Stress relief: la ricerca di un equilibrio impossibile?
Non ti faccio più amico – Episode 2
Il mio ultimo scritto per gli amici de “La Mente Pensante” terminava con lo spoiler del tema di questo secondo episodio dedicato al nostro migliore amico di questi giorni complessi e decisamente complicati.
Ma non preoccupatevi, se non avete letto Episode 01 poco male, ci rimarrò malissimo ovviamente, ma cercherò di non farlo trasparire e stoicamente andrò avanti con i prossimi paragrafi, davvero, non me la sono presa! Però se cliccate sul link che vi lascio qui di seguito potete sempre riparare al vostro errore e leggerlo, lasciarmi un commento o scrivermi: ecco… Stress Relief: davvero lo stress è una sofferenza?
Scherzi a parte, la prima puntata di questa passeggiata alla scoperta dello stress non come elemento patologico del nostro quotidiano, ma come uno degli aspetti connaturati proprio al nostro essere né più né meno che semplicemente umani e non supereroi, si è conclusa con una, secondo me, meravigliosa scoperta che potrebbe gettare basi solide per una trattazione del tema “stress e vita quotidiana” che sia incredibilmente più onesta e fortemente radicata alla cornice reale che inquadra le nostre giornate.
Semplicemente abbiamo scoperto che in un certo qual modo noi possiamo, se non avere il controllo pieno del nostro “pensiero di stress”, prima di tutto averne consapevolezza e quindi direzionarlo dove vogliamo, o come direbbe un mio amico filosofo, e Filosofo di quelli seri, con la “effe” maiuscola: possiamo prima di tutto averne “contezza”.
Sapere che il nostro corpo e la nostra mente reagiscono e rispondono agli stimoli del mondo esterno, inserendo una sorta di pilota automatico di fuga o guerra feroce ed immaginare di avere la possibilità di “fare attenzione”, disinserire il pilota automatico e scegliere una direzione credo che sia davvero un buon risultato.
Ovvio, avere un potere di autodeterminazione non significa averne le capacità di controllo. Infatti, se un piccolo esercizio di respirazione ed attenzione piena al funzionamento del sistema mente-corpo della durata di un minuto ci può far sorridere e sorprendere da un lato, dall’altro siamo tutti consapevoli che in una giornata ci sono più o meno 960 minuti da vivere (nda – mi sono tenuto largo ed ho contato 8 ore di sonno/riposo)!
Un minuto contro novecentosessanta: una guerra persa?
Perché le nostre vite si riempiono di stress?
No, non credo sia una guerra persa, credo sia piuttosto un qualcosa di impegnativo, qualcosa di lento e noi non siamo fatti per la lentezza, vero? Ammettiamolo, noi siamo fatti per il multitasking, non per la lentezza e l’inazione! Veri guerrieri contemporanei che sotto il vessillo della Dea Performance siamo in grado di compiere imprese davvero mirabolanti… che alla fine delle nostre giornate spesso hanno il sapore della vittoria di Pirro.
In realtà, la risposta alla domanda di poco fa è talmente semplice da apparire quasi banale (in fondo un po’ come ci appaiono banali tutte le cose che adesso sappiamo, sappiamo fare e sappiamo padroneggiare, ma che quando abbiamo incontrato la prima volta…): forse che la sensazione di “guerra persa” nasca dal fatto che vogliamo fare troppe cose insieme e farle tutte bene ed avere successo in tutto? O forse perché il nostro giudice interiore (che spesso più che un giudice pare un vero e proprio inquisitore) ci dice che dobbiamo “fare” non che vogliamo “fare”.
Forse le nostre vite si riempiono di stress perché siamo davvero di continuo “attivamente in azione” nel tentativo di superare circostanze poco favorevoli e dimenticare esperienze poco piacevoli, a tal punto spesso che l’attività stessa è considerata più importante della persona che vive l’esperienza, sviluppando una spontanea tendenza a separare ciò che una cosa (una situazione) è da ciò che crediamo che sia?
Insomma, è possibile che le nostre strategie di coping [1] abbiano bisogno di una piccola revisione?
[1] Le strategie di coping si definiscono come gli sforzi costanti, sia cognitivi che comportamentali, di cambiare o gestire specifiche domande interne o esterne che sono valutate come gravose o eccessive per le risorse della persona. Se volete saperne di più recuperate i lavori di Richard Lazarus e Susan Folkman in STRESS, APPRAISAL and COPING – 1984
Facciamo un po’ di ordine, vi va?
