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Memoria: l’incredibile storia mai esistita della corda indiana

Un viaggio tra magia, misteri e falsi ricordi…


È attribuita a William James (1890), padre della psicologia americana, la frase:

Guai a noi se ricordassimo tutto quello che è penetrato nella nostra memoria: saremmo più confusi che se ci dimenticassimo di tutto.

Questa frase spiega bene la memoria selettiva: il nostro cervello, quando assistiamo ad un gioco di prestigio ci dice cosa ricordare e cosa no, attraverso la selettività del processo mnestico.

Ciò dimostra che la memoria non sia oggettiva e che, in misura minore, anche quando assistiamo a un effetto di magia ciò che racconteremo successivamente sarà differente una volta richiamato alla memoria: più tempo passa e più la versione dei fatti sarà sempre più lontana dalla realtà dei fatti, con l’inserimento di dettagli o tramite omissioni.

La selettività del processo mnestico, la confusione delle fonti e la confabulazione instilleranno nello spettatore un falso ricordo, a questo proposito, vi rimando alla lettura del mio articolo dal titolo: “Memoria: perché spesso ci tradisce“.

Oltre alla selettività, la memoria ha anche una forte componente legata alle emozioni: le teorie dell’apprendimento sostengono all’unanimità che la traccia mnestica venga riconsolidata quando un comportamento o stimolo è seguito da rinforzo (Pavlov, 1927; Skinner, 1938; Thorndike, 1913; Watson, 1930), suggerendo come vi fosse una stretta correlazione tra memoria ed emozioni e, in particolare, come le memorie dipendenti dai meccanismi di rinforzo possono ugualmente dipendere dall’attivazione (arousal) emozionale.

Un’interazione esemplificativa tra aspetti emotivi e cognitivi è certamente quello delle flashbulb memories (Brown & Kulik, 1977).

Queste non sono altro che ricordi quasi “fotografici” connotati da particolare vividezza e persistenza, legati a un evento significativo e vissuti con una forte carica emotiva.

Questi ricordi si caratterizzano per il fatto che gli individui conservano dettagliatamente e a lungo, non solo il ricordo dell’evento in sé, ma anche la circostanza in cui hanno appreso la notizia, il luogo in cui si trovavano, il momento della giornata, l’attività in corso di svolgimento, la fonte della notizia, la reazione emotiva vissuta al momento, gli altri presenti e le loro reazioni emotive, e le immediate conseguenze dell’evento. (Mecacci, 2001)

Ma diversi studi hanno dimostrato che questo tipo di ricordi non così accurati come ipotizzato inizialmente: i risultati, infatti, suggeriscono che i ricordi più che essere lucidi, sono vissuti con grande intensità e sicurezza.

In altre parole, sembra di ricordare nel dettaglio, ma in realtà quei dettagli che ricordiamo sono dettati solamente dalla forte carica emotiva legata a quel momento, portando alla creazione di un falso ricordo.

Milioni di americani hanno impresso chiaramente dove si trovassero nell’esatto momento in cui avvennero gli attentati terroristici al World Trade Center l’11 settembre 2001 («I had just returned to the newsroom at the Newcastle Evening Chronicle with my lunch to find the image on the TV of smoke pouring out of the first tower»), durante l’esplosione dello shuttle Challenger in diretta televisiva nel 1986 («It was a Tuesday morning in the US, and groups of schoolchildren were gathered around television sets to watch the orbiter lift off from the Kennedy Space Center in Florida») o nel giorno dell’omicidio di J.F. Kennedy, a Dallas, nel 1963 («Many children of the ’60s can recall exactly where they were on November 22, 1963»)


Il più grande effetto di magia al mondo: “La corda indiana”

Un caso singolare di memoria emozionale, all’epoca ritenuto un vero e proprio gioco di prestigio, è quello della corda indiana.

Questo interessante caso ha origine da un articolo controverso della testata Chicago Tribune dell’8 agosto 1890: un articolista di nome John Wilkie scrisse di due ragazzi, studenti all’università di Yale, e della loro esperienza nell’aver assistito come spettatori all’indian rope trick durante uno dei loro viaggi.

