Pet Therapy: il potere curativo degli animali
Il trattamento non farmacologico con i co-terapisti più amati dall’uomo
E’ da sempre noto che la semplice convivenza con gli animali domestici di per sé possa apportare grandi benefici per l’uomo.
Il vivere in simbiosi con loro ha rafforzato un legame di intesa, libero da forme verbali e da preconcetti sociali: è proprio dalla libertà di questa forte unione che deriva il potere “curativo” dei nostri amici quadrupedi.
E’ storia assai recente però quella che li vede coinvolti come co-terapisti insieme all’uomo.
Ma cosa intendiamo per co-terapia?
Gli animali possono venire in nostro aiuto praticando la ormai famosa “Pet Therapy”, che non è altro che un’interazione guidata tra una persona e un animale opportunamente addestrato.
L’animale va ad interagire con una persona al fine curativo o assistenziale, affiancandosi alle terapie tradizionali già in corso.
Sono davvero tantissimi gli ambiti in cui un animale formato può operare: nei casi di disturbi mentali, quali ad esempio il disturbo depressivo maggiore, nei disturbi dello spettro autistico ma anche in caso di deficit motori o in casi oncologici, come prezioso supporto psicologico.
Rapporto uomo-animale nella storia: origini di un legame che ci cura nei secoli
L’importanza del convivere con gli animali non è passata di certo inosservata nei secoli.
Se credete che oggi i gatti siano popolari, sappiate che gli antichi egizi li onoravano come loro pari mummificandoli e offrendoli alla dea Gatta Bastet, dea della fertilità e della vita domestica.
Nonostante la società egizia avesse mire ben più terrene nei loro confronti, ovvero preservare i raccolti dai roditori, non si può certo negare il valore imprescindibile di mutua necessità uomo-animale instauratosi.
Nei primi secoli d.C., San Francesco d’Assisi elevava gli animali alla stregua degli uomini, vedendo in loro una forma di “cura” per l’uomo sulla terra.
Nel 1700, il filosofo Jean Jacque Rousseau nel suo “Discorso sull’ineguaglianza” parla di diritti degli animali in quanto capaci di provare dolore o piacere al pari dell’uomo.
Svariati secoli dopo le idee del filosofo francese, nel 1965, sarà lo psichiatra infantile statunitense Boris M. Levinson a suggerire per primo il termine “Pet Therapy”1.
In “The dog as a co-therapist”2, Levinson ci racconta di come il suo cane Jingles, presente per puro caso alle sedute con un piccolo paziente con gravi disturbi psichici, fosse riuscito a riportare il bambino alla realtà laddove tutti, lui compreso, avevano fallito.
Lo psichiatra definisce il suo cane come “agente catalitico”, velocizzando quindi il processo di autoguarigione.
La domanda sorge spontanea in Levinson: “perché non considerare i cani come assistenti nella psicoterapia?”.
Pet Therapy: effetti del legame uomo-animale sul cervello
Non solo i cani entrano in gioco: tra le specie più comuni ci sono quelle più disposte ad avere un legame di attaccamento con l’uomo, quali gatti, coniglietti domestici, o animali di dimensioni più impegnative come cavalli, asini e delfini.
E’ stato dimostrato che le interazioni uomo-animale riducono i livelli di ansia, pressione sanguigna e battito cardiaco, soprattutto nei soggetti più fragili come gli anziani3.
Ma cosa sta accadendo nel nostro cervello mentre siamo ad una seduta di Pet Therapy?
A livello neurobiologico, da una parte il contatto fisico con l’animale induce una riduzione nel sangue del livello di cortisolo, ormone responsabile della risposta allo stress, e dall’altra esso causa un aumento delle quantità di alcuni neurotrasmettitori, sostanze che permettono alle cellule di comunicare tra di loro, tra cui le endorfine e le dopamina, in grado di favorire uno stato d’animo positivo4.
Parallelamente, migliora anche il tono dell’umore attraverso la stimolazione dell’ossitocina5, un neuropeptide prodotto da una regione cerebrale detta ipotalamo e secreto in circolo da una piccola ghiandola chiamata neuroipofisi, per cui è cui definito romanticamente “ormone dell’amore”.
