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La Sindrome dell’Impostore

Definizione, caratteristiche e utilizzo (a nostro favore)


Qualche anno fa, volevo creare un sito web nel quale proporre i miei servizi. Non l’ho mai realizzato.

La mia prima esperienza in proprio è stata minata dal fatto che non mi sentissi all’altezza degli incarichi che sarebbero arrivati, con il risultato che mollai dopo meno di un anno.

Dopo essere tornata in proprio anni dopo, ho finalmente iniziato a lavorare alla creazione del sito web, sperimentando inizialmente reazioni fisiche di panico e un incredibile timore di mostrarmi.

Mi sono costretta ad affrontare la paura, grazie anche all’aiuto di una collega e amica con la quale mi sono confrontata spesso, perché questa volta non volevo mollare.

Dopo circa una settimana, la paura era completamente scomparsa e lavorare al sito è diventato piacevole, divertente e stimolante. Indagando a fondo, ho scoperto di soffrire della sindrome dell’impostore, che mi faceva sentire incompetente e inadeguata rispetto agli altri.


Cos’è la sindrome dell’impostore

La sindrome dell’impostore (Impostor Phenomenon, IP) è stata identificata per la prima volta nel 1978 dalle psicoterapeute Pauline Clance e Suzanne Imes, che l’hanno definita come una condizione per cui si è incapaci di vedere se stessi come persone meritevoli e si vive qualunque successo, traguardo o nuova sfida con angoscia e con un perenne senso di inadeguatezza. Chi è afflitto da questa sindrome associa i risultati ottenuti a una serie di eventi fortuiti e non alle proprie capacità.

Con il giusto atteggiamento mentale e la volontà di coltivare una buona autostima, si può, tuttavia, trasformare questa condizione in un punto di forza e vivere la vita piena e soddisfacente che meritiamo. C’è, infatti, un dono nascosto in questa forma di pensare erronea che, una volta scoperto, può regalarci una nuova consapevolezza.


Quante persone sono affette dalla sindrome dell’impostore?

I più colpiti da questa sindrome sono le persone che hanno raggiunto livelli molto alti in ciò che fanno e che sono (erroneamente) convinte di non valere abbastanza e di essere arrivate dove sono per caso o per un colpo di fortuna.

Ma perché sono le persone più capaci ad essere colpite da questa sindrome?

La spiegazione è semplice: chi non ha le competenze spesso tende a sopravvalutarsi, perché ignora il divario fra i propri limiti e la materia in questione.

Al contrario, chi è molto ferrato in materia tende a sottovalutare le proprie capacità, perché si rende conto di quanto è “piccolo” il suo sapere rispetto alla vastità di ciò che c’è ancora da conoscere.

Inoltre, all’insicurezza si aggiunge spesso un perfezionismo tipico del presunto “impostore” che spinge molte persone brave e competenti a rinunciare ancora prima di aver provato.

In genere, la sindrome dell’impostore non fa distinzione di genere o di età, ma le donne sembrano esserne più colpite: viviamo in una società nella quale molte donne tendono ancora a pensare di essere meno valide di un uomo o sentono di non meritare; inoltre, per l’educazione che ricevono, gli uomini sono meno propensi a comunicare emozioni e insicurezze, con il risultato che spesso questo problema non viene affrontato e chi soffre di questa sindrome non sa nemmeno di averla.


Caratteristiche e cause

In realtà, è tutta una questione di autostima.

C’è chi ha una buona autostima nel lavoro, ma non nelle relazioni, e chi, al contrario, si sente più forte nelle relazioni, ma fatica a raggiungere una certa soddisfazione nella propria attività.

Alla base di una buona autostima c’è anche la capacità di affrontare gli ostacoli con coraggio e ottimismo, una caratteristica che dipende molto dal contesto nel quale siamo cresciuti, dall’esempio che abbiamo ricevuto in famiglia e a scuola, dalla nostra personalità, e anche dalla nostra voglia di metterci in gioco e di migliorare.

Se da bambini venivamo spesso criticati dai nostri genitori, dovevamo sempre fare qualcosa per avere attenzione o ci veniva proibito di esprimere liberamente le nostre emozioni, è probabile che ci trasformiamo in adulti che devono sempre dimostrare di valere attraverso i risultati che ottengono.

Quando una bassa autostima porta a voler dimostrare di essere abbastanza “validi”, è comune che una persona si dedichi a studiare o a lavorare sodo e arrivi a ricoprire ruoli di rilievo in ciò che fa, perché il suo unico modo di “validare” se stessa è attraverso i risultati che ottiene.

Il segreto per migliorare l’autostima è diventare dei buoni amici di se stessi, lavorando sul proprio dialogo interiore, e facendo da genitori buoni e giusti a quel bambino interiore che ha bisogno di amore, approvazione e ottimismo.

Chi si sente un impostore avrà paura di esporsi a possibili critiche e quindi eviterà il confronto, il che include anche evitare di candidarsi per un posto di lavoro per non venire rifiutati; si sentirà in colpa per i propri successi e non saprà accettare i complimenti altrui; penserà che gli altri siano sempre più bravi, preparati, interessanti di lui e sarà molto rigido con se stesso, esercitando un’autocritica che lo porterà a rimuginare su ogni singolo errore; vivrà nel timore che, prima o poi, gli altri si rendano conto della sua inadeguatezza, spingendosi quindi a puntare ancora più in alto solo per evitare che ciò accada, spesso ignorando i propri desideri e arrivando ad ammalarsi, come nel caso della sindrome da Burnout.


Il ruolo dei social media

Oltre al contesto familiare, c’è un’altra causa della sindrome dell’impostore che viene identificata da Alain de Botton nel suo video “Come combattere la sindrome dell’Impostore”: vediamo degli altri solo ciò che ci mostrano, non pensiamo che anche loro, come noi, hanno dubbi, incertezze, insicurezze, problemi.

