Saggio sulla onnipotenza della personalità
Le Teorie di Personalità
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Mi dica…cosa posso fare con una personalità così interessante come la mia? – Mafalda, striscia di Quino
Definire la Personalità non è impresa facile. Gordon Allport ne dà cinquanta diverse versioni.
Una definizione generica può essere intesa come:
l’insieme di pensieri e comportamenti che caratterizzano un individuo e il suo adattamento al mondo
oppure
l’insieme di caratteristiche psichiche e comportamentali che, integrate, formano in modo stabile l’aspetto individuale di una persona.
Ancora sul significato, occorre contrapporre Personalità ed altri due termini apparentemente sinonimi ed utilizzati in passato come tali: carattere e temperamento.
Il carattere assume un significato di volontà a livello del comportamento, invece il temperamento è innato e si esteriorizza attraverso tratti comportamentali ed anche somatici.
Decisamente più facile, invece, stabilire che la Personalità – e soprattutto la psicologia della Personalità – riveste un ruolo estremamente importante nell’ambito della Psicologia, sia per gli aspetti teorici che per quelli pratici.
Basti pensare all’importanza delle categorie personologiche in psicologia clinica e all’influenza del concetto di Personalità in psicologia generale (apprendimento, adattamento) e in psicologia sociale (linguaggio, comportamento, socializzazione).
Storia delle teorie di personalità
Per arrivare a definizioni teoriche specifiche, è necessario ripercorrere la storia delle teorie della Personalità, all’interno del significato di Comportamento come effetto fenomenico, senza dimenticare che:
– la prima teoria e primi studi risalgono a Ippocrate (Medico dell’Antica Grecia, 460 a.C.-377a.C.) e al suo discendente Galeno (Medico dell’Antica Grecia, 129 d.C.-216 d.C.) (v. oltre).
– per i Latini, la parola Personalità ha già una connotazione relazionale, in quanto descriveva il Personaggio che un attore, attraverso una maschera, comunicava al pubblico, da cui l’etimologia.
Infatti, la parola deriva dal verbo latino personare, formato da “per” (attraverso) + “sonare” (risuonare).
Primo Secolo dell’età contemporanea ad oggi:
Alla “morte” del comportamentismo radicale (critica: rifiuto della conoscenza oggettiva del mondo, non interessato ai modi di osservazione della realtà) originato da John Watson (Psicologo statunitense, 1878-1958) e ben elaborato da Burrhus Skinner (anch’egli psicologo statunitense, 1904-1990) subentra gradualmente la rivoluzione cognitivista, passando per il periodo di un neo-comportamentismo e di un comportamentismo/cognitivista ad opera di Clark Hull (Psicologo americano1884-1952) e, soprattutto, di Edward Tolman (Psicologo statunitense, 1886-1956).
Pertanto, ne deriva che la Personalità è: frutto di stimolo/risposta prima, capacità di osservazione interiore poi e, infine, indagine della modalità di osservazione e costruzione della realtà relazionale, attraverso l’implicazione dei processi mentali, e quindi soggetto dinamico in interazione.
Si passa da una concezione nomotematica (descrizione di classi di individui) ad una idiografica che considera ogni uomo unico e diverso dai suoi simili: è opera di Gordon Allport (Psicologo statunitense, 1897 – 1967).
E nasce così anche definizione specifica di Personalità: “La personalità è ciò che l’uomo realmente è”.
Un’altra definizione teoretica (nel senso di teoria della realtà) nasce dal pensiero di Raymond Cattel (psicologo inglese naturalizzato statunitense, 1905-1988) (v. oltre teoria dei tratti): la natura e le caratteristiche psicologiche dell’uomo sono genetiche (concetto di “intelligenza fluida”. Tutto ciò che riguarda la Personalità è misurabile e inquadrabile, pertanto prevedibile.
Quindi, Personalità è tutto ciò che fa prevedere il comportamento dell’individuo.
L’influenza psicoanalitica, poi, già leggermente sentita nell’alleanza con il neo-positivismo, diventa evidente nel pensiero di Henry Murray (psicologo statunitense, 1893-1988) che tenta di introdurre concetti psicoanalitici relativi all’inconscio e al conflitto all’interno della sua psicologia della Personalità centrata sui bisogni psicogeni.
