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Il senso del giusto

Come nasce (e a volte si spegne) la nostra moralità

Image by Mei-Ling Mirow on Unsplash.com


Essere una persona morale è da sempre considerato un valore positivo. Ma che cosa significa, davvero, essere morali? Forse, in questo caso, non tutti darebbero la stessa risposta. La moralità, infatti, è un concetto complesso e multifattoriale che, pur permeando la nostra vita quotidiana, assume forme diverse a seconda delle esperienze personali e culturali. Eppure, in ogni società la moralità risulta indispensabile in quanto contribuisce a mantenere la coesione tra le persone e a prevenire i comportamenti violenti (Antonaccio & Tittle, 2008). La psicologia, inoltre, ha dimostrato che agire in modo “morale” non solo permette di instaurare relazioni più sane e autentiche nei gruppi e nelle comunità ma comporta anche un maggiore benessere dal punto di vista della salute mentale individuale (Killen & Smetana, 2006).

Ed è per tale motivo che ricercatori e studiosi di psicologia (e non solo) si occupano da decenni dell’ambito morale proponendo, nel corso del tempo, numerose teorie nel tentativo di comprendere sia la natura della moralità che le sue modalità di formazione lungo l’arco della vita.


Dal Super-Io al ragionamento morale

Sigmund Freud fu tra i primi a proporre una spiegazione psicologica della moralità. Nel suo modello strutturale della mente, il Super-Io rappresenta l’interiorizzazione delle regole morali e dei valori sociali, distinguendosi dall’Es, sede delle pulsioni istintuali, e dall’Io, mediatore tra i bisogni interni e le richieste della realtà esterna. La moralità, secondo Freud, è dunque una struttura della mente che si forma nel tempo e agisce come un giudice interiore, capace di guidare i comportamenti attraverso il senso di colpa e di dovere.

Successivamente, gli psicologi Jean Piaget (1932) e Lawrence Kohlberg (1976), esponenti del pensiero cognitivista, considerarono la moralità non più come una semplice istanza psichica, ma come una forma di ragionamento che evolve insieme alle capacità cognitive generali dell’individuo.

Piaget individuò due stadi fondamentali: lo stadio della moralità eteronoma e lo stadio della moralità autonoma. Durante il primo, tipico dell’infanzia, le regole sono viste come assolute e immutabili da rispettate esclusivamente per evitare punizioni; in questo stadio, inoltre, l’individuo ritiene che ad ogni trasgressione debba corrispondere una punizione equivalente, secondo una logica “occhio per occhio, dente per dente”. Solo a partire dal secondo stadio si iniziano a considerare le regole come un insieme di accordi reciproci, basate sul rispetto e sulla cooperazione e che, quindi, possono quindi essere modificate a seconda dei contesti. In questo senso, chi compie una trasgressione non deve essere necessariamente punito ma, prima di tutto, educato al rispetto degli accordi comuni.

Kohlberg ampliò questa prospettiva delineando tre livelli di sviluppo morale: Pre-convenzionale, in cui il giudizio morale è guidato dal desiderio di evitare punizioni o ottenere vantaggi personali; Convenzionale, in cui l’agire morale risponde al bisogno di conformarsi alle aspettative sociali e mantenere un ordine nel proprio contesto di riferimento; Post-convenzionale, caratterizzato dalla capacità di ragionare in base a principi etici universali, al di là delle convenzioni sociali.

Per Kohlberg, il ragionamento morale può essere stimolato e potenziato attraverso la discussione di dilemmi morali, situazioni ipotetiche che mettono in conflitto valori diversi e costringono a prendere una decisione che avrà sempre una conseguenza anche negativa (come nel celebre dilemma di Heinz: ruberesti un farmaco per salvare la vita di una persona cara?). Attraverso il confronto e il dialogo, le persone possono sviluppare una maturità morale crescente, affinando la capacità di pensare in modo etico e complesso.


L’intuizione morale: il giudizio che nasce dal sentimento

Negli ultimi decenni, la Moral Foundations Theory (Haidt & Joseph, 2004) ha introdotto una prospettiva innovativa sul tema della moralità: il giudizio morale non deriva solo dal ragionamento cognitivo, ma affonda le sue radici in intuizioni automatiche e immediate. Secondo questa teoria, le intuizioni morali sono “un’improvvisa comparsa di un sentimento valutativo (mi piace / non mi piace, buono / cattivo) di fronte a una situazione morale, senza alcuna consapevolezza cosciente di aver attraversato un ragionamento cognitivo” (Haidt & Bjorklund, 2008, p. 188). In altre parole, il giudizio morale emerge da un’intuizione istintiva e innata, frutto dell’evoluzione, che poi viene affinata e sviluppata dal ragionamento morale, il quale interviene solo dopo e agisce come un “avvocato interno” che giustifica e razionalizza intuizioni già formate.

Le intuizioni, inoltre, secondo Haidt riguardano in particolare cinque fondamenti morali universali che, pur variando nella loro importanza da cultura a cultura, orientano i giudizi su ciò che è giusto o sbagliato: Cura/danno, Equità/inganno, Lealtà/tradimento, Autorità/sovversione e Purezza/degradazione.

Da questa prospettiva, la moralità appare come una disposizione naturale, radicata nella nostra storia evolutiva e presente al di là dell’apprendimento o dell’educazione. A sostegno di questa visione, numerosi studi su animali sociali, in particolare sui primati non umani, hanno mostrato comportamenti che ricordano forme primitive di senso morale. Celebre è l’esperimento di Frans de Waal con le scimmie cappuccine, che reagiscono con indignazione quando assistono a un’ingiustizia nella distribuzione del cibo: un segnale che il senso di equità potrebbe avere origini molto più antiche di quanto si pensasse.