Senza avventurarci in rovinosi voli pindarici un paio di cose dobbiamo però ammetterle ed asciugarle da ogni ulteriore significato che non sia quello originale:
- Lo stress non è una condizione assoluta, ma il risultato di una percezione, nella misura in cui un accadimento diventa problematico solo quando ci sottopone ad un dispendio di energie superiore ad un livello considerato accettabile. Insomma, è il percepire un evento come stressante che lo rende tale.
- Un pensiero è un pensiero, punto. Un pensiero non è la realtà, ma una sua lettura ed interpretazione.
Ed in questo santa Wikipedia ci può aiutare:
“Il pensiero è l’attività della mente, un processo che si esplica nella formazione delle idee, dei concetti, della coscienza, dell’immaginazione, dei desideri, della critica, del giudizio, e di ogni raffigurazione del mondo; può essere sia conscio che inconscio.
Pensiero è un termine che deriva dal latino pensum (participio del verbo pendere: “pesare”), e stava ad indicare un certo quantitativo di lana che veniva appunto “pesata” per poter essere infine passata alle filatrici le quali a loro volta avevano il compito di trattarla. Il “pensum” era quindi la materia prima, più grezza, designante metaforicamente un elemento o un tema che doveva essere secondariamente trattato, elaborato, dandogli così una nuova forma.
Si può notare in ciò la peculiarità attribuita al pensiero, come qualcosa di straordinariamente semplice, che rende possibile oggetti complessi: nel senso cioè che l’attività del pensiero si esplica nel comporre oggetti, ovvero pensare significa pensare oggetti composti.
Da questo punto di vista, l’attività del pensiero è ciò che è a monte degli oggetti pensati, pur essendo della loro stessa sostanza.”
Semplicemente forse il mondo fuori è più veloce della nostra capacità di adattamento ad esso? Direi “Nì”: il mondo fuori corre come cavolo vuole e noi ci stiamo scaccolando ai blocchi di partenza.
Vittime di una pigrizia innata, altro che runner!
Forse la metafora della corsa non è la più adatta, sicuramente non la più morbida e politically correct per descrivere il nostro rapporto con lo stress della vita quotidiana, ma credo che renda bene l’atteggiamento comune a tutti noi riguardo alla sgradevole sensazione che il mondo spesso pretenda troppo da noi e ci lasci in un qualche modo “indietro” mentre lui va comunque avanti e non sempre come noi ci aspettiamo che vada: il mondo non ci ascolta.
In realtà le cose potrebbero essere diverse, come potrebbe esserlo il nostro pensiero sullo stress, cambiando anche di poco il nostro punto di vista. Proviamo…
Ammettiamolo, siamo animali fondamentalmente pigri, sostenuti dalle nostre convinzioni (i.e. dagli schemi di interpretazione del reale che abbiamo costruito grazie al nostro essere a nostra volta reali), convinzioni che tendiamo ad accudire con affetto e che facciamo fatica ad abbandonare per percorrere nuove strade se proprio non ci si sente obbligati.
Si potrebbe addirittura dire che le nostre abitudini sviluppano memoria ed intelligenza proprie sostanzialmente per proteggerci e tutelarci dall’investimento forte che richiederebbe intraprendere un viaggio di scoperta e di esplorazione del tutto nuovo, misterioso e dalla riuscita tutt’altro che scontata; e che quindi in un certo qual modo noi impariamo lo stress così come impariamo a guidare un’automobile, e se abbiamo imparato a stressarci possiamo anche decidere di imparare a non farlo più.
Ma smettere una abitudine sembra più difficile del previsto [2]. Punto.
[2] Il termine più appropriato sarebbe “Esposizione selettiva delle informazioni”, riferendosi ad una teoria all’interno della pratica psicologica, che storicamente si riferisce alla tendenza degli individui a favorire l’informazione che rafforza le loro opinioni preesistenti evitando informazioni contraddittorie (Leon Festinger, 1957).
Pronti? Ai posti? Via!
Prima di piazzarsi ai blocchi di partenza
Non si sta affatto negando che in alcuni contesti e cornici una normale situazione di stress possa degenerare in condizioni estremamente complesse e degne di una attenzione forte ed al contempo più delicata di questi scritti, ma stiamo parlando di situazioni di tensione che tutti viviamo quotidianamente, dei segnali di attenzione che il nostro corpo e la nostra mente ci lanciano prima, molto prima, ma veramente tanto prima che “la situa” ci possa sfuggire di mano.
Molti credono che lo stress si possa “curare” semplicemente con il riposo o rilassandosi (vacanza, passeggiata, shopping, cinema, teatro,…), ma il riposo, considerato come assenza di attività è invece solo un mezzo rapido e sicuramente efficiente per allentare ansie minori ed evitare di immettere altro stress nell’organismo.
