Il senso di superiorità morale
Cos’è e come riconoscerlo
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Secondo Ekman, il senso di superiorità morale o disprezzo è costituito da:
- Svalutazione di un target sociale o di un comportamento dal punto di vista morale (divisione personale giusto/sbagliato). È importante individuare cosa la persona ritenga giusto e sbagliato.
- Valutare positivamente se stessi.
Il disprezzo è una delle emozioni primarie come definisce Paul Ekman che implica un confronto con un altro individuo (disgusto morale) e la valutazione al di sotto dei propri standard.
È possibile distinguere due forme di disprezzo, una “non morale” ed una “morale”.
Il disprezzo “non morale”, definito anche come “disprezzo di base”, è rappresentato una valutazione negativa dal soggetto riguardo le capacità dell’altro a cui viene attribuita una mancanza di potere e inadeguatezza nel rispecchiare i suoi standard. La mancanza di rispetto in questo caso è legata al fatto che la persona disprezzata è considerata carente di quelle capacità necessarie a soddisfare lo standard e gli viene riconosciuta l’impossibilità di acquisirle nel tempo: “non c’è niente da fare”.
Il disprezzo “morale” ha le stesse componenti cognitive di quello “di base”, ma oltre all’inadeguatezza, al soggetto disprezzato viene attribuita anche la responsabilità rispetto alle proprie carenze. Vi è una valutazione, da parte del soggetto disprezzante, basata sul “poter acquisire” la carenza da parte del soggetto disprezzato che però non compie lo sforzo. L’evitamento assume quindi una forma di esclusione sociale, non solo come allontanamento, ma anche come punizione verso l’altro.
Alcuni autori pongono un’ulteriore distinzione di disgusto, identificando il disgusto sociale e il disgusto morale: il disgusto sociale è una forma di disgusto legata a convenzioni sociali associata al ricordo nel comportamento diretto a persone il cui aspetto fisico assume connotati “animaleschi”, il disgusto morale, è legato a violazioni del codice morale di cui la persona è responsabile giudicandola e disumanizzandola come “non conforme allo standard di essere umano” con distanziamento fisico e sociale, con una doppia valenza, punitiva (come nel disprezzo morale) e difensiva per proteggersi dal contagio morale. Il disgusto è legato questioni di etica, dignità e integrità umana, e assume una funzione adattiva come misura autodifensiva e punitiva, con connotazione positiva quando condanna illeciti comportamentali.
Tutte le forme di disgusto hanno delle comuni caratteristiche di sensibilità alla contaminazione, intesa come minaccia alla propria integrità attraverso il contatto o l’associazione, la paura della contaminazione e l’evitamento dello stimolo motivato dalla paura. Queste caratteristiche ci chiariscono della netta differenza tra disgusto e disprezzo, definendole come due emozioni differenti: nel disprezzo non c’è né sensibilità alla contaminazione né paura della contaminazione e la persona disprezzata non è percepita come contagiosa: è solo inferiore e indegna di stima non suscitando paura; nel disgusto sì.
I ricercatori del California Institute of Technology hanno confermato che, in alcune situazioni sociali, la rabbia va di pari passo con il disgusto e il disprezzo. Pertanto, il disprezzo sarebbe un’emozione non semplice e primaria, ma complessa che si basa su una valutazione negativa del valore di una persona, ma che suscita anche sentimenti di odio e ostilità. Ciò è stato confermato anche da uno studio condotto presso l’Università di Bari, in cui si è appreso che il disprezzo “pensa” e provoca una grande attivazione di alcune aree del cervello come l’amigdala, la struttura del cervello per eccellenza deputata all’elaborazione delle emozioni.
Il senso di superiorità morale in Criminologia e Psicologia
Il senso di superiorità morale lo troviamo in Criminologia e Psicologia, in cui troviamo nel disprezzo dei movimenti solo di una parte del volto e gli angoli delle labbra alti e tesi.
All’interno della psicopatologia, il disprezzo lo troviamo nel Disturbo Narcisistico di Personalità in cui:
- Il soggetto ritiene sempre di essere nel giusto;
- Il soggetto vuole salvare la propria autostima e non trovando punti di forza in sé stesso svaluta costantemente gli altri;
- Il soggetto svaluta moralmente il target dell’offesa;
- Il soggetto ritiene che il target appartenga ad un gruppo sbagliato (ad es., stragista di massa su base ideologica, terrorismo su base ideologica).
Gli psicologi dell’Università della California hanno analizzato un campione di 1.300 persone e hanno scoperto il “disprezzo disposizionale”. Il disprezzo disposizionale è la tendenza di alcune persone a disprezzare, allontanare ed evitare coloro che infrangono gli standard; quindi, potrebbe essere considerato un tratto della personalità di un individuo poiché sono “disprezzatori professionisti”, esperti nel guardare gli altri dall’alto al basso con superiorità, rifiuto e disgusto.
Interessante è che le persone che mostravano un disprezzo disposizionale nelle loro relazioni, avevano anche maggiori probabilità di essere invidiose degli altri, arroganti o rabbiosi. Inoltre, erano più fredde e distaccate nelle loro relazioni interpersonali, con caratteristiche narcisistiche, perfezionisti e in alcuni casi con tratti antisociali.
Le persone con tendenza al disprezzo disposizionale erano anche emotivamente fragili, con attaccamento insicuro e bassa autostima. Il disprezzo si attivava principalmente quando le persone erano coinvolte in situazioni in cui percepivano uno scarso potere o competenza (una sorta di falsa alta autostima).
Ciò suggerirebbe che, quando il disprezzo diventa una reazione comune, potrebbe nascondere una insicurezza profonda, diventando un meccanismo di difesa per proteggere un io fragile.
Bibliografia
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Dott.ssa Fabiola Raffone
Psicologa Clinica | Criminologa | Grafologa | Esperta in Psicodiagnostica |
Terapista della riabilitazione psichiatrica | Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale i.f.
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