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Inseguire i propri sogni, follia o saggezza?

Consapevolezza, uscire dai propri limiti

Image by Tran Phu on Unsplash.com


Prima sogno i miei dipinti, dopo dipingo i miei sogni – Vincent  Van Gogh

Sono seduto nella mia stanza a Belluno, guardo le montagne ancora innevate solo sulle punte più alte, in questo pomeriggio di Maggio, mentre mi sto preparando ad accogliere i partecipanti del prossimo seminario di costellazioni familiari dal titolo, gratitudine. Un capriolo stamani mi ha scortato facendo a gara con la mia macchina,  per alcune centinaia di metri, e nel vedere la sua bellezza, forza, intensità una riflessione ha cominciato a risuonare dentro di me.

Quante volte mi ritrovo a dovermi confrontare, nella stanza di terapia con persone che hanno rinunciato ai propri sogni, o che non sanno più dove guardare nella propria vita, dove riuscire a mettere la prua della loro barca.

Mi sono sempre chiesto cosa accade, per cui ad un certo punto si alzano le mani, è un processo iniziato quando, accade all’improvviso, è un lento susseguirsi di fallimenti, ci si arrende all’idea che non è possibile, oppure ha a che vedere con lo scarso valore che sentiamo nei nostri confronti. E se sentiamo di avere scarso valore, ci siamo mai chiesti dove abbiamo incominciato a sentirci così.  È perché abbiamo imparato a seguire i sogni di qualcun altro, dimenticandoci dei nostri o ci è stato  insegnato che dalla vita non possiamo aspettarci un gran che. E se è questo chi ce lo ha insegnato.

Quante convinzioni abbiamo su chi siamo, quante idee, governano la nostra personalità, e molte volte  i limiti che ci poniamo non sono neanche nostri.

Andrea arriva nel mio studio, disperato, depresso, ha lo sguardo di chi ha rinunciato a potersi dare il permesso di sentirsi vivo, il tono della voce, la postura, la sua storia tutto insomma racconta di un essere umano che nonostante  la sua età sembra già vecchio. Andrea ha 41 anni, la sua vita si trascina dentro ad abitudini consolidate, un lavoro decente, una relazione che funziona, ci si conosce da anni, il solito giro di amici con cui uscire. Nei suoi occhi sembra che la luce si sia spenta. Eppure se è venuto da me una qualche speranza in fondo alla sua anima doveva ancora essere presente. È in crisi perché la sua compagna gli ha chiesto un figlio. Ci vorranno alcune sedute per scoprire che Andrea ha rinunciato tempo fa a se stesso, lasciando il pianoforte, considerato dalla sua famiglia solo divertimento, un passatempo, e invece che iscriversi al conservatorio, si è iscritto ad un professionale, su consiglio della madre. Non voleva deluderla. È da quella rinuncia se ne sono aggiunte altre.


Consapevolezza, la vita non guarda in faccia nessuno, semplicemente avanza

Sto imparando a guardare le persone anche come espressione dell’eredità familiare che portano, spesso senza esserne consapevoli. Ognuno di noi ha  sue specifiche qualità, capacità, caratteristiche, che impariamo ad adattarli al contenitore che ci sostiene e ci permette di crescere, famiglia, scuola amici e quant’altro. La nostra personalità è espressione di questo adattamento, restituendoci sia i punti di forza che le sue fragilità.

Scopriamo presto cosa funziona oppure no per avere attenzione, per essere visti, avere un familiare, una nonna, un nonno oppure un genitore, talvolta un fratello o una sorella  che ha un occhio di riguardo  restituisce alle nostre qualità un’ importanza che porteremo nel cuore per sempre.

È con chi ci  sta intorno, spesso i genitori o membri familiari stretti che costruiamo il nostro specifico modo di riconoscere e affermare il nostro valore. Inoltre senza saperlo dalla nostra storia familiare recuperiamo, ereditiamo possibilità, esperienze, vissuti, tentativi alle volte fruttuosi altre volte fallimentari.


Ma l’errore si può evitare?