Imparare ad eliminare lo stress significa invece imparare a modificare le reazioni mentali che lo provocano, ma prima ancora le reazioni fisiche che ne sono i sintomi maggiormente evidenti e l’obiettivo primario diventa il raggiungimento di una consapevolezza del sé che permetta l’abbandono delle reazioni acquisite alle situazioni di tensione: inserire nelle nostre vite una serie di disabituatori che ci aiutino non ad eliminare lo stress, ma a riconoscerne gli “attacchi” prima di ogni altra cosa.
E se vogliamo riprendere la metafora sportiva la prima cosa da fare è fare i conti con il nostro livello di allenamento a ridosso della gara, senza barare! Non credete?
Ok iniziamo subito e vediamo come “siamo messi” a risorse disponibili.
Vi propongo un estratto di un lavoro che faccio in studio con i miei clienti, spero possa esservi utile ed aiutarvi a conoscere un po’ meglio lo status quo delle vostre risorse.
Al solito: prendete carta e penna.
Qui di fianco trovate una bellissima torta in altrettanto 10 bellissime fette: prendete carta e penna e su un bellissimo foglio bianco fate la vostra torta e se proprio volete “vincere facile” fate solo 8 fette, va bene lo stesso.
Adesso fate un piccolo sforzo di immaginazione e date ad ognuna delle vostre fette il nome di uno dei bacini da cui ricavate il vostro benessere (i.e. fisico/salute, famiglia, vista sociale, amore, sesso, finanze, …).
E poi riempite ciascuna fetta secondo questo criterio: da 0 a 100, quanto questo specifico bacino riesco a curarlo, attivarlo, alimentarlo (non viviamo in un mondo utopico fatto di risorse inesauribili, nemmeno il tempo lo è.)
Mentre vi scaccolate in attesa del via…
Fatto? Bene… ecco qui uno dei possibili risultati che potreste aver ottenuto. Che ne dite?
Mentre siete ai blocchi di partenza della vostra corsa contro lo stress fatevi adesso questa domanda: se questa fosse una ruota la mettereste sotto la vostra bicicletta/automobile/monopattino/…
No, perché è una ruota piuttosto “sgonfia” e di sicuro non vi permetterebbe un viaggio senza scossoni.
Sicuramente il primo consiglio che potete dare a voi stessi è investire in una delle aree deboli maggiori energie per cercare di riequilibrare le risorse a vostra disposizione… il che non è una cattiva idea, davvero.
Ok, siamo pronti…Via!
Provate però a cambiare prospettiva, provate invece a suggerirvi non di investire in funzione di una eccellenza assoluta della vostra “ruota”, ma provate a suggerirvi di investire innanzitutto in una “buona ruota” come prima cosa.
Si tratta di immaginare non una vita perfetta adesso, ma di una vita equilibrata, priva di stress, con bacini di risorse vivi, vitali e pronti a sostenervi per il futuro.
Si tratta di costruire una buona base di partenza per intraprendere un cammino verso un futuro che sia agevole, morbido, rotondo, gradevole. Non credete?
Riuscite ad immaginare come una vita “tonda” abbia un tasso di crescita e di sviluppo meno frenetico, più “lento” forse ma decisamente più costante, omogeneo in gran parte dei suoi aspetti (Per esempio uno dei miei spicchi è dedicato al lavoro)?
That’s all folks
Nel senso che questo secondo capitolo della nostra passeggiata sullo stress finisce qui. Di carne al fuoco ne abbiamo messa tanta e non voglio esagerare… se no il terzo episodio mi rimane povero di argomenti!
Se nella prima parte abbiamo imparato che abbiamo un potere di autodeterminazione nei confronti dello stress della vita quotidiana, in questo capitolo abbiamo iniziato a riflettere su come sia anche possibile cambiare prospettiva di lettura e di visione della composizione e dell’effetto che lo stress ha su di noi: privilegiando un’ottica “lenta” e resistendo alla tentazione di azzannare un mondo che corre davanti a noi ad una velocità che non appartiene a tutti.
E la prossima volta?
La prossima volta vedremo qualche esercitazione e suggerimento su come staccarsi dai “blocchi di partenza” e raggiungere il mondo.
Nel frattempo, cliccate qui, ed aiutatemi in una piccola ricerca che sto conducendo… che ne dite?
Se volete saperne di più recuperate i lavori di Richard Lazarus e Susan Folkman in STRESS, APPRAISAL and COPING – 1984.
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Massimo Chionetti
HR Trainer | Consultant | Attore
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