Soffermandoci sul cane, che è tra le specie più studiate in questo ambito, quanto sarebbe disposto ad offrirsi “volontario” per questa causa?
Un cane meno stressato come potente alleato al trattamento non farmacologico
Le razze maggiormente impiegate nella terapia con animali sono quelle con indole docile, affettuosa e socievole, come i Labrador, i Golden Retriever, e gli Shih tzu, e diversi meticci.
Le cause biologiche che spiegano questa maggiore predisposizione sono ancora del tutto chiare.
In un recentissimo studio, un team di ricercatori giapponesi ha cercato una correlazione tra geni e capacità comunicative uomo-cane in numerose razze canine, considerando due gruppi di cani: uno definito “ancient” perché filogeneticamente più vicino al lupo, e un gruppo di cani “modern European”, più distanti dal lupo e più abituati alla vivere con l’uomo6.
Entrambi i gruppi sono stati sottoposti a due test, ma solo nel secondo sono emerse differenze rilevanti.
Durante la sua esecuzione, i cani dovevano aprire un contenitore con del cibo in presenza dello sperimentatore, valutando il numero e la durata del tempo in cui l’animale rivolgeva loro lo sguardo.
Cosa hanno scoperto i ricercatori?
Non solo che i “modern” guardavano più spesso e per più tempo lo sperimentatore ma soprattutto che nel loro gene che codifica per il recettore della melanocortina (MC2R), coinvolto nella produzione dell’ormone dello stress cortisolo, erano presenti due varianti polimorfiche che potrebbero essere associate ad un minore livello di stress, predisponendoli maggiormente al contatto con l’uomo.
Questa caratteristica andrebbe dunque a considerare queste razze più recenti come animali da terapia nel trattamento non farmacologico per i disturbi neurologici, quali ad esempio la demenza, Morbo di Parkinson e sclerosi multipla, per citarne alcuni7.
Il trattamento non farmacologico non solo migliora il quadro sintomatologico, ma anche la qualità della vita e il decorso della malattia, aspetti non meno importanti.
Non siete convinti? Basti sapere che una camminata veloce con un cane aiuta a recuperare le dimensioni della materia bianca e grigia persa e di strutture profonde del cervello come l’ippocampo nei malati di sclerosi multipla8.
Bibliografia
1- Levinson, B. M. (1965). Pet Psychotherapy: Use of Household Pets in the Treatment of Behavior Disorder in Childhood. Psychological Reports, 17(3), 695-698.
2- LEVINSON BM. (1962) The dog as a “co-therapist”. Ment Hyg. Jan; 46:59-65.
3- Cherniack EP, Cherniack AR. (2014) The benefit of pets and animal-assisted therapy to the health of older individuals. Curr Gerontol Geriatr Res. 2014:623203.
4- Wijker C, Kupper N, Leontjevas R, Spek A, Enders-Slegers MJ. (2021) The effects of Animal Assisted Therapy on autonomic and endocrine activity in adults with autism spectrum disorder: A randomized controlled trial. Gen Hosp Psychiatry. Sep-Oct; 72:36-44.
5- Beetz A, Uvnäs-Moberg K, Julius H, Kotrschal K. (2012) Psychosocial and psychophysiological effects of human-animal interactions: the possible role of oxytocin. Front Psychol. Jul 9; 3:234.
6- Tonoike, A., Otaki, Ki., Terauchi, G. et al. (2022) Identification of genes associated with human-canine communication in canine evolution. Sci Rep 12, 6950.
7- Boldig CM, Butala N. (2021) Pet Therapy as a Nonpharmacological Treatment Option for Neurological Disorders: A Review of the Literature. Cureus. Jul 4; 13(7):e16167.
8- Klaren RE, Hubbard EA, Motl RW, Pilutti LA, Wetter NC, Sutton BP. (2015) Objectively measured physical activity is associated with brain volumetric measurements in multiple sclerosis. Behav Neurol; 482536.
Giorgia Giansante
Ricercatore post-dottorato
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