No, l’errore è parte del percorso.

Spesso le persone confondono l’oggetto del loro sognare con il modo di sostenere, dare  luce forza ai loro progetti.

Quello che sto apprendendo è che la vita agisce come una sorta di specchio mettendoci davanti, attraverso le esperienze che viviamo, quello che in profondità si muove, talvolta coscienti altre volte no, sotto forma di pensieri, sensazioni, emozioni. Scoprire come possiamo guidare fino al raggiungimento dei nostri obbiettivi, implica un mettere in discussione le nostre convinzioni con il confronto con ciò che la realtà ci restituisce, affrontando, limando, togliendo, apprendendo da tutto ciò che incontriamo lungo il percorso.

Come scultori dobbiamo riuscire a togliere ciò che è superfluo per far emergere il disegno contenuto nell’anima.

Davide e Francesca arrivano nel mio studio devono comprare  la  casa sognata, progettata da anni. Il punto è che l’hanno trovata. E da quando sanno di dover fare la proposta non fanno altro che litigare, con Anna che restituisce a Davide spesso la sua volontà di andare via. Desiderio di fuga o paura di rimanere?

Per entrambi appartenere è, per le storie che portano dalle loro famiglie di origine un pericolo, un rischio, meglio rimanere da soli è più sicuro, quello che però mette i bastoni tra le ruote  è che  si amano, e se si lasciassero entrambi soffrirebbero. Il dilemma è quale sofferenza scegliere, tra lasciarsi e rimanere da soli  o rischiare di costruire qualcosa insieme.


Non c’è via di uscita, dobbiamo vivere

Spesso la mente arriva alla conclusione basta, non ne posso più. La faccio finita.

Eppure  basta un solo istante di bellezza, innamorarsi di nuovo, rispolverare un sogno nel cassetto,  una nuova opportunità inaspettata, per ritrovarci a progettare, a prenderci cura di noi stessi, a sentirci vivi, a ritrovarci a volerci bene, a credere che  possiamo anelare a qualcosa di diverso.

La canzone di Luciano Ligabue, “il giorno di dolore che uno ha“, restituisce l’immagine attraverso le parole di questo nostro viaggio, in fondo al cuore c’è la sensazione che meritiamo, aspiriamo a sentirci gioiosi, appagati, insomma vivi.

Francesca ha avuto un tumore alcuni anni fa, viene nel mio studio, ha 35 anni, gli occhi sono vivi. Accompagnata dalla madre, che non la lascia mai, ha un sogno prendere l’aereo e andare negli Stati Uniti e attraversare il paese. La madre a queste parole scuote bonariamente la testa, sorridendo come a dirle con affetto e amorevolezza, dai smettila di sognare, sai che non è possibile. Chiedo a Francesca come si sente, e il viso diventa duro. È sempre stato così ai miei sogni lei ha sempre anteposto la sua paura. Ma stavolta è diverso, non sono qui per me ma per lei, l’aiuti ad accettare la mia partenza. Gli occhi della madre si inumidiscono, vorrebbe protestare, dirle, non partire, rimani qui, è pericoloso, io so cosa sia il pericolo, vengo da una famiglia dove mio padre, tuo nonno, beveva, ed era violento. Ci sono voluti solo due incontri affinché la madre accogliesse il viaggio di Francesca, entrambe in realtà erano già pronte a fidarsi l’una dell’altra.

C’è una vecchia storia, due donne vanno da re Salomone, rivendicando l’apparenza del  figlio. Il re le interroga, ed entrambe rispondono perfettamente, e la questione va avanti per giorni, senza che il re ne venga a capo. Irritato e stufo allora il re decide, dividerò il figlio con un colpo di spada perfettamente in due così ognuno avrà la sua parte. Una delle due donne urla, no la madre è lei, lo tenga.

Ecco l’amore permette di fare scelte dolorose, tenendo conto solo del bene dell’altra parte.


Stefano Cotugno Autore presso La Mente Pensante Magazine
Dott. Stefano Cotugno
Psicoterapeuta Sistemico Relazionale
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