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Dove va la meditazione?

Alcuni importanti appunti sulla pratica

Image by Ben White on Unsplash.com


In tanti anni di professione ho lavorato e pubblicato molto sulla meditazione. Ho fatto ricerca e docenza universitaria a contratto per diversi anni, l’ho spiegata ed insegnata ai medici e a molti professionisti sanitari. Ne ho spiegato tecniche, utilizzi, metodi, usi ed abusi.

Ho codificato e sviluppato tecniche cercando di adattare le tecniche stesse al paziente, non il paziente alle tecniche, e la cosa si è rivelata altamente vincente in diversi settori.

Ho visto pazienti di ogni genere con i quali ho lavorato nel campo della psicosomatica, della psiconeuroendocrinoimmunologia, della psicooncologia, nel campo delle malattie neurodegenerative, nella malattia cronica e del dolore, e tanto tanto altro.

Ho collaborato con professionisti e colleghi di tutto il mondo e ho avuto l’onore, il beneplacito, lo stimolo e le benedizioni del tuttora Dalai Lama. Ho portato avanti tante idee e spero di avere destato curiosità e interesse, di avere invogliato qualcun altro a studiare, ricercare, approfondire.

Oggi abbiamo tranquillamente dunque la facoltà di asserire che le tecniche di meditazione possono, anzi dovrebbero essere ritenute essenziali per un qualsiasi percorso psicologico o medico, e anche fare parte integrante di qualsiasi terapia.

Ci sono però due fattori importanti da considerare e sottolineare. Altrimenti la meditazione non può essere compresa e serve a niente.


Una, o tante tecniche di meditazione?

La prima cosa da sottolineare è che quando si parla di meditazione, si pensa generalmente, o perlomeno il pensiero di molti va subito alla cosiddetta Mindfulness.

L’importantissima precisazione da fare è che esistono INFINITE tecniche di meditazione, e come ripetuto alla nausea ma probabilmente non ancora oggi ben compreso, è che nessuna è superiore alle altre e che nel campo della meditazione nessuno inventa qualcosa di nuovo o di originale (e se dice di farlo, potete pure sospettare un interesse economico nascosto…).

Dunque: per molti meditazione equivale appunto a Mindfulness, che è diventato quindi un concetto abusato (nulla contro questa tecnica sia assolutamente chiaro, è ottima come tutte le tecniche, stiamo solo parlando dell’ abuso psicologico e sociologico di un idea); nella mente di molti altri invece la meditazione più “potente” è la Meditazione Trascendentale; e ancora, per diversi lama buddhisti la migliore meditazione è rappresentata dai mantra.

Bene. La meditazione deve essere invece concepita come un vestito: ognuno ha la propria taglia. La Mindfulness, la Meditazione Trascendentale, la mia Harmony, la Vipassana, la Zen, i mantra etc. sono TUTTE tecniche di meditazione assolutamente ottime. Va semplicemente scelta od indicata da un professionista quella che per ognuno è ritenuta più appropriata, vuoi per le motivazioni della pratica, vuoi per i tempi, per le difficoltà (non tutti ad esempio riescono a lavorare sugli stessi canali sensoriali), oppure per gli effetti collaterali. Già: le tecniche di meditazione possono avere diversi effetti collaterali e per qualcuno non essere praticabili (magari si può cambiare semplicemente tecnica, prima di dire che la meditazione non ha funzionato), e differenti tecniche hanno diversi effetti collaterali. Per alcuni soggetti invece sono proprio sconsigliabili, ed è inutile o dannoso per un paziente continuare a proporgliele (diciamo la verità fino in fondo: vendergliele).

La meditazione è un insieme di scienza ed arte. Qualcosa di umanamente, professionalmente, e scientificamente…sacro. E’ qualcosa che tutti dovremmo “imparare” (le virgolette saranno occasione di altri articoli ed approfondimenti) sin da bambini e tenerlo come un immenso tesoro per tutta la vita.

Un richiamo va quindi necessariamente alla ricerca scientifica. Ci sono appunto infinite tecniche di meditazione, ma quando si fa ricerca troppo spesso troviamo sempre e solo l’attenzione puntata sulle solite poche tecniche. E ciò risulta significativamente anche svalutante per l’intero panorama scientifico. Sarebbe un po’ come fare ricerca su una sola molecola e ignorarne altre che magari potrebbero anche essere più efficaci.

Volendo aggiungere ancora qualcosa riguardo l’argomento, può diventare particolarmente difficile e a volte anche poco sensato e corretto poi focalizzarsi su un preciso numero delle sedute, in quanto ha assolutamente poco senso focalizzare gli studi su una terapia centrata come fosse “sul farmaco” piuttosto che, caratteristica fondamentale della meditazione, sul paziente. Ognuno infatti ha i suoi “tempi” per raccogliere i suoi risultati. Anche questo concetto sarà argomento di futuri articoli.


Il buono e il cattivo praticante

Devo quindi parlare di una tipologia di praticante che temo non porterà mai a casa i frutti del lavoro e degli insegnamenti di un maestro o di un esperto. E’ la persona curiosa che spesso vuole sapere, ma che in realtà guarda il dito e non la luna. Non me ne vogliano alcuni, intendo solo dire che in una società usa e getta, anche una certa cultura ha avuto spazio, quella di una spiritualità soltanto a parole. Ogni giorno fioriscono nuovi guru, terre promesse, palestre o centri fondati da personaggi davvero improponibili, lasciatemelo dire.

Non ho parole e non voglio usarle per definire una spiritualità da quattro soldi in vendita. Tecniche che di tutto hanno tranne che essere vera meditazione. Corsi e “maestri” che promettono miracoli e invece vendono fuffa. Mode con esercizi e tecniche che tutto sono tranne che tecniche di meditazione.