Con Murray, si segna una svolta nelle teorie della Personalità e, di conseguenza, nella definizione di essa.
Non più solo innatismo o apprendimento o adattamento ambientale ma rapporto, relazione tra individuo-ambiente.
All’interno di una reale teoria personologica, si hanno definizioni centrate sulla globalità della persona, così come considerata:
– dalla tendenza olistica-fenomenologica rappresentata da Kurt Lewin, Wolfgang Koehler, Kurt Koffka e altri per la scuola della Gestalt, corrente nata in Germania agli inizi del 1900 e trasferita negli Stai Uniti per l’emigrazione dei suoi adepti a causa della persecuzione nazista;
– da William Sheldon e da Ernst Kretschmer per l’aspetto teorico di legame personalità-morfologia corporea,
– da Abrahams Maslow per l’unione personalità – motivazione.
Dopo i teorici classici, che hanno definito e misurato la Personalità con macro-teorie, si arriva ad una stasi concettuale e ideologica sul riconoscimento della persona o della situazione, ai fini della Personalità, stasi caratterizzata dalla presenza di micro-teorie che si inseriscono in filoni già esistenti:
- Hans Eysenck (teoria dei tratti);
- Carl Rogers (teoria del sé);
- Gorge kelly (teoria del costrutto personale, teorie fenomenologiche);
- Julian Rotter (teorie post-comportamentistiche / cognitiviste).
Da qui in avanti, la psicologia della Personalità invece ha conosciuto un periodo fertile.
È rinnovato l’interesse della psicologia sperimentale verso lo studio delle differenze individuali, collocando l’idiografia all’interno dello studio della Personalità, come complemento della ricerca di leggi a validità generale.
Si crea così un’unione tra ricerca di base e clinica applicata, anche se nuovi problemi nascono dall’esigenza di modificare il paradigma unidirezionale di causalità dei fattori biologici e ambientali sul comportamento, in un nuovo paradigma di interazione tra organismo, ambiente e persona.
Il progredire storico ha trovato due sbocchi che riflettono il paradigma “situazionale” con il contributo teorico di Albert Bandura e di Walter Mischel e il paradigma “disposizionale” con il contributo di David Buss e Kenneth Craik.
Questi paradigmi contrappongono atteggiamenti in cui si privilegia la situazione come contesto di comportamento rispetto alla Personalità, ad atteggiamenti in cui, invece, si privilegiano le disposizioni individuali della Personalità sulla situazione, quindi la coerenza del comportamento.
Queste interpretazioni di Personalità hanno condotto a formularne altre di unione tra personologia e cognitivismo.
Lo studio di Bernard Weiner (Psicologo americano, 1935, vivente) sulla Personalità è basato sulla relazione motivazione/emozione e ricerca di successo (achievement) e sulla ricerca di “locus of control” delle cause interne ed esterne del successo o del fallimento.
Silvan Tomkins studia la Personalità anche in riferimento ai “copioni” che si formano in seguito all’apprendimento degli script, ossia l’insieme di regole di una determinata “scena” affettiva. Ossia, i copioni danno gli strumenti per comprendere la Personalità.
L’affermazione concettuale teorica psicologica della Personalità è degli anni trenta, ad opera soprattutto della scuola americana (Allport, Cattel, Murray e altri).
Questa la storia delle Teorie della Personalità.
Oggi se la devono veder i neo freudiani (a cui appartengo), i neo cognitivisti, le neuroscienze, la terapia polivagale, l’EMDR, la terapia sensomotoria, la CBT e tutte le terapie della “terza onda”…
I modelli teorici
Nello specifico delle teorie, la Personalità è osservata attraverso numerosi modelli.
Modello Psicoanalitico E Psicodinamico
Il modello psicoanalitico di Freud è noto; esso prevede che la Personalità umana sia strutturata funzionalmente in tre parti: Es – Io – Super-io;
ogni parte del sistema ha un ruolo ben preciso e determinato sulla Personalità che può essere metaforicamente paragonata ad un iceberg: ciò che emerge corrisponde all’Io ed è la parte conscia; ciò che resta al di sotto della superficie è la vita inconscia, composta dall’Es/pulsioni e dal Super-io/coscienza.
