India: un paese dai mille colori, e altrettante rotture di palle
Un viaggio indiano all’insegna dello strazio
Image by Darshak Pandya on Pexels.com
In seguito a questa finestra editoriale dedicata alle interviste di personaggi disparati, si torna a viaggiare. O meglio, si torna a scrivere di viaggio, visto che di viaggiare non ho mai smesso. In particolare, in questo articolo vorrei raccontarvi di un viaggio di due settimane che ho recentemente intrapreso in India. Da molto tempo desideravo visitare questo paese lontano, esotico, spirituale e tanto singolare. E finalmente ce l’ho fatta. E finalmente questo viaggio si è concluso.
Prime impressioni – Mumbai
Mi piace un sacco perché non ho mai visto una concentrazione di energie così diverse in un unico posto. Un bordello in tutti i sensi. E così sono anche le persone. Persone di cuore, vengono e chiacchierano, ti aiutano, ti offrono il tè per strada ecc. Un altro gruppo di persone invece è cafone, maleducato, irriverente e alcune persone oserei dire pure cattive. […] Quindi credo ci sia proprio un ventaglio di realtà apertissimo.
L’India poi è lercia. Io mi aspettavo fosse lercia ma non così tanto. Non è solo sporca, è a loro che piace tenerla sporca e sporcarla. Ci sono topi dappertutto. In tutte le grandi città ci sono topi, ma nelle zone non frequentate e di notte. Qui invece in pieno giorno nel caos i ratti ti tagliano la strada. Per rimanere in tema fauna ci sono le aquile. Basta alzare gli occhi al cielo e si vedono le aquile come a Milano si vedono i piccioni. Questo, al contrario, mi sembra stupendo. Credevo che le aquile volassero solo ad alta quota. […]
Devo dire che è pesante. Parlare con qualcuno fa piacere, ti fermano per strada, ti accompagnano, chiacchierano. Il punto è che anche quando non hai voglia hai sempre qualcuno attaccato. Non ti puoi rilassare un attimo.
I monumenti sono pazzeschi. Sono convinto che l’India sia un posto magico e che in passato lo sia stato ancor di più. Secondo me conserva enormi segreti. Questi monumenti sono fuori dal normale. Insomma, mi piace. Sono contento di essere qui. Però non è che mi piaccia perché è bella ma perché è una cosa a sé. Mettiamola così.
Quanto appena riportato è la trascrizione di un audio inviato a un’amica durante i primi giorni in India. Come si evince da questa testimonianza ero in balia degli stimoli di un mondo che non avevo mai conosciuto prima.
Sconforto a metà viaggio – Delhi, Agra (Taj Mahal), Jaipur (Città rosa) e Jodhpur (Città blu)
Appena arrivato a Delhi tutto era completamente diverso. I contrasti di Mumbai qui si erano accentuati. Come era già accaduto e come poi accadrà in tutte le altre città, alla stazione venni assalito da una banda di autisti con tuk-tuk che mi propinava insistentemente un passaggio per l’hotel. Sentivo il peso incombente di dinamiche che non risuonano con la mia essenza, decisi però che a questo punto era mia responsabilità voler vedere il bello in ciò che mi circondava. Così, a cuore aperto, presi un tuk-tuk e iniziai a sforzarmi di vedere le cose belle nel marcio. La spontaneità degli accadimenti da quel momento fino a qualche ora poco dopo mi riempì di esperienze fortissime e belle. Il viaggio in tuk-tuk, il check-in all’hotel immerso in una specie di baraccopoli dalle strade strettissime nella vecchia Delhi, la cena di mezzanotte a base di (chicken?) biryani presso un baracchino da strada proprio di fronte all’hotel circondato da ratti. Insomma, l’India autentica che cercavo. L’indomani mi svegliai e iniziai a girovagare per la città. Non appena misi piede fuori dall’hotel non ebbi un attimo di solitudine. Tutti mi invitavano a bere il masala chai (tipico tè indiano che si beve a piccoli shottini a tutte le ore del giorno) e a chiedermi chi fossi. Di nuovo, esperienza accrescitiva se non fosse per la pesantezza di queste persone e i doppi fini che percepivo. Ma decisi di fidarmi ancora e voler vedere il bello, facendomi convincere a recarmi presso il centro informazioni della città dove – a quanto pare – avrei dovuto ricevere informazioni gratuite sul mio itinerario in India. Essendo abituato a viaggiare sono sempre molto attento a eventuali truffe, ma gli indiani sono dei maestri in questo e da quell’ufficio informazioni uscii completamente truffato. Mi resi conto dell’effettiva truffa qualche giorno dopo quando, parlando con altri turisti conosciuti per caso, quello che mi avevano raccontato all’ufficio informazioni non era vero. Tra le tante cose, mi avevano detto che per via dell’alta stagione, dell’elevato inquinamento e altre circostanze non era possibile acquistare biglietti dei treni se non da loro (agenzia autorizzata dal governo). Finii per fidarmi, scoprire che ciò non corrispondeva alla verità e a pagare questi biglietti dieci volte il loro prezzo effettivo.
