindi, significa gestire le cose per quelle che sono adesso, in questo preciso istante, senza anticipare inutilmente tragedie che potrebbero sì accadere in futuro, ma che potrebbero anche non accadere mai.
Certo, è più facile a dirsi che a farsi ma, credimi, con un po’ di impegno e pratica tutto è possibile.
Di seguito ti riporto tre abitudini quotidiane che mi aiutano da qualche anno a riportare il focus sul momento presente e a goderne al meglio delle mie possibilità. Queste stesse tre abitudini cerco di insegnarle anche alle tante persone con cui lavoro e ho lavorato nel corso degli anni, e che hanno tratto dei benefici sostanziali nella qualità della loro vita.
Cerca di fare queste tre azioni tutti i giorni fino a che non dovrai pensarci più. Fino al punto in cui diventeranno delle buone abitudini a cui non potrai fare più a meno.
- SCRIVI! – Non ha importanza dove, come, quando e con cosa, ma SCRIVI. Ogni giorni scrivi in un tuo diario, in un file o dove vuoi, tutto quello che ti passa per la mente. Sapendo che nessuno leggerà mai ciò che hai scritto, scrivi senza filtri, senza aver paura di fare errori, di essere giudicato o sembrare strano agli occhi degli altri. Scrivi a te stesso, apri il tuo cuore e la tua anima alla carta, come non hai mai fatto prima.
La carta è più paziente degli uomini – Anne Frank (1929-1945)
- RINGRAZIA SEMPRE! – Ringrazia tutto, tutti e per tutto! La gratitudine ti obbliga a focalizzarti sul momento che stai vivendo. È impossibile essere ansiosi e grati allo stesso momento. È impossibile! L’essere grati per quello che si è e per quello che si ha allontana le preoccupazioni di quello si vorrebbe essere, avere o fare in futuro.
La mattina quando vi alzate, fate un sorriso al vostro cuore, al vostro stomaco, ai vostri polmoni, al vostro fegato. Dopo tutto, molto dipende da loro. – Thich Nhat Hanh
- SORRIDI. Il sorriso è gratis. Sorridere e far sorridere non stanca mai. Sorridi anche quando non c’è niente da sorridere. Se ci pensi, alla fine un sorriso non è altro che il cambiare volontariamente la posizione di alcuni muscoli del tuo viso. Non ci credi? Prova adesso, dai che sei in grado, SORRIDI! :-)
Prova a praticare queste azioni tutti i giorni per almeno quattro settimane, poi se ti va contattami per farmi sapere quali sono stati i benefici che ne hai tratto!
Conclusione
Banalmente parlando, la vita, nonostante spesso non sia facile, vale la pena di essere vissuta. Sempre!
Il ricordarci di essere uomini e donne mortali non ci deve impaurire, né avvilire, anzi ci deve ricordare quanto sia importante vivere al meglio i minuti, le ore e i giorni che abbiamo a disposizione.
La vita, che per qualche motivo ci è stata donata, non ci resta che viverla.
Antonio Esposito
LMP Editor-In-Chief | Life Coach | Mentor
Bio | Articoli
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