L’inconscio è responsabile di alcuni aspetti della Personalità, perché la condiziona con le paraprassie, cioè con gli atti mancati che immancabilmente, in una o altra forma, si presentano al conscio diretti dai pensieri inconsci, cioè non sono casuali.
Questo principio di non casualità si chiama “determinismo psichico”.
Inoltre, secondo il modello freudiano, la Personalità si sviluppa attraverso fasi, che sono: orale, anale, fallica.
Ognuna di esse contiene caratteristiche e richieste peculiari e il passaggio alla fase successiva è automatico, legato all’età del bambino e non al superamento delle difficoltà contenute nella fase stessa;
se non si superano, si creano delle “fissazioni”, ovvero dei legami, alla fase che le conteneva; fissazioni che si manifestano in età adulta, in particolari situazioni di conflitto, con aspetti peculiari che rimandano alle caratteristiche della fase.
Per questo, secondo Freud, il successo nel superamento di ogni fase è determinante per l’equilibrio della personalità.
Anche il modello di Personalità proposto da Carl Jung, all’interno della sua psicologia analitica, è basato sull’inconscio, ma è un “inconscio collettivo”, traccia mnestica della storia ancestrale dell’uomo, delle sue origini, comprese quelle animali.
È presente in ogni individuo ed è essenzialmente uguale per tutti.
La Personalità è inclusa negli archetipi contenuti nell’inconscio collettivo: gli archetipi, infatti, rappresentano la persona come volto pubblico, il Sé che specificamente rappresenta l’unità degli elementi della personalità, l’ombra come lato oscuro, negativo, aggressivo della Personalità, l’anima e l’animus che rappresentano il lato femminile e maschile presente in ogni Personalità.
Alfred Adler considera importanti per la Personalità le determinanti sociali, piuttosto che quelle biologiche o istintive.
E’ nelle condizioni sociali che nasce l’ansia e il conflitto.
Ad Adler si deve l’elaborazione del concetto di “complesso di inferiorità” che può nascere durante l’infanzia per motivi nel confronto con gli altri.
Deve essere superato con la maturazione della Personalità. Chi non riesce, vivrà ogni nuova situazione come occasione di fallimento.
Modello della psicologia dell’io
Erik Erikson, psicologo dell’Io, studia la Personalità attraverso la successione degli stadi di vita. Anch’egli elabora una teoria stadiale ma, a differenza ad esempio di Freud, sostiene che la Personalità continui a svilupparsi per tutta la vita.
Così come pensa Jung, Erikson tenta di sviluppare un senso integrato del suo Io che gli consentirà di attraversare con meno difficoltà le varie fasi di transizione della vita, perché avrà la capacità di valutare e discernere tra le diverse possibilità, o meglio richieste, che la società propone. Davanti a tante scelte, l’uomo può trovarsi in crisi: Erikson chiama queste crisi “crisi di identità”.
Heinz Hartmann, un altro psicologo dell’Io, introduce il concetto di “Io autonomo”. L’autonomia è riferita nei confronti dell’Es e dell’inconscio freudiani. È solo la Personalità conscia autonoma dell’uomo ad indirizzare comportamenti, che sono tesi a raggiungere il successo di cui l’uomo ha bisogno. Quindi, ciò che l’uomo fa è frutto di autonome decisioni dell’Io e non di conflitti tra le parti inconsce e l’Io.
Modello Umanistico-Esistenziale
Il modello umanistico – esistenziale considera la personalità in un insieme olistico, in contrapposizione a distinti comportamenti che la formano.
Alla base della Personalità c’è l’esperienza con tutte le sue implicanze. Per comprendere il significato di una Personalità, occorre comprendere il modo con cui è costruito il mondo personale.
Il conflitto intrapsichico è irrilevante, mentre è molto importante l’impegno nella consapevolezza delle proprie azioni, nell’accettazione delle conseguenze e nella progettazione di scelte future. Questo impegno è chiamato, dagli psicologi esistenzialisti, “autenticità”.
Modello olistico e modello centrato sulla persona
L’uomo ha bisogno di crescita, di autonomia, di stima e di auto-realizzazione.
Questo è l’assunto di base delle teorie di due grandi rappresentanti americani: Abrahams Maslow e Carl Rogers.
Maslow pensa che l’uomo sia spinto da un’unica pulsione, l’autorealizzazione, che procura unità e organicità alla Personalità.
