
Competere o appartenere?
Il bisogno di riconoscimento nell’età dell’incertezza
Image by Vitaly Gariev on Unsplash.com
In un mondo sempre più connesso, iper-competitivo e mediato digitalmente, i giovani sperimentano una tensione costante: performare per essere riconosciuti.
Non si tratta solo di ottenere voti alti o eccellere nello sport, ma di ricevere approvazione in ogni ambito della vita quotidiana: like sui social, complimenti dagli insegnanti, riconoscimento da parte dei pari o della famiglia.
La competizione, sia esterna sia interna, diventa così la lente principale attraverso cui misurano il proprio valore. Ogni successo diventa un piccolo tassello di conferma, ogni insuccesso una fonte di ansia e frustrazione. Ma questo paradigma lascia poco spazio all’idea di appartenenza: al sentirsi accolti, non per ciò che si fa, ma per ciò che si è.
Sentirsi parte di un gruppo, di una comunità o anche solo di un contesto scolastico sicuro, è essenziale per sviluppare fiducia in sé stessi e stabilità emotiva.
L’adolescenza e la prima giovinezza sono fasi particolarmente delicate perché coincidono con la costruzione dell’identità. In questa fase, il riconoscimento sociale ha un peso enorme: ragazzi e ragazze cercano conferme dal gruppo dei pari, dalla scuola e dalla famiglia, a volte ignorando il proprio bisogno interiore di appartenenza.
Quando il valore personale viene definito esclusivamente attraverso la performance, l’insicurezza cresce, manifestandosi con stress, ansia da prestazione e sensazioni di inadeguatezza.
La pressione costante di “dover essere bravi” in tutto – dallo studio agli hobby, dall’aspetto fisico alla popolarità online – può trasformare l’adolescenza in un periodo di forte vulnerabilità emotiva.
Allo stesso tempo, la tensione tra competere e appartenere non è solo psicologica, ma anche sociale e culturale.
La società contemporanea enfatizza il successo individuale e la visibilità, mentre gli spazi di autentica connessione e accoglienza si riducono. Questo squilibrio crea un paradosso: per essere accettati e sentirsi valorizzati, i giovani sentono il bisogno di distinguersi, ma proprio questo li può allontanare dalla relazione autentica con gli altri.
Comprendere questo conflitto è il primo passo per offrire strumenti di supporto e strategie che bilancino riconoscimento, competizione e appartenenza (Baumeister & Leary, 1995; Renshaw, Long & Cook, 2015).
Appartenenza come bisogno psicologico fondamentale
Il bisogno di sentirsi parte di qualcosa è tanto antico quanto l’essere umano. Non è solo una questione affettiva, ma una necessità psicologica che plasma l’identità e regola l’equilibrio emotivo.
Negli anni ’90, gli psicologi Roy Baumeister e Mark Leary condussero un esperimento classico: mostrarono che anche brevi esperienze di esclusione sociale – come essere ignorati in un semplice gioco di passaggi virtuale – generavano reazioni fisiologiche simili al dolore fisico (Baumeister & Leary, 1995). Il cervello registra l’esclusione come una ferita reale.
Questo esperimento, poi replicato da Naomi Eisenberger con risonanza magnetica funzionale, ha rivelato che l’area cerebrale attivata durante il “dolore sociale” è la stessa coinvolta nel dolore fisico (Eisenberger, Lieberman & Williams, 2003).
Più recentemente, altri studi hanno esplorato come l’appartenenza influenzi motivazione e apprendimento. In un esperimento condotto all’Università di Stanford, a un gruppo di studenti universitari è stato chiesto di scrivere una breve lettera a futuri studenti raccontando come si erano sentiti accolti all’inizio del corso.
Questo semplice esercizio di “appartenenza indotta” ha ridotto il senso di solitudine e aumentato significativamente le prestazioni accademiche per mesi (Walton & Cohen, 2011).
Questi risultati mostrano quanto il riconoscimento sociale non sia un premio esterno, ma un nutrimento interno. Quando un giovane sente di appartenere – alla classe, al gruppo, a una comunità online sana – si attiva un circuito neurobiologico di sicurezza e fiducia che riduce l’ansia e rafforza la motivazione intrinseca. In altre parole, si apprende meglio quando ci si sente visti (Prinstein & Giletta, 2016).
Vantaggi e costi del paradosso della performance
Competere può dare slancio: stimolo, chiarezza di obiettivi, senso di progresso. I giovani che competono bene – con sé stessi, con gli altri – spesso ottengono riconoscimento sociale, accademico, economico, che consola e rafforza l’autostima (Durlak et al., 2011).
Tuttavia, il lato oscuro è che la performance diventa l’unica valuta. Quando il valore personale è misurato solo sui successi, il fallimento è vissuto come vergogna, la minima battuta d’arresto come prova di insufficienza.
Il confronto sociale, specialmente attraverso i social media, amplifica le aspettative: performance scolastica, estetica, successi visibili diventano paragoni costanti.
Uno studio su giovani di scuola media ha trovato che la comparazione dovuta all’aspetto fisico e la percezione delle aspettative altrui predicono aumenti di ansia sociale, se il supporto relazionale e il senso di appartenenza sono bassi (McQuaid, Viveiros & Wang, 2022).
Il paradosso è che, pur nel cercare di eccellere, molti giovani finiscono per isolarsi, temere il giudizio, evitare rischi, e perdere di vista che l’appartenenza – la relazione – è anch’essa fondamento della crescita personale (Wentzel & Ramani, 2016).
