Tricotillomania: l’ossessione dello “strappo”
TTM, una visione fenomenologica di chi soffre dal bisogno irresistibile di strapparsi peli e capelli
Sono in una sala d’aspetto, in attesa di svolgere un colloquio di lavoro. Ho necessità di riprendere a fare qualcosa: ho un figlio di 4 anni e il Natale è alle porte. Il partner contribuisce con quello che può. Il tempo passa, scandito da un odioso “tic-tac” di un orologio posto davanti a me. L’arredamento è anonimo: sedie, tavolini, tappeti di dubbio gusto.
Suona il campanello, e la segretaria di questo studio di selezione del personale risponde prontamente, invitando a salire, indicando piano e porta. Quello che ha detto a me, qualche minuto prima.
Senza accorgermene, la mano va sui capelli, e comincia a tormentarli, girandoli e rigirandoli tra le dita. Finalmente il ragazzo prima di me esce dalla porta dove devo entrare io: poco prima di entrare, da uno specchio posto nella stanza dove ho atteso fino adesso, mi accorgo che ho i capelli per aria, e s’intravede visibilmente un punto della nuca dove questi mancano proprio.
Inutile dire che il colloquio si rivela essere un disastro, nonostante non mi sia stata fatta notare quest’imperfezione estetica.
TTM, ovvero Tricotillomania
Una scena come tante, purtroppo, di chi è affetto da un disturbo già affrontato su questo magazine, che rimando per i dettagli più tecnici.
Per chi invece volesse approfondire ancor di più la tematica in questione, suggerisco la consultazione del recente testo “Tricotillomania“, di Bottesi, Cerea e Ghisi, Erikson ed., 2019. Nel testo sono presenti sette utili pagine di bibliografia per scendere ancor di più nel dettaglio del disturbo. TTM, il nome dell’articolo, è un acronimo, le iniziali, appunto del termine “TricoTilloMania”
Questo articolo però vuole essere più esponenziale che tecnico, con lo scopo dichiarato di dare una visione più “dall’interno” di questo malessere e poter così, previa immedesimazione con questa lettura, ricavare da soli una soluzione o parziale superamento alle inquietudini generate.
Tranquillizzerei i lettori dicendo subito che il toccarsi i capelli, la barba, i baffi, le sopracciglia fa parte dell’esperienza comune di ogni essere umano. Sono gesti dettati dai momenti, della durata di pochi istanti e che non vanno assolutamente a compromettere il normale svolgersi delle attività quotidiane.
Tenete presente, inoltre, che quando andiamo a toccarci la nuca – e relativi capelli e derivati “filiformi” – mettiamo in azione i muscoli degli avambracci, ed è notoriamente risaputo da millenni che, muovendoli, si scarica la tensione emotiva: avete mai visto quelle sfere di metallo vendute nei negozi orientali? Servono proprio a questo, a scaricare la tensione facendo rigirare nella mano queste sfere. Senza poi dimenticare i fidget spinner: quegli aggeggini rotanti che andavano di moda fino a qualche anno fa.
La tricotillomania diventa degna di interesse medico quando la persona non riesce fare a meno di fare tutti quei rituali descritti nell’articolo della collega, arrivando anche a provocare inestetismi di una certa importanza, come chiazze mancanti di capelli nella testa, zone vuote di peli nella barba, mancanza di sopracciglia.
Tricotillomania causa di vergogna e imbarazzo
Uno dei primi momenti che la persona si trova ad affrontare è la vergogna e poi l’imbarazzo: sa bene che non riesce a farne a meno, e i risultati di queste ossessioni col tempo iniziano a farsi manifeste. Alcune tecniche psicoterapiche prevedono di tagliarsi i capelli o la barba: il disturbo però tenderà a ripresentarsi, manifestandosi con un aumento dell’ansia e relative preoccupazioni. Non crediate che sia un fenomeno solo femminile: noi uomini possiamo riversare i nostri malesseri su barba e baffi, in quanto i capelli li teniamo generalmente tagliati più corti rispetto al gentil sesso.