Ciò che crea differenze nelle personalità è il diverso utilizzo di mezzi e di fini, scelti in base a singole differenti potenzialità e predisposizioni.
Per arrivare all’autorealizzazione, che è l’ultima meta, occorre salire lungo una scala gerarchica di bisogni, organizzata sulla “mancanza” (bisogni di base) e sulla crescita (meta-bisogni).
All’interno della gerarchia, non è possibile passare a mete successive se non si soddisfano le precedenti; ad esempio, all’interno dei bisogni di mancanza, solo se si soddisfano i bisogni fisiologici di cibo, sonno eccetera, è possibile avanzare verso i successivi, che sono quelli di sicurezza.
Se l’ambiente e le condizioni sociali non consentono la soddisfazione dei bisogni di base, l’individuo cercherà di soddisfarli ugualmente con ogni mezzo possibile. Questo blocca la possibilità momentaneamente o definitivamente dell’autorealizzazione.
Rogers dà estrema importanza al Sé e all’autoconsapevolezza.
Nella sua teoria, la Personalità è appunto centrata sulla persona.
In linea con la sua corrente di appartenenza, Rogers crede nell’esperienza della persona in un dato momento. È un fatto unico e personale e questa esperienza è da Rogers chiamata “campo fenomenico” dell’individuo.
Per comprendere la Personalità e il comportamento delle persone, occorre innanzitutto scoprire in che modo ogni individuo interpreta le proprie esperienze.
Una coerente e fedele interpretazione del proprio campo fenomenico porta all’adattamento; per contro, un’errata porterà al disadattamento.
L’immagine di Sé è fondamentale nello sviluppo della Personalità. Ognuno ha l’immagine del proprio Sé reale e del proprio Sé ideale. Il Sé si sviluppa dall’interazione con gli altri, in particolare con i genitori dai quali si impara la distinzione tra sentimenti “buoni” e “cattivi”, e per tutta la vita si ha bisogno della considerazione positiva da parte degli altri.
Modello della teoria dei tratti
Il modello delle Teorie dei Tratti utilizza categorie di classificazione in base ad attributi distintivi, chiamati appunto tratti.
I tratti sono quindi caratteristiche stabili e permanenti, dalle quali caratteristiche nasce una coerenza nelle azioni.
La più antica teoria della Personalità è proprio una teoria dei tratti.
Risale a Ippocrate. Egli inquadra le persone in uno dei quattro tipi base: melanconico – collerico – sanguigno – flemmatico (classificazione ripresa da Galeno).
La classificazione dei tipi è collegata ai quattro elementi costitutivi dell’universo: terra, fuoco, aria, acqua.
Esattamente come ogni teoria sulla Personalità, anche la teoria di Ippocrate spiega il perché di quella determinata Personalità, perché si diventava “anormali” e come curare l’anormalità: tutto dipende dai fluidi corporei, dal loro normale fluire o dalla loro mescolanza.
I più grandi teorici della Personalità dei tratti sono: Gordon Allport e Raymond Cattel, per quanto riguarda il funzionalismo e il grande periodo storico del comportamentismo americano; Hans Eysenck per il post-behavoirismo.
Secondo Allport, non esistono due persone uguali né due persone che rispondano allo stesso stimolo in modo uguale: è la Personalità che guida l’azione; la combinazione dei tratti forma la Personalità.
I tratti della teoria di Allport possono essere “comuni” per categorizzare più persone e “personali” cioè specifici dell’individuo.
In particolare, i tratti personali – che sono tre – determinano la Personalità in base alla quantità di influenza di uno di essi sugli altri due.
Sono:
-“pervasivi”, dominano l’intera Personalità e sono i più forti; non sempre sono presenti in tutte le persone e se presenti caratterizzano la persona per quel tratto;
-“centrali”, influenzano parte della Personalità; colgono l’essenzialità;
-“secondari” estremamente specifici; si applicano in circostanze particolari
L’approccio di Cattel, invece, è più statistico e matematico per limitare il numero potenzialmente elevato di tratti, attraverso i quali descrivere gli individui e classificare i comportamenti. Realizza una “cartografia” mediante una tecnica statistica chiamata “analisi fattoriale”: si analizzano simultaneamente i dati di una grande quantità di variabili e si raggruppano le variabili che sono connesse tra loro.