La meditazione è una cosa seria. Ho visto appunto tantissimi pazienti arrivare dicendomi “ma io ho già fatto meditazione! E non mi è servita a niente!”, per poi chiedergli di mostrarmi cosa avevano fatto per così tanto tempo (in realtà poi quasi sempre si scopre che era comunque per poco tempo) e non averne avuto alcun beneficio…e vedere che tutto avevano fatto tranne che tecniche di meditazione.

Dove vuole andare quindi, la meditazione? Io personalmente innanzitutto vorrei andasse nella mente e soprattutto nel cuore delle persone in maniera corretta. Vorrei che fosse praticata con  intelligenza, non soltanto come moda perché adesso fa new age.  La meditazione è scienza, metodo e cultura, ed è qualcosa di millenario.

E’ una pratica che andrebbe insegnata (meglio: insegnata ad essere sviluppata) dicevo già da bambini, che dovrebbe essere insegnata (idem come sopra) a scuola e su cui la ricerca scientifica dovrebbe puntare molto di più e meglio. Non deve essere considerata solo un mero complemento per una qualsiasi terapia o come una tecnica rilassante o antistress, e non deve essere considerata come un ansiolitico o un antidepressivo o come pronto soccorso solo quando ne abbiamo bisogno. Perchè è altro e molto, molto di più. Ne vanno assolutamente riconosciuti i meriti sia in psicologia che in medicina.

Innanzitutto la meditazione è ed implica comprensione di sé stessi, ed è (ri)dare un equilibrio psico-fisiologico a chi la pratica. Modifica sia la cellula che la personalità, chiaramente potenzialmente in meglio. Ha notevoli e tuttora ancora molti sconosciuti effetti psicologici, fisiologici, organici, epigenetici. E’ un importantissimo ponte, possiamo dire, tra lo psicologico e l’organico. E le sue applicazioni, come le tecniche, sono infinite. Io personalmente le ho utilizzate ed insegnate in ambito universitario, come dicevo, nella terapia del dolore, in campo oncologico, in campo educativo, in campo sportivo, ed in tantissimi altri settori.

Non è quindi un mero antistress e non è una tecnica di rilassamento come molti erroneamente pensano. E’ anzi un percorso impegnativo; e “percorso” significa fare una strada, anche lunga e  difficile. Non funziona come prendere una pillola e aspettarsi che un mal di testa passi da un  momento all’altro. Bisogna invece sedersi (anche se in realtà qualsiasi posizione è accettabile a patto che sia stabile) e praticare con costanza.

Come si può pensare di cambiare infatti se non si ci mette in gioco? (piccola nota da psicologo: molte persone pretendono tra l’altro in primo luogo che debbano essere gli altri a cambiare, e non se stessi…). E per cambiare, ci vuole un tempo indefinito (“indefinito” non sta per “infinito”). Questo tempo può variare da un battito di ciglia ad anni, anche tutta la vita, ed è diverso per ognuno.

Non si può generalmente pretendere di avere risposte in pochissimo tempo. Non è possibile, mi spiace. Non siamo ancora in odore di santità. Per i miracoli istantanei citofonare ai piani alti, per quanto riguarda le neuroscienze invece, un piccolo passo alla volta praticando meditazione può portare molto più lontano e fornire molti più risultati di una pillola, che può anche funzionare all’inizio ma perdere la sua efficacia nel tempo.


Un pensiero conclusivo

Nella marea di pensieri sulla meditazione, ho sempre trovato molto chiaro e significativo questo pensiero della poetessa Oriah Mountain Dreamer, che descrive così l’aiuto che aveva dato a un’ iscritta a un seminario: <Alla fine di una giornata lunghissima venne da me una donna ed esile. “Posso fare questa meditazione per conto mio?” chiese. “Si”, risposi, “sono sicura che può, anche se molti trovano più facile intraprendere una pratica meditativa con l’aiuto di un gruppo. E’ proprio duro mantenere la disciplina per conto proprio.” “Ma cosa mi darà? Che cosa otterrò facendola ogni giorno?” e continuò: “Dopo quanto tempo comincerà a funzionare? Sentirò una differenza entro una settimana? Come farò a sapere che sta funzionando?”. Era esattamente il genere di cose che detesto: la ricerca di un sistema veloce per aggiustare le cose, il desiderio di risultati garantiti, le risposte semplicistiche; fai questo e otterrai quello. Feci un respiro profondo, la guardai direttamente, e le dissi: “La meditazione è un processo, più che una attività orientata verso uno scopo. La può aiutare a prendere maggiore consapevolezza di ciò che succede in lei e intorno a lei, e questo può contribuire a moltissime cose. Il mio consiglio migliore è di provare ad essere paziente con se stessa, nient’altro.”>

Se vogliamo imparare a meditare davvero, dobbiamo (re)imparare un nuovo stile di vita, un modo nuovo di pensare e di fare esperienza, un nuovo biglietto per il viaggio in stessi e nei rapporti con gli altri. Tra le tante tecniche, le tante scuole, sceglietene una e praticate (mi raccomando SEMPRE sotto la guida di un esperto) e magari cambiatela se non vi soddisfa; seguitene anche più di una, ma fatelo! Praticate! Impegnatevi! Siate sinceri! Vivete!

E se dopo un sufficiente periodo qualcuno vi fa da specchio e vi dice che non siete cambiati di una virgola e che siete ancora uguali a prima, se non riuscite ancora a confrontarvi con voi stessi e con gli altri, allora vuol dire che la meditazione proprio non l’avete capita.


Dott. Alessandro Mahony Autore presso La Mente Pensante Magazine
Dott. Alessandro Mahony
Psicologo
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