
Autotune. Più dannoso in azienda che sul palco di Sanremo
Generazione Z e autenticità: un cambio di paradigma per le aziende
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Nelle aziende convivono diverse competenze e generazioni, ciascuna con le proprie peculiarità e aspettative. I “Boomer”, con la loro esperienza e competenza, si affiancano ai “Millennial” e alla “Gen Z”, portatori di nuove idee e tecnologie. Il recente dibattito sull’autotune, sulla sua utilità o legittimità, offre un interessante spunto di riflessione sul mondo del lavoro.
Il Festival di Sanremo rappresenta da sempre uno specchio delle trasformazioni sociali e culturali del nostro paese. L’edizione 2025 non fa eccezione, con artisti di diverse generazioni che si sono esibiti sul palco, portando con sé le proprie esperienze e influenze musicali.
L’autotune è diventato uno strumento tanto diffuso quanto controverso. Nato per correggere le imperfezioni vocali, oggi viene spesso utilizzato per creare effetti sonori innaturali, generando la fazione di chi sostiene l’autenticità vocale e quella contrapposta della gradevolezza del “prodotto” finale indipendentemente dal fatto che sia stato “corretto” o meno da un software.
Ma cosa succede quando questa logica di “perfezionamento” viene applicata al mondo del lavoro, in particolare alla necessità di raggiungere il benessere aziendale?
Proprio come l’autotune promette una performance vocale forse impeccabile, le aziende sono costantemente alla ricerca di modi per ottimizzare le performance dei propri dipendenti.
Vengono introdotti software di gestione del tempo, strumenti di monitoraggio delle performance e metriche di valutazione sempre più sofisticate. L’obiettivo è raggiungere la “perfezione” produttiva, eliminando ogni “imperfezione” o rallentamento.
Autotune aziendale: quando l’autenticità è stonata
In molti casi l’autenticità sembra essere diventata un optional, un dettaglio trascurabile. Insistono ancora molte realtà in cui i dipendenti si sentono spinti a “intonarsi” con il pensiero dominante, a conformarsi a modelli predefiniti, a “correggere” le proprie peculiarità per non stonare con il coro aziendale. Un atteggiamento che ricorda da vicino l’uso (e l’abuso) dell’autotune nel mondo della musica. Questa dinamica sembra essere più radicata nelle generazioni “boomer”, abituate a una cultura aziendale più rigida e gerarchica. Le nuove generazioni, millennial e soprattutto la Gen Z, mostrano una maggiore insofferenza verso questo tipo di adattamento formale. Per loro, l’autenticità e la possibilità di esprimere la propria individualità, sono valori imprescindibili. Se l’azienda non offre un ambiente in cui possono essere sé stessi, semplicemente se ne vanno.
L’autenticità nel mondo del lavoro è un tema sempre più dibattuto. Se da un lato le generazioni più “anziane” sembrano più inclini a conformarsi alle aspettative aziendali, spesso “intonandosi” con il pensiero dominante come fossero strumenti musicali “corretti” dall’autotune, le nuove generazioni, millennial e Gen Z, rivendicano il diritto di essere sé stessi anche sul lavoro. Vogliono lavorare in un ambiente in cui possano esprimere la propria individualità, le proprie idee, le proprie passioni, senza dover indossare una maschera o “correggere” la propria personalità.
Questa nuova sensibilità, ormai da qualche anno, ha messo in crisi il modello tradizionale di azienda, quello in cui l’uniformità e la conformità erano premiate. Ma le resistenze sono ancora tantissime e le aziende che vogliono attrarre e trattenere i talenti più giovani, devono ripensare la propria cultura, creando un ambiente in cui l’autenticità sia non solo tollerata, ma incoraggiata e valorizzata.
L’autenticità come motore di benessere e performance
L’autenticità è un valore fondamentale, sia nella vita privata che in quella professionale. Essere sé stessi significa esprimere le proprie idee, le proprie emozioni, le proprie fragilità, senza timore di essere giudicati o esclusi. Un ambiente di lavoro in cui l’autenticità è incoraggiata è un ambiente più sano, più creativo, più produttivo.
Eppure, nonostante i numerosi studi che ne dimostrano i benefici, l’autenticità fatica a farsi spazio nel mondo del lavoro. Troppi capi, spesso poco illuminati, continuano a premiare chi finge, chi si adegua, chi non “stona”. Un atteggiamento miope, che danneggia l’azienda nel suo complesso.
Allora, prima di criticare l’autotune nel mondo della musica, chiediamoci quanto siamo disposti a essere autentici noi stessi. Quanto siamo disposti a “stonare” con il coro, a esprimere le nostre idee anche quando non sono allineate con quelle del capo.
Essere sé stessi è un segno di benessere, non solo individuale, ma anche aziendale. Un’azienda che incoraggia l’autenticità è un’azienda che investe nel benessere dei propri dipendenti e, di conseguenza, nel proprio successo.
L’impegno delle aziende per un ambiente autentico
Per “correggere” l’autotune aziendale, non basta una semplice “operazione di facciata”. È necessario un cambiamento profondo nella mentalità e nella cultura aziendale attraverso una formazione mirata che investa in percorsi formativi che sviluppi le capacità di comunicazione autentica, l’intelligenza emotiva e la consapevolezza di sé.
È indispensabile parlare di leadership autentica, promuovere modelli che incoraggino l’espressione delle proprie idee, anche quando non allineate al pensiero dominante. In altri termini incentivare una cultura inclusiva: creare un ambiente di lavoro in cui la diversità sia vista come un valore aggiunto e non come un ostacolo. E allora, a meno che non siate sul palco dell’Ariston, che la stonatura abbia inizio
Dott. Fabio D’Armento
Trainer and Retail Sales Manager – Founder of Metodo Matra
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