Le principali differenze fra le varie Personalità sono raggruppabili in 16 dimensioni, che corrispondono ai “tratti fondamentali”. L’analisi è conosciuta come “16 PF Test”.
Cattel sostiene che tutti gli uomini possiedono i tratti fondamentali ma non nella stessa misura e, inoltre, che la Personalità è determinata anche da eredità e da ambiente. Infatti, si basa – per spiegare lo sviluppo – sui principi dell’apprendimento classico di Plavov e quello operante di Skinner.
La terza interpretazione della Personalità in base ai tratti, quella di Eysenck, ipotizza che i tratti non abbiano una distribuzione casuale ma prevedibile.
Si hanno così “tipi” di personalità, costituiti da insieme di tratti.
Eysenck stabilisce due grandi classificazioni nelle quali includere la Personalità:
- introversione / estroversione;
- stabilità /instabilità.
Ognuno dei due tipi ha dei tratti associati ed è dalle varie combinazioni tipo/tratto che si definisce la Personalità.
Successivamente, Eysenck unisce il tratto “psicoticismo” (elementi di aggressività, asocialità, impulsività), che non è una terza dimensione, ma una caratteristica, in gradi diversi presente il tutte le Personalità.
Importante, anche per questo teorico, il ruolo del patrimonio genetico nella formazione della Personalità e la relazione tra Personalità e neurofisiologia.
In modello dei “cinque tratti” (Big Five) – opera di vari ricercatori – studia la Personalità basandosi sulla scelta dei termini fatta dalla persone per descrivere se stesse e gli altri.
I cinque tratti usati abitualmente sono:
- estroversione, legata al potere;
- gradevolezza, legata all’amore;
- coscienziosità, legata al lavoro;
- stabilità emotiva, legata agli affetti;
- disponibilità alle esperienze, legata all’intelletto.
Modello socio-cognitivo
Il modello socio cognitivo si basa sulle rappresentazioni interne costruite dalle persone sulle altre persone, sulle situazioni, sugli eventi eccetera. Per lo psicologo cognitivo, la Personalità è costituita dalle rappresentazioni circa le situazioni fisiche e interpersonali in cui si trova e da cui scaturisce il comportamento.
Gorge Kelly, in questa ottica, elabora la teoria del “costrutto personale”, secondo la quale le persone creano una propria immagine della realtà in funzione della quale percepiscono, organizzano e valutano la propria esperienza di conoscenza per interpretare eventi e per stabilire relazioni di causa-effetto tra di essi. Le relazioni di causa-effetto prediranno gli eventi futuri, con interventi sul mondo, per produrre i risultati desiderati.
Per Kelly, dunque, la Personalità è elaborare costrutti personali cognitivi per interpretare, predire e controllare l’ambiente. Esempi di costrutti personali sono coppie di opposti del tipo “buono-cattivo”, “felice-triste”, “intelligente-stupido” eccetera. Sono simili alle categoria e in esse si possono inserire eventi e persone facendo inferenze sugli eventi e sui comportamenti probabili.
Se la solidità del proprio costrutto vacilla, perché non in grado di predire accuratamente, la persona proverà ansia.
Per eliminarla, Kelly ricorre ad un concetto che non è suo, né della scienza cognitiva: quello di inconscio, che “cancellerà” un polo del costrutto, rendendolo inaccessibile alla coscienza.
La scelta di essere inconsapevoli di un dato polo è assolutamente consapevole.
I costrutti personali sono applicabili a se stessi e agli altri.
Nella teoria di Kelly non sono tenuti in grande considerazione le motivazioni, invece sono ampiamente considerate le abilità cognitive – alcune tipiche solo degli adulti.
Le Personalità differiscono, nella teoria di Julian Rotter, per le modalità di percezione degli eventi e per il controllo che ne hanno. Alcune persone hanno un “controllo esterno” perché percepiscono la vita governata dal caso, da eventi esterni fuori dal loro controllo. Altre hanno un “controllo interno” che consente loro di controllare la propria vita e il proprio futuro.
Modello Dell’apprendimento E Del Condizionamento
Il modello della Personalità basato sull’apprendimento e sul condizionamento definisce la Personalità come un insieme di comportamenti appresi: si presenta un condizione/stimolo – si aspetta la risposta – se segue un rinforzo, la risposta si ripresenterà al ripresentarsi della situazione/stimolo.
