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Il fragile trono dell’onnipotenza

Voglio essere un dio

Image by Gage Walker on Unsplash.com


Sigmund Freud (1914) considerava il narcisismo primario una fase fisiologica e necessaria dello sviluppo infantile. In questo stadio evolutivo, il bambino si concentra su se stesso, si sente onnipotente e non distingue tra sé e il mondo esterno; si trova in uno stato di fusione con l’Altro. L’onnipotenza, pertanto, rappresenta una fase evolutiva attraverso la quale tutti passiamo, una fase necessaria per crescere e sperimentare il proprio potere.

Questa grandiosità, tuttavia, ha bisogno di essere ridimensionata con la crescita e ciò avviene solitamente attraverso quella che in psicanalisi viene definita “ferita narcisistica”, per cui il bambino, scontrandosi con le inevitabili frustrazioni che mettono un limite al suo potere e al suo egocentrismo, riesce gradualmente ad uscire dalla dipendenza assoluta dal genitore/caregiver e a separarsene emotivamente.

Tuttavia, quando durante l’infanzia si crea una ferita narcisistica troppo profonda (Kohut, 1971; Lacan, 1974) a causa di eventi traumatici e problematiche nelle relazioni con le figure genitoriali, l’individuo subisce un danno emotivo che colpisce l’autostima e la percezione di sé e genera un grande vuoto interiore. Tali esperienze negative e/o traumatiche possono implicare:

  • abusi fisici o emotivi;
  • trascuratezza;
  • un abbandono reale o emotivo da parte del/i caregiver;
  • il rifiuto, ossia la percezione di non essere accettato e voluto;
  • l’umiliazione legata ad episodi di derisione, svalutazione pubblica o critiche eccessive, che si accompagnano solitamente ad emozioni di vergogna.

In questi casi, il bambino non si sente riconosciuto come persona e nei suoi bisogni più profondi, in primis nel suo bisogno di essere amato.

Come conseguenza di queste esperienze traumatiche e dei vissuti che le accompagnano, può sviluppare una percezione di se stesso come sbagliato e indegno di amore e attenzione.


Quando il narcisismo diventa patologia

A partire da queste premesse, si può assistere allo sviluppo nell’individuo di un vero e proprio narcisismo patologico, caratterizzato da un senso esagerato della propria importanza e da un bisogno costante e incalzante di ammirazione e validazione da parte degli altri. In questi casi è presente un eccesso di attenzione verso se stessi, un’immagine grandiosa di sé, mancanza di empatia, arroganza e presunzione, oltre che insensibilità nei confronti degli altri e dei loro bisogni.

Dal punto di vista emotivo il narcisista prova spesso una grande rabbia, che rappresenta una difesa inconscia che ha l’obiettivo di cancellare il dolore provocato da chi originariamente non l’ha visto, non l’ha compreso. Si tratta di individui che tendono a porsi in atteggiamento di sfida e di competizione, manifestando invidia nei confronti di chi temono possa essere superiore a loro; inoltre, si mostrano manipolativi e hanno bisogno di svalutare le altre persone.

Nelle relazioni affettive hanno difficoltà a legarsi ad un partner per evitare e scongiurare di vivere di nuovo l’esperienza originaria della perdita e dell’abbandono. Instaurano, pertanto, rapporti superficiali che vanno a confermare l’immagine grandiosa che hanno di sé. In particolare, cercano partner apertamente fragili dal punto di vista emotivo, spesso con dipendenza affettiva, funzionali a mantenere il loro senso di potere, dominio, controllo e onnipotenza; hanno bisogno, infatti, di avere vicino persone che li idealizzano e li gratificano, rinunciando ai propri bisogni per soddisfare i loro.


Il complesso di superiorità

Si sviluppa quello che Adler (2012) chiama “complesso di superiorità” in reazione ad un sottostante e nascosto “complesso di inferiorità”. La tendenza a mostrarsi superiore e migliore degli altri è volta a proteggere l’individuo dalla sensazione di vulnerabilità e copre un enorme senso di inadeguatezza, di non essere abbastanza, di incapacità e di inferiorità.

Così, alcune persone che hanno vissuto esperienze infantili traumatiche e si portano dietro un senso di inadeguatezza e di indegnità molto profondi, trovano come unica possibile reazione difensiva l’iper-compensazione, ossia il sentirsi grandiosi e superiori rispetto agli altri, per evitare di sentire la sofferenza di sentirsi vuoti e inutili, per evitare l’annichilimento. Il senso di onnipotenza si espande e diventa una modalità compensatoria necessaria per andare avanti nella vita.