Le tecniche cognitive possono funzionare e sono indicate come terapie d’elezione nella stragrande maggioranza dei casi.
A volte però bisogna andare a fondo della questione: il diario delle azioni, dove si riportano in una tabella redatta quotidianamente gli strappi e le emozioni ad essi collegate, è un ottimo strumento.
Associando il periodo dove ci “torturiamo” di più a certe situazioni, come la situazione familiare, quella lavorativa, ecc., possiamo intervenire praticamente nella gestione degli eventi, come ad esempio affrontando momento per momento la preoccupazione e cercare di trovare una soluzione ottimale ad essa.
La comprensione e la risoluzione
Torniamo al nostro esempio iniziale: la persona nota, al momento dell’ingresso nella stanza del colloquio, che non è la prima volta che si strappa i capelli. Non è un fatto episodico, altrimenti quella chiazza non avrebbe dovuto esserci.
Un primo passo potrebbe essere quello di fare mente locale sul quante volte ci si tocca la testa, prestando maggior attenzione alla sensazione tattile dei capelli contro la mano. Il colloquio andato male? Indietro non si torna, e probabilmente sarebbe dovuto andare così, a prescindere o meno dalla presenza di una potenziale tricotillomania.
Vedremo di presentarci in forma ai prossimi colloqui. Se la nostra testa insiste col farci credere che non avremo più chances utili, cambiamo punto di vista: è l’ansia, non la realtà oggettuale dei fatti.
Una volta verificata questa tendenza al tormento nella nuca che non riusciamo a controllare, andremo a porre l’attenzione su quei fatti che ci fanno preoccupare in quei momenti. Già il fatto di fermarci a pensare su un’ossessione ridimensiona molto il comportamento automatico.
Al prossimo colloquio, che ricapiterà di sicuro, avremo modo di arrivarci ascoltando i nostri pensieri, allontanando quelli catastrofici, adoperando ed esercitandoci su qualche tecnica che un professionista ci avrà insegnato (evitate il fai da te e rivolgetevi sempre da un collega che si è formato sui libri di testo e non su Google).
Col tempo, la presa di coscienza del numero di strappi in un determinato momento potrà aiutarci ad affrontare meglio la vita, e le problematiche che essa genera.
Utile è cercare la causa
A volte, come scritto sopra, un semplice diario non basta. Occorre arrivare alla causa – o più di una – che generano il disturbo. Allora può essere utile chiedere al professionista che ci sta seguendo di approfondire la questione, e arrivare alla radice di questo modo strano che abbiamo nel vivere la vita.
Come già espresso in un mio articolo sul Disturbo Ossessivo-Compulsivo su questo sito, la quale Tricotillomania sembra essere una sua diretta manifestazione, ci sono vari gradi di gravità anche in questa sindrome. Le forme più leggere possono essere affrontate da soli o con poche sedute di terapia, ma nei casi più gravi l’intervento congiunto di medici e psicoterapeuti è di fondamentale importanza per andare avanti.
Occorre non vergognarsi di ammettere la presenza di certi rituali come primo passo. Che in realtà è un grande passo, perché ammettere le proprie debolezza denota forza e grandezza d’animo e maturità. E poi il confronto quotidiano con questo “mostro” dentro di noi, pronto a comparire dal nulla, all’improvviso, quando sembra vada tutto per il verso giusto e ci percepiamo apparentemente sereni. Quotidiano, sì, perché la TTM è una strategia, una tecnica, che abbiamo preso da piccoli e adoperata da allora per ripararci dalle tempeste emotive, che nel corso degli anni si è rivelata essere in-adattativa, perché anziché farci stare meglio provoca l’effetto contrario.
Un’ultima rassicurazione: i capelli, la barba, le sopracciglia ricresceranno. I colloqui di lavoro si ripresenteranno. Nuovi doni scarteranno i nostri figli. E anche noi, come piante, continueremo a crescere, ad adattarci, a fiorire.
Chi sostiene il contrario fa il gioco, tangibile, dell’ansia.
Dott. Bruno Marzemin
Psicologo | Psicoterapeuta
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