Se hanno i risultati che vorremmo noi, li mettiamo su un piedistallo, pensando che devono essere persone eccezionali per essere dove sono.

Non li immaginiamo mai a mettersi in dubbio, a infilarsi le dita nel naso quando nessuno li vede, a mangiarsi le unghie, a commettere errori.

Nel momento in cui riconosciamo che le persone che tanto ammiriamo sono simili a noi, diventiamo consapevoli del fatto che anche noi possiamo raggiungere i loro stessi risultati.

In una società nella quale prevalgono la competizione e le performance e tutto questo viene ostentato su qualunque piattaforma sociale, ormai anche su LinkedIn, che era rimasta una delle poche dedicate solo alle comunicazioni di lavoro, è evidente che tendiamo tutti a confrontarci con gli altri.

Un confronto di questo tipo, sul piano professionale, ma anche privato, è deleterio soprattutto per chi ha una bassa autostima, perché quella persona tenderà a sminuirsi, a credere che gli altri siano più capaci e che abbiano una vita più interessante.

Il confronto con gli altri dovrebbe servire solo a prendere spunto da loro e a trovare la motivazione per dare sempre il massimo.

Nessuno è meglio di noi e noi non siamo meglio di nessuno, ciascuno di noi ha molto da dare ed è giusto riconoscere sempre il proprio valore e la propria unicità.

Il successo si raggiunge dopo tanti insuccessi e quelli di solito non vengono mostrati sui social.

Come evitare allora il confronto?

Non possiamo evitarlo, ma possiamo imparare a gestirlo, riflettendo sul percorso che ha fatto la persona in questione e sul fatto che magari ha solo dedicato più tempo ed energie di noi a un determinato obiettivo, che ha poi raggiunto.

È importante avere un dialogo interiore costruttivo mentre osserviamo i risultati di un altro: anche noi possiamo raggiungerli, magari ci vorrà solo un po’ più di tempo, e riconosciamo nel frattempo tutto ciò che abbiamo già, sentendoci grati e orgogliosi di noi stessi.


Come trasformare la sindrome dell’impostore nella nostra forza

Il nostro bisogno di dimostrare sempre quanto valiamo ci spinge a migliorarci continuamente.

Senza questo motore interno costituito dall’insicurezza, non ci sarebbe nessuna crescita.

Invece di cercare di sconfiggere la sindrome dell’impostore, dovremmo abbracciarne il lato positivo, e cioè tutte le cose che ci ha permesso di imparare, di fare e di dare a noi stessi e agli altri, e continuare ad utilizzarla come uno stimolo per migliorare sempre di più.

Una volta fatto questo e una volta riconosciuti i pensieri che ti fanno sentire inferiore, mettili in discussione.

Oltre a ricordarti che siamo tutti uguali e che, quindi, se gli altri ci sono riusciti, ce la puoi fare anche tu, fai un elenco dei tuoi pregi e dei traguardi che hai raggiunto nella vita, che sono senz’altro più di quelli che credi.

Elenca tutto quello che ti viene in mente, dal saper guidare al saper cucinare, al riuscire a far sorridere una persona, e così via.

E ogni volta che ti si presenta un pensiero negativo su te stesso o sulle tue capacità, rispondigli elencando tutto ciò che sei e che sai fare.

Trasformare il proprio dialogo interiore

Se ripeti questo esercizio nel tempo, il nuovo modo di pensare sostituirà il vecchio, trasformando il tuo dialogo interiore.

Ci vuole tempo e pazienza, ma è possibile.

Il punto è concedersi il lusso di essere imperfetti, vedere i propri difetti e limiti come parte integrante del proprio percorso, perché in ogni imperfezione c’è un dono, che è il suo esatto opposto, proprio come la luce che è l’opposto dell’oscurità, ma non possono esistere l’una senza l’altra.

Pensa al letame, che aiuta il terreno a diventare più fertile e ci dà bellissimi fiori e frutti. Che cos’è il letame, se non… cacca?

Parla con qualcuno, confidati e fatti consigliare in merito alle tue capacità e alle situazioni che ti creano disagio.

Confrontandoti con un’altra persona, ti renderai conto che anche gli altri si sentono come te.

Migliora la relazione con te stesso e lavora sulla tua autostima: trattati con rispetto, fai una pausa quando sei stanco, concediti qualche coccola, accetta i complimenti, prendi sul serio i tuoi desideri e i tuoi sogni e festeggia i tuoi successi.

Usa gentilezza, compassione e amore verso te stesso e vedrai un cambiamento anche nei rapporti con gli altri.

Ricordati anche che è normale sentirsi insicuri all’inizio della carriera o non essere ancora dove si vuole, ma, se non inizi mai per paura di fallire o perché non ti senti all’altezza, non andrai da nessuna parte.

Datti la possibilità di essere un principiante per poter un giorno diventare un esperto e abbraccia questa fase della tua vita come un passo verso il tuo futuro io.

Un giorno, sarai tu a insegnare agli altri e loro guarderanno te come tu guardi adesso chi ritieni più bravo di te.


Letture consigliate 

Per lavorare sulla tua autostima, ti consiglio i seguenti libri:
Forza mentale” e “Terapia cognitivo comportamentale” di Ryan J.D. Goleman
I sei pilastri dell’autostima” di Nathaniel Branden
Vali più di quel che pensi” di Valerie Young (quest’ultimo si rivolge a un pubblico femminile)


Valentina Valoroso Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Valentina Valoroso
Copywriter | Traduttrice | Insegnante di Lingue
Bio | Articoli
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