Ogni piccola frustrazione viene vissuta come inaccettabile e rifuggita, alla ricerca della sensazione di onnipotenza che, concretamente, può essere trovata ad esempio:

  • nelle fantasie di invincibilità e di successo;
  • nei videogiochi che simulano la realtà e alimentano un senso di sé grandioso e la percezione di essere desiderati e desiderabili; con i videogiochi, sempre più realistici grazie allo sviluppo tecnologico, si può diventare leader, assumere identità eroiche, sentirsi degli eletti;
  • attraverso droghe come la cocaina che, nel momento di euforia, permettono di sperimentare il senso di onnipotenza tanto desiderato.

Narcisismo e dipendenza

Quando nel profondo del proprio sé c’è una grande ferita emotiva, in alcuni casi, l’individuo cerca di alimentare il bisogno di sentirsi grandioso attraverso la dipendenza da sostanza, o altri tipi di dipendenza.

La condizione vissuta con l’oggetto di dipendenza (la sostanza, il cibo, il gioco d’azzardo, il videogioco, un partner…) rappresenta infatti un modo per ritornare allo stato di dipendenza precoce sperimentato all’inizio della propria vita, in cui si era un tutt’uno con l’Altro, in cui non esistevano frustrazioni, insicurezza o dolore. Una situazione in cui scompare la sensazione di essere indifesi, vulnerabili e inadeguati. Con la dipendenza si prova quell’ebrezza del piacere, del senso di onnipotenza, che annulla tutti i problemi e le preoccupazioni, che annulla tutte le sofferenze. L’individuo può sentirsi potente, capace e desiderabile.

Accade tuttavia che l’effetto “magico” determinato dall’oggetto della dipendenza non riesca ad essere mantenuto costantemente. Così la persona, in alcuni momenti, ricade nel senso di nullità, inutilità, inadeguatezza e nella sensazione di vuoto interiore, sperimentando di nuovo una grande sofferenza e una sindrome da astinenza che portano a cercare disperatamente e impulsivamente di ripristinare la propria grandiosità, ricorrendo di nuovo all’oggetto di dipendenza: si tratta di un desiderio impulsivo definito craving. Si instaura così un circolo vizioso difficile da interrompere, che alimenta la dipendenza.


Conclusioni: oltre l’illusione dell’onnipotenza

La strada che conduce dal narcisismo primario infantile allo sviluppo di una personalità narcisistica patologica e, in alcuni casi, alle dipendenze, rivela un comune denominatore: la ricerca disperata di colmare un vuoto interiore attraverso l’illusione dell’onnipotenza.

Il desiderio di “essere un dio”, di possedere il controllo assoluto, di non sentirsi vulnerabili, di essere al centro dell’universo, rappresenta un tentativo estremo di compensare ferite emotive profonde. Da qui la difficoltà di chiedere aiuto: ricorrere al supporto di qualcuno o ad un aiuto professionale, significherebbe ammettere a se stessi di avere delle vulnerabilità e riaprire di nuovo la propria ferita interiore. Allo stesso tempo, tuttavia, alimentare la propria grandiosità conduce a rimanere soli con se stessi, senza possibilità di creare legami con gli altri.

Il percorso di guarigione richiede innanzitutto il riconoscimento della propria vulnerabilità, richiede di esporsi all’altro mostrando i propri limiti, per chiedere aiuto. La psicoterapia può offrire uno spazio protetto dove finalmente le ferite narcisistiche possono essere riconosciute e affrontate, dove è possibile costruire, per la prima volta, una relazione vera ed autentica con l’altro.

In conclusione, rinunciare al bisogno di “essere un dio” permette di costruire un’identità autentica che non sia basata su un’immagine distorta di sé, permette di fare spazio alla propria umanità, con tutte le sue imperfezioni e limitazioni, ma anche con la sua autentica potenzialità di connessione, crescita e significato. Solo così il vuoto interiore che alimenta la ricerca disperata di onnipotenza può essere gradualmente colmato da un senso più profondo e duraturo di valore personale.

La vera forza non risiede nell’illusione dell’onnipotenza, ma nella capacità di riconoscere la propria vulnerabilità e di costruire, a partire da essa, un’identità resiliente capace di affrontare le inevitabili frustrazioni e sfide della vita.


Bibliografia

Adler, A. (2012). La scienza del vivere. Roma: Edizioni universitarie romane.
Freud, S. (1914). Introduzione al narcisismo. Torino: Boringhieri.
Kohut, H. (1971). Narcisismo e analisi del sé. Torino: Boringhieri.
Lacan, J. (1974). Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dell’Io, in Scritti, vol. I. Torino: Einaudi.


Dott.ssa Claudia Cioffi Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Dott.ssa Claudia Cioffi
Psicologa e Psicoterapeuta Analitico Transazionale
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