Io amo la trasparenza in tutte le sue forme. E queste prese in giro mi fanno soffrire nell’anima. Mi arrabbio e mi chiedo perché uno dovrebbe approfittarsene. E poi, pensando all’India, mi dico che sono poveri e disperati, e questo giustifica il tutto. Molto probabilmente, però, non un mio ritorno nel paese.
Alcuni sostengono che l’India inizialmente è odio, e appena la lasci si trasforma in amore. Io credo di aver vissuto entrambe le emozioni contemporaneamente. Tutte le emozioni vengono vissute in maniera molto intensa, e naturalmente in questa intensità rientrano anche emozioni molto belle che toccano il cuore. Spesso venivo fermato per strada da ragazzini e scolaresche interessati a sapere chi fossi, da dove venissi, che cosa ci facessi in India e che cosa pensassi del loro paese (poveri loro). Colloquiare con loro mi ha sempre commosso moltissimo. Mi raccontavano le loro storie, la loro religione, la loro vita, passioni, sogni. Momenti di grande condivisione senza doppi fini.
Ultima tappa, finalmente – Jaisalmer (Città dorata)
Finalmente si giunge all’ultima meta del viaggio. Durante queste due settimane avevo pensato se abbandonare il paese, ma non essendo il tipo che si tira indietro decisi di resistere fino alla fine. Inoltre, da circa un anno avevo scoperto l’esistenza di un deserto nel nordovest dell’India, e ora che c’ero quasi non potevo saltarlo. Jaisalmer è una cittadina molto graziosa, di mattoni color sabbia che sembra ergersi direttamente dalla terra offrendo uno scenario senza tempo. Potrebbe ricordare un villaggio dell’antica Arabia, ma con un tocco vagamente hindi. Qui trascorsi solo una notte perché la vera gita era nel deserto. L’indomani passarono a prendermi con una jeep per recarci a un’ora di strada in direzione Pakistan. Durante il tragitto si possono notare piccoli villaggi desertici sparpagliati lungo la strada principale. Mi chiedevo che vite conducessero i loro residenti, che cosa pensassero, che dialetti parlassero.
Una volta giunto nel deserto conobbi altri ospiti, altri viaggiatori come me con cui ebbi il piacere di trascorrere tempo di qualità tra cavalcare i cammelli e osservare le stelle di fronte a un falò. Durante queste esperienze mi consolai a venire a conoscenza del fatto che anche loro stavano vivendo le mie stesse difficoltà. Spesso, quando si viaggia da soli, ci si sente abbandonati in una bolla di esperienze che, anche se raccontate con le migliori parole, non si sarà mai in grado di condividere, così come è difficile far passare la gioia e lo sconforto di averle esperite. A Jaisalmer, grazie a queste conoscenze, mi sentii un poco meno solo e l’India divenne una grande esperienza formativa piuttosto che un momento da dimenticare.
Ciao ciao, India!
Diciamo che a questo punto posso dire di non aver scritto un articolo all’insegna del pensiero positivo. Ci tenevo però a far trapelare quella che è stata la mia esperienza senza edulcorare gli accadimenti. Inoltre, uno degli insegnamenti che ho appreso durante il mio percorso spirituale è l’importanza di non voler ricorrere sempre e per forza al pensiero positivo, ma è più saggio osservare le situazioni senza identificarsi con le stesse.
Un aspetto a cui vorrei dedicare ancora due parole è che quando viaggio amo immergermi nella cultura del luogo e mangiare, spostarmi, vivere come i locali perché il mio viaggio sia il più autentico possibile. Bene, questa cosa la sconsiglio in India. È un paese talmente ricco che anche viverselo nel comfort non preclude la possibilità di essere a contatto con la cultura, evitando però così rischio di peste e disagi di varia natura. Inoltre, mi è stato detto che l’India meridionale è un altro mondo. L’estesa vegetazione e le classi sociali più omogenee dovrebbero regalare un’esperienza meno hardcore e più connessa alla natura e alle discipline olistiche.
Vorrei concludere questo articolo con un pensiero riguardo all’India di @andreaginko_mindful (Instagram) e @andreaginko (YouTube). Andrea è un ragazzo che conosco attraverso il suo canale YouTube di meditazioni guidate e che era in India proprio quando vi ero anch’io. Per via di itinerari diversi non riuscimmo a incontrarci, ma credo che la sua citazione condivisa come storia su Instagram racchiuda in modo eccellentemente conciso l’essenza di questo paese.
In India hai l’impressione che tutto sia visibile, che la verità per quanto cruda possa essere non sia mai nascosta, ne sei sempre consapevole. Sei consapevole della morte del corpo, ad esempio, che qui viene cremato in un rito suggestivo a molto forte al quale ho assistito ieri.
Per un’esperienza multimediale vi ricordo che potete riguardarvi le mie storie in evidenza sull’India nel mio profilo Instagram @andreyferrii
Andrea Ferri
Interprete | Traduttore | Nomade Digitale
Bio | Articoli | Video Intervista AIPP Febbraio 2024
……………………………………………………………..