Schadenfreude e la risata di Nelson nei Simpson
La “gioia maliziosa” provocata dalle sfortune altrui
Nelson, nella longeva serie di successo dei Simpson, è uno studente che terrorizza coetanei e adulti.
Si allea spesso con altri studenti come Secco e Patata per compiere atti di bullismo, vandalismo e altri comportamenti antisociali.
Rappresenta lo stereotipo del bullo, insomma.
Se usciamo dal contesto della serie TV, la sua storia è abbastanza triste.
Le sue azioni, infatti, si possono comprendere meglio alla luce della sua difficile situazione familiare: vive in un quartiere malfamato, in una casa malandata, con genitori pieni di dipendenze e che hanno problemi con la giustizia.
Lo scopo di questo articolo non è psicanalizzare questo personaggio, però. Non ne sarei in grado.
Invece, proviamo a soffermarci sul tormentone di Nelson, cioè la risata (i.e., “ah-ah”) che mostra di fronte alle sfortune altrui.
Nelson è lì a ridere e additare Bart, Milhouse o qualunque altro personaggio colpito da sventura.
Questo è ciò che l’ha reso particolarmente famoso e apprezzato dal pubblico. Non tutti sanno però che la risata di Nelson rappresenta forse l’espressione senza freni di un’emozione specifica: lo schadenfreude.
Cos’è lo schadenfreude
Potremmo tradurre questo termine probabilmente in “gioia maliziosa“. In particolare, lo schadenfreude consiste nel piacere provocato dalle sfortune altrui.
È un’emozione sociale perché, per provarla, dobbiamo essere in grado di distinguere tra noi e gli altri, avere delle competenze per quanto riguarda le relazioni e le norme da rispettare nella società.
Molte culture condannano chi esprime schadenfreude.
In effetti, sembra che l’eminente filosofo Arthur Schopenhauer l’avesse indicata come la peggiore delle emozioni che possiamo provare.
C’è addirittura chi pensa che sia la prova della malignità dell’animo umano.
Per altri, invece, è semplicemente ciò che prova chi si rode per la rabbia, gelosia o invidia.
Lo schadenfreude ha una connotazione negativa, insomma.
È per questo che non tutti si sentono a loro agio nel parlarne e nel manifestarlo.
Tuttavia, ci sono delle situazioni in cui emerge comunque. Di questo parleremo tra poco.
Prima dobbiamo capire quando proviamo schadenfreude.
In particolare, i presupposti per elicitare quest’emozione sono tre:
- La sventura altrui significa un qualche vantaggio per noi;
- Pensiamo che un individuo si sia meritato ciò che è accaduto;
- La persona sfortunata è qualcuno che invidiamo.
La mia disgrazia, la tua gioia
Innanzitutto, proviamo schadenfreude quando la sventura altrui significa un qualche vantaggio per noi.
Ciò accade in molti giochi competitivi, ad esempio.
In particolare, i cosiddetti giochi a somma zero (zero-sum) sono quelli in cui un guadagno di un partecipante determina una perdita per l’altro.
In un incontro di pugilato, la vittoria di uno corrisponde alla sconfitta dell’altro. Nella finale NBA, una squadra vince e l’altra perde.
La nazionale di calcio italiana ha vinto nell’estate 2021 i campionati europei.
Ciò ha fatto felice i tifosi azzurri, ma non solo. Anche gli scozzesi, a Glasgow ed Edimburgo, hanno festeggiato la vittoria dell’Italia.
D’altronde, non corre buon sangue tra fan inglesi e scozzesi.
La rivalità tra tifoserie calcistiche è uno di quei contesti dove lo schadenfreude è più che tollerato, è elemento di vanto.
Il grande etologo Desmond Morris, in tal senso, ha spesso definito queste rivalità un modo per sfogare le nostre origini ancestrali di cacciatori in branco.
Potremmo andare avanti a lungo con altri esempi.
Per farla breve, l’emozione di vincere comporta che qualcun altro debba perdere. Ciò spesso elicita lo schadenfreude, soprattutto quando questo “qualcun altro” è un odiato rivale.
Keep calm e lascia che il karma lo finisca
Lo schadenfreude emerge anche quando pensiamo che un individuo si sia meritato ciò che è accaduto.
Il truffatore che cade in disgrazia rende felici tante persone, ad esempio.
Il banchiere Bernie Madoff orchestrò una delle più grandi frodi finanziarie di tutti i tempi, durata decenni. Il suo gigantesco schema Ponzi fruttò a lui e alla sua famiglia decine di milioni di dollari, a discapito degli investitori. Fu arrestato nel 2008.
Alcune persone si sono dichiarate felici del fatto che sia deceduto in prigione.
Qui, non sembra esserci un vantaggio diretto per la persona che prova schadenfreude.