Rientrano nel modello della Personalità condizionata gli studi di John Dollard e Neil Miller sull’ansia condizionata. Questo studio è importante per due proprietà:
primo, l’ansia può essere condizionata da uno stimolo inizialmente neutro usando solo pochi accoppiamenti (ne può bastare anche uno solo): questo potrebbe spiegare le paure presenti negli adulti apprese durante l’infanzia che, anche se serena e felice, avrà avuto sicuramente stimoli di dolore e di paura.
Secondariamente, l’ansia originaria potrebbe essere scomparsa senza che la persona se ne sia accorta, dato che si è ben predisposti ad apprendere le risposte atte ad evitare le situazioni d’ansia.
Modello dell’apprendimento sociale
Nel modello dell’apprendimento sociale di Albert Bandura si studia la Personalità in base ai meccanismi di apprendimento presenti anche nei modelli delle teorie simili, ma si sottolinea un nuovo elemento: l’apprendimento per osservazione.
Osservando si può apprendere tutto; i limiti sono definiti dal riconoscimento del rinforzo nella situazione osservata. Le ricerche su questo tipo di apprendimento si riferiscono principalmente all’imitazione dell’aggressività, anche se si dimostra pienamente che è possibile imitare pure comportamenti altruistici come la condivisione e l’aiuto. Quindi, l’imitazione dipende dalle caratteristiche dei modelli e dalla situazione in cui sono presentati e non dal tipo di comportamento osservato.
L’apprendimento vicariante delle risposte emotive condizionate è il paradigma del condizionamento classico: una persona che osserva un modello che reagisce ad una situazione di stimolo con paura, potrà avere la stessa risposta emotiva.
E questa è la storia delle teorie di Personalità.
Strumenti di indagine delle caratteristiche di personalità
La Personalità può essere valutata attraverso strumenti atti ad identificare e localizzare i caratteri, i tratti e le altre dimensioni.
Vi sono almeno due motivi validi per la valutazione: il primo è di carattere pratico, ad esempio per la predisposizione e l’adattabilità ad un determinato lavoro; il secondo è di ordine scientifico per la verifica delle teorie.
Gli strumenti di indagine sono rappresentati essenzialmente dai test, che si prefiggono di esplorare la Personalità in tutta la sua interezza oppure in qualche sua dimensione, allo scopo di costituirne una classificazione o una tipologia.
Due le categorie:
- test obiettivi;
- test proiettivi.
I Test obiettivi si basano su differenti metodi; i principali sono quelli basati sulla costruzione empirica: tale è il MMPI (Minnesota Multiphasic Personalità Inventory), utile per l’esame dei tratti patologici della personalità attraverso il confronto delle risposte date dai soggetti esaminati per la costruzione del test e quelle dei soggetti con disturbo mentale.
Altro metodo è basato sull’analisi fattoriale: a questo criterio corrisponde il questionario Cattel test 16 PF, per la misurazione di un determinato tratto o funzione mentale.
Un ultimo metodo è rappresentato dalle RS (Rating scales) atte non tanto a misurare caratteristiche strutturali di Personalità, bensì a qualificare una sintomatologia clinica e le possibilità di variazione temporali
I Test proiettivi prevedono risposte non strutturate ma libere e soggettive:
esse forniscono la possibilità di osservazione dei tratti inconsci. Il termine proiettivo si riferisce al meccanismo della proiezione, attraverso il quale – per la psicoanalisi – il soggetto espelle da sé e pone all’esterno sentimenti, desideri eccetera che non riconosce come suoi. Esiste anche un’altra accezione più pertinente alla costruzione del test e cioè proiettivo come proiezione in un materiale non strutturato nella propria struttura di personalità.
Rientrano in questa categoria:
il T.A.T. (Thematic Apperception Test) che si riferisce ai temi fondamentali delle produzioni immaginative,
il Rorschach che rivela la struttura di personalità attraverso risposte verbali a stimolazioni visive che influiscono sulle modalità cognitivo-affettive del soggetto,
il CAT per lo studio della personalità dei bambini,
l’ORT che misura le relazioni oggettuali,
il Blacky Pictures per le componenti psicoanalitiche,
il metodo della favola di L. Duss,
i test del disegno della famiglia, dell’albero, della figura umana, dell’animale…
I Saggi sul Comportamento, sul Linguaggio, già pubblicati), e questo ultimo chiudono il “Ripasso” (molto parziale) di Psicologia Generale.