Come trasformare il conflitto tra competere e appartenere in una tensione produttiva anziché distruttiva? Ecco alcune piste:
- Educazione scolastica centrata sull’inclusione: promuovere contesti in cui tutti gli studenti si sentano accettati e valorizzati, non solo i migliori. Gli interventi che favoriscono il senso di appartenenza dimostrano impatti positivi sull’impegno, sul benessere e sul successo scolastico (Durlak et al., 2011).
- Ridurre il peso del giudizio esterno: insegnare ai giovani che l’errore è parte del processo e che il valore personale non è legato solamente al risultato. Promuovere ambienti in cui la vulnerabilità viene riconosciuta e normalizzata.
- Uso consapevole dei social media: l’appartenenza digitale può dare sostegno, ma anche creare una dipendenza da riconoscimento esterno. Aumentare la consapevolezza degli effetti della comparazione sociale aiuta a preservare l’equilibrio (McQuaid, Viveiros & Wang, 2022).
- Supporto psicologico e comunitario: la rete di relazioni con pari, famiglia e insegnanti attenua l’effetto dell’ansia da prestazione. Il supporto familiare e il sentirsi coinvolti in ambienti scolastici accoglienti mitigano ansia e sintomi depressivi sul rendimento (Renshaw, Long & Cook, 2015).
Alla ricerca dell’equilibrio
La giovinezza è un’epoca di domande profonde: “Chi sono?”, “Cosa valgono le mie battaglie?”, “Voglio essere scelto o voglio appartenere?”. In questa fase, ogni scelta, ogni successo e ogni fallimento sembrano determinare il valore personale.
Competere è umano, spesso stimolante e utile per crescere, sviluppare abilità e raggiungere obiettivi. Ma l’appartenenza è altrettanto indispensabile: sentirsi parte di un gruppo, di una comunità, di relazioni autentiche dà sicurezza, fiducia e radici emotive.
Riconoscere che competizione e appartenenza possano coesistere, e che l’appartenenza non sia “meno” ma piuttosto fondamento del benessere, è una via possibile per costruire identità solide e resilienti (Baumeister & Leary, 1995).
In un’epoca incerta, caratterizzata da pandemie, crisi economiche, instabilità sociale e rivoluzioni digitali, forse più che la vittoria conta il sentirsi parte, il “noi” che protegge, sostiene e convalida il “me”.
Essere riconosciuti come individui completi, al di là dei risultati raggiunti, permette di competere senza paura, di accogliere gli errori come opportunità e di vivere relazioni autentiche. Così, i giovani possono sviluppare una vita in cui il riconoscimento non è solo legato alla performance, ma al semplice fatto di essere, di esistere e di appartenere a qualcosa che li sostiene e li valorizza (Wentzel & Ramani, 2016).
Questo equilibrio tra competere e appartenere diventa, quindi, non solo una strategia di crescita personale, ma un vero antidoto alla solitudine e all’ansia da prestazione.
Bibliografia
Baumeister, R. F., & Leary, M. R. (1995). The Need to Belong: Desire for Interpersonal Attachments as a Fundamental Human Motivation. Psychological Bulletin, 117(3), 497–529. https://doi.org/10.1037/0033-2909.117.3.497
Eisenberger, N. I., Lieberman, M. D., & Williams, K. D. (2003). Does rejection hurt? An fMRI study of social exclusion. Science, 302(5643), 290–292. https://doi.org/10.1126/science.1089134
Walton, G. M., & Cohen, G. L. (2011). A brief social-belonging intervention improves academic and health outcomes of minority students. Journal of Personality and Social Psychology, 102(1), 79–93. https://doi.org/10.1037/a0025571
Renshaw, T. L., Long, A. C. J., & Cook, C. R. (2015). Assessing adolescents’ positive psychological functioning at school: Development and validation of the student subjective wellbeing questionnaire. School Psychology Quarterly, 30(4), 534–552. https://doi.org/10.1037/spq0000112
McQuaid, R. J., Viveiros, J., & Wang, W. (2022). Social media use and perceived belonging in adolescence: Links to mental health and academic engagement. Computers in Human Behavior, 128, 107123. https://doi.org/10.1016/j.chb.2021.107123
Durlak, J. A., Weissberg, R. P., Dymnicki, A. B., Taylor, R. D., & Schellinger, K. B. (2011). The impact of enhancing students’ social and emotional learning: A meta‐analysis of school‐based universal interventions. Child Development, 82(1), 405–432. https://doi.org/10.1111/j.1467-8624.2010.01564.x
Prinstein, M. J., & Giletta, M. (2016). Peer relations and developmental psychopathology. In D. Cicchetti (Ed.), Developmental Psychopathology: Vol. 3. Risk, Disorder, and Adaptation (3rd ed., pp. 527–579). Hoboken, NJ: Wiley. https://doi.org/10.1002/9781119125556.devpsy303
Wentzel, K. R., & Ramani, G. (2016). Peer relationships and positive adjustment at school. In K. H. Rubin, W. M. Bukowski, & B. Laursen (Eds.), Handbook of Peer Interactions, Relationships, and Groups (2nd ed., pp. 315–334). New York, NY: Guilford Press.

Dott.ssa Lorena Ruberi
Psicologa e Counsellor Umanistica
……………………………………………………………..
![]()