Quando l’intuizione non basta: il ruolo del disimpegno morale

Tuttavia, è opportuno sottolineare che, se le intuizioni morali hanno radici innate, questo non significa che l’essere umano sia naturalmente buono o che agisca sempre in modo etico. Gli ostacoli al comportamento individuale infatti possono essere rappresentati principalmente dall’ulteriore innata tendenza a perseguire il vantaggio personale. La psicologia morale contemporanea ha messo in luce l’esistenza di diversi meccanismi di disimpegno morale ovvero strategie cognitive che permettono di giustificare azioni contrarie ai propri principi senza provare senso di colpa (Bandura, 2017). Tali meccanismi, come la diffusione di responsabilità, la minimizzazione del danno o la deumanizzazione dell’altro/vittima, consentono di ridurre il conflitto interno tra ciò che sappiamo essere giusto e ciò che conviene fare. Inoltre, la letteratura mostra che possedere un buon livello di ragionamento morale non garantisce automaticamente comportamenti morali. Le scelte etiche sono spesso influenzate da interessi personali, pressioni sociali o distorsioni emotive.


Allenare il senso del giusto: come nasce e cresce la moralità

Come quindi poter trasformare un’intuizione morale in un comportamento morale? Promuovere lo sviluppo morale significa andare oltre l’insegnamento di regole o la semplice riflessione teorica: la moralità si costruisce soprattutto attraverso l’esperienza diretta (Tuana, 2006; Scuotto et al., 2024). Le persone imparano ad agire eticamente quando vengono poste di fronte a situazioni reali o simulate, che permettono di immedesimarsi negli altri, riflettere sui propri valori, compiere delle scelte e comprendere le conseguenze delle proprie decisioni.

In questa direzione, videogiochi narrativi e ambienti immersivi di realtà virtuale stanno assumendo un ruolo crescente in ambito educativo, poiché consentono di esplorare dilemmi morali complessi e di sperimentare diversi punti di vista, stimolando empatia e riflessione etica (Chirico & Gaggioli, 2018). Allo stesso modo, esperienze affettive intense, come la meraviglia, la gratitudine o la compassione, note come emozioni trasformative (Chirico & Yaden, 2018) possono ampliare la prospettiva personale e accrescere la motivazione ad agire in modo prosociale, rafforzando il legame con gli altri e rendendo più salienti le nostre intuizioni morali innate.

Il contesto educativo svolge un ruolo cruciale in questo processo. Scuole e famiglie rappresentano spazi privilegiati per coltivare la consapevolezza morale, favorendo esperienze di confronto, discussione e cooperazione. Attività come giochi di ruolo, narrazioni, film o esperienze collettive capaci di stimolare scelte etiche ed emozioni intense possono aiutare bambini e ragazzi a trasformare le proprie intuizioni morali in comportamenti realmente etici.

In un’epoca segnata da incertezze valoriali e crisi relazionali, da violenze immotivate e dalla perdita di un senso esistenziale che porta a continue deresponsabilizzazioni, promuovere la moralità significa curarsi di formare cittadini consapevoli e responsabili, capaci di agire secondo principi di rispetto, equità e solidarietà. Questo dovrebbe essere il primo dovere di ogni società.


Bibliografia

Antonaccio, O., & Tittle, C. R. (2008). Morality, self‐control, and crime. Criminology, 46(2), 479-510.
Bandura, A. (1997). Self-efficacy: The exercise of control. New York: Freeman.
Bandura, A. (2017). Moral disengagement in the perpetration of inhumanities. In Recent developments in criminological theory (pp. 135-152). Routledge.
Chirico, A., & Gaggioli, A. (2023). Virtual reality for awe and imagination. In Virtual reality in behavioral neuroscience: New insights and methods (pp. 233-254). Cham: Springer International Publishing.
Chirico, A., & Yaden, D. B. (2018). Awe: a self-transcendent and sometimes transformative emotion. The function of emotions: When and why emotions help us, 221-233.
Haidt, J., & Bjorklund, F. (2008). Social intuitionists answer six questions about moral psychology, Vol 2. In C.B.Miller & W.Sinnott-Armstrong (Eds.), The cognitive science of morality: Intuition and diversity (pp. 181–217). MIT Press.
Haidt, J., & Joseph, C. (2004). Intuitive ethics: How innately prepared intuitions generate culturally variable virtues. Daedalus, 133(4), 55-66.
Killen, M., Smetana, J. G., & Smetana, J. (2006). Social–cognitive domain theory: Consistencies and variations in children’s moral and social judgments. In Handbook of moral development (pp. 137-172). Psychology Press.
Kohlberg, L. (1976). Moral stages and moralization: The cognitive-development approach. Moral development and behavior: Theory research and social issues, 31-53.
Piaget, J. (1932). Le jugement moral chez l’enfant.
Scuotto, C., Triberti, S., & Iavarone, M. L. (2024). Digital games to promote transformative emotions and support moral development. Innovating Teaching & Learning. Inclusion and Wellbeing for the Data Society, 176.
Tuana, N. (2006). Moral literacy and ethical leadership. In 2nd annual moral literacy colloquium, University Park (Vol. 27).


Dott.ssa Chiara Scuotto Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Dott.ssa Chiara Scuotto
Psicologa, Psicoterapeuta in formazione sistemico relazionale e dottoranda in Psicologia
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