Ad ogni modo, ogni Psicologo sa già di suo quanto leggerà, ma forse il ritorno alla memori aiuterà a chissà quale emozione o profumo…
Appendice
TASSONOMIA DELLE TEORIE SULLA PERSONALITÀ
Per completezza dei modelli teorici evidenziati, viene presentata una tassonomia completa delle teorie di Personalità cosi come indicata dal Dizionario di Psicologia di Umberto Galimberti (Utet, prima edizione)
Le teorie indicate nel suddetto Dizionario come appartenenti allo studio della Personalità, sono le seguenti:
TEORIE SOMATO – COSTITUZIONALISTICHE: ad esse appartengono i modelli che studiano le caratteristiche fisiche e psichiche di una persona (Ippocrate, Galeno, Kretschmer, Sheldon).
TEORIE FATTORIALI: ad esse appartengono le teorie che si rifanno ai tratti che consentono una predittività dei comportamenti (Cattel, Eysenck).
TEORIE OLISTICHE: sottolineano l’importanza di osservazione della persona nella sua interazione biologica e psicologica (Goldstein, Maslow).
TEORIE OGGETTIVISTICHE: basate sull’osservazione empirica controllabile sperimentalmente. Rientrano la scuola riflessologica russa (Plavov) e il comportamentismo americano (Watson, Dollard, Miller).
TEORIE DELL’APPRENDIMENTO SOCIALE: si basano su concetti quali la potenzialità, l’aspettativa, il rinforzo, la motivazione (Rotter).
TEORIE PSICODINAMICHE: considerano la Personalità in relazione alle tendenze in equilibrio instabile e il comportamento come risultato di interazioni di disposizioni diverse, spesso in conflitto (Freud, Jung, Adler, Klein, Fromm).
TEORIE DELLA PERCEZIONE: la struttura di Personalità è responsabile della percezione degli stimoli, che non è quindi solamente influenzata da quelli esterni.
TEORIE PRAGMATICO-RELAZIONALE: la Personalità è considerata come un sistema di parti e di processi mutuamente interagenti (Bateson, Watzlawick).
TEORIE FENOMENOLOGICO – ESISTENZIALI: Personalità considerata espressione dell’atteggiamento a cui corrisponde l’immagine del mondo, cui il concetto di Personalità è strettamente legato (Jaspers, Binswanger).
TEORIA COGNITIVISTA: concetto di Personalità centrato sulla “mente” la quale elabora la soggettiva esperienza del mondo. Mente intesa come sistema informativo per l’organizzazione dei dati ambientali e sensoriali.
TEORIA FUNZIONALISTA: considera e pone l’accento sulla unicità di ogni persona che matura in base al suo proprio raggiungimento del grado di autonomia (Allport).
TEORIA DEL CAMPO: i dati psicologici sono organizzati in un “campo di forze” analoghe a quelle elettromagnetiche; la persona è all’interno del campo circondata dall’ambiente psicologico con cui si attivano processi di reazione (Lewin).
TEORIA PERSONOLOGICA: concepisce la Personalità come un sistema in cui sono individuabili alcuni tratti, tra cui quelli legati alle insoddisfazioni interne, alle pressioni, ai sentimenti (Murray).
TEORIA BIOSOCIALE: Personalità composta basilarmente dalle disposizioni fisiologiche di origine genetica, dalla canalizzazione energetica verso la condotta e dalle risposte condizionate (Murphy).
TEORIA DEI COSTRUTTI PERSONALI: ogni persona è indirizzata dalle sue previsioni (attività anticipatoria) sugli eventi a cui andrà incontro, che la portano a formulare dei “costrutti personali” (Kelly).
TEORIA DEL SÉ: la Personalità è completa quando c’è corrispondenza tra le esperienze e la struttura concettuale del Sé, che comporta assenza di tensione e adattamento realistico al sistema di valori condiviso. (Rogers).
Dott.ssa Grazia Aloi
Psicoanalista | Psicoterapeuta | Sessuologa
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