Interpretiamo la disgrazia come una punizione, il frutto del karma. E tanto basta a giustificare la nostra gioia di fronte alla sventura altrui.
L’invidia dell’inferiore, lo schadenfreude del “superiore“
A questo punto, potremmo chiederci se lo schadenfreude non abbia a che fare con l’invidia.
Così è, in effetti: proviamo quest’emozione specialmente quando la persona sfortunata è qualcuno che invidiamo.
L’invidia è di solito un’esperienza spiacevole.
Confrontiamo la nostra situazione con quella di qualcun altro e sentiamo che qualcosa ci manca.
Talvolta arriviamo a percepire un certo senso di ingiustizia.
Qualcuno ha qualcosa che non merita, quantomeno non più di quanto lo meritiamo noi.
In tal senso, sembra che Honoré de Balzac abbia detto che l’indivia indica che ci sentiamo inferiori.
Invece, lo schadenfreude rende l’invidia, in qualche modo, piacevole.
Tanto per restare ai Simpson, Homer è invidioso del suo vicino precisino, Ned Flanders.
Ogni volta che a Ned accade qualcosa di sfortunato, Homer gioisce, gongola.
È come se quest’emozione ribaltasse la situazione. La disgrazia altrui ribalta le posizioni: ora non ci sentiamo più inferiori, ci sentiamo migliori dei nostri rivali.
Personalità e schadenfreude
Ci sono altri fattori che influenzano la comparsa dello schadenfreude, tuttavia.
Tra questi ci sono l’autostima, i pregiudizi, gli stereotipi, la rabbia e l’odio verso qualcuno.
È interessante notare che le persone con profili di personalità associabili alla triade oscura (i.e., psicopatia, narcisismo e machiavellismo) sono più propensi a provare schadenfreude.
In questi casi, la base sono spesso disimpegno morale e aggressività relazionale.
Il disimpegno morale si realizza quando le persone razionalizzano i loro atti dannosi e le loro violazioni.
In tal modo, si proteggono dalle sensazioni spiacevoli che si provano quando sappiamo di aver fatto qualcosa di sbagliato.
È quello che accade ai bulli e a chi disumanizza le vittime dei loro misfatti. In tal senso, la politica è probabilmente uno dei campi dove lo schadenfreude trova il terreno più fertile.
L’aggressività relazionale consiste nel danneggiare le persone non attraverso aggressioni fisiche dirette, ma minando lo status sociale degli altri, magari diffondendo pettegolezzi o isolando le persone (e.g., escludendole da un gruppo).
La risata di Nelson: come esprimiamo schadenfreude?
Quando proviamo schadenfreude possiamo ridere e mostrare il sorriso di Duchenne.
Molti studiosi ritengono che questo tipo di sorriso indichi in maniera genuina contentezza, sebbene i dati sperimentali suggeriscano che la questione sia più complessa.
Ad ogni modo, una persona che sta godendo delle sfortune altrui forse sorriderà e riderà.
È proprio quello che fa Nelson con il suo “ah-ah!”, in fondo.
Come abbiamo detto, mostrare soddisfazione per le disgrazie altrui non è però sempre socialmente accettabile.
Allora, spesso cerchiamo di nascondere il nostro piacere. Ci sforziamo di non sorridere, ad esempio. Tuttavia, è probabile che “ci scappi” ancora qualche movimento tipico di quando proviamo gioia: forse le nostre guance si alzeranno ancora un po’, o alzeremo gli angoli della bocca.
Se non vogliamo che gli altri si accorgano che nostro godimento, potremmo anche cercare di mascherare le nostre espressioni, sostituendole con altre, opposte.
Così, ci mostreremo accigliati o abbasseremo gli angoli della bocca, magari nel tentativo di mostrare preoccupazione per lo stato della persona in difficoltà.
Tuttavia, occorre sottolineare che alcuni di questi movimenti facciali potrebbero anche essere l’espressione di altre emozioni come orgoglio, pietà e disgusto.
Conclusioni
Lo schadenfreude rivela probabilmente un lato oscuro dell’empatia perché ci fa provare sensazioni positive quando ci rendiamo conto che una persona sta soffrendo.
Se resta sotto controllo, l’invidia è una forte “coach motivazionale” che ci spinge a fare di più e meglio.
Ciò a patto di non cercare scuse per il successo dei nostri rivali.
Talvolta, le posizioni si ribaltano.
Chi invidiamo finisce in disgrazia, magari solo momentaneamente. E noi ne godiamo.
Qui, lo schadenfreude è un po’ una catarsi.
In quel momento siamo migliori dei nostri invidiati rivali. O almeno ci sentiamo tali.
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Maurizio Oggiano
Trainer | Researcher | Project Manager
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