I due riferirono di aver visto, in India, un bambino dell’età di sei anni, salire su una corda sospesa inspiegabilmente da un fachiro con effetto di levitazione e sparire completamente nel nulla.

I due, dotati di fotocamera sostenevano di aver scattato delle foto all’evento, tuttavia negli scatti non appariva nulla di anomalo oltre ad un fachiro in posizione seduta.

Dopo l’uscita dell’articolo, nonostante la sua ritrattazione da parte della testata nelle settimane successive, molte persone affermarono di aver assistito a questo effetto, in particolare, a una versione più macabra dello stesso: dopo la sparizione, il fachiro, non sentendo risposta da parte del giovane ai suoi richiami, si arrampicava anch’esso sulla corda brandendo un coltello e sparendo nel nulla riappariva tra le urla con parti del ragazzo, che appariva completamente smembrato.

Tra le urla e lo sconcerto dei presenti, le parti del giovane venivano inserite in un cesto di vimini e, con un gesto magico, il bambino usciva fuori dal cesto, intero e pieno di energie.

Secondo diverse fonti, questo effetto, sarebbe già stato già descritto nelle Upanishad, in vecchi resoconti del IX secolo (di Adi Shankara), del XIV secolo (di Ibn Battuta) e del XVII secolo (dall’imperatore Mughal Jahangir), secondo altre gli effetti descritti sarebbero simili all’effetto della corda indiana ma non identici: in molti non veniva menzionata la parte di sparizione e di mutilazione.

Dall’inizio del Novecento e negli anni a seguire, molti prestigiatori avanzarono ipotesi sul metodo utilizzato, offrendo anche ricompense in denaro per chi fosse stato in grado di eseguire l’effetto (tra loro anche Harry Blackston, Howard Thurston e Jasper Maskelyne molto noti all’epoca).

Molteplici sono infatti i tentativi, negli anni, di spiegare in maniera più o meno bizzarra quale fosse stato il metodo originale utilizzato in India, come leggiamo in questo articolo del Cicap:

Nel corso del Novecento furono proposte alcune possibili soluzioni per svelare l’enigma.

Negli anni ‘30, un prestigiatore tedesco suggerì che la corda fosse truccata e composta da ossa di pecora che si incastravano l’una nell’altra formando una sorta di “palo” rigido su cui un ragazzino si poteva arrampicare.

Negli anni ‘50, invece, la spiegazione più popolare sosteneva che il numero si svolgeva in un avvallamento.

Un filo sottile come un capello ma resistentissimo era steso tra le due colline e la corda del mago, quando era lanciata in aria, si agganciava a questo filo grazie a un piccolo arpione nascosto a un’estremità.

Il numero si svolgeva di sera, quando il ragazzino saliva la corda e, nascosto dal buio e dal fumo prodotto dai falò, sembrava scomparire.

Il mago, avvolto in un ampio mantello, saliva poi anch’egli in cima alla corda e, al riparo dal fumo, toglieva da sotto il mantello gli arti amputati di una scimmia e li gettava a terra.

Il ragazzino, infine, scendeva con lui, nascosto sotto il mantello, e alla fine del numero fingeva di ricomparire al posto degli arti amputati“.

Anche il duo magico Penn & Teller ha assistito ad una versione dell’effetto della corda indiana durante un viaggio in India, durante le riprese di Penn & Teller show nel 2003 (Guarda il video)

I parapsicologi inglesi Richard Wiseman e Peter Lamont, nel 1996, condussero uno studio catalogando tutte le testimonianze oculari esistenti del fenomeno: tra quanto riportato in libri, saggi, articoli di giornali e riviste, si giunse a un totale 48.

Eliminando le testimonianze indirette, le testimonianze in cui non venne riportato alcun riferimento temporale e quelle non sufficientemente esaustive nelle descrizioni, il numero scese a 21 versioni, poi suddivise in 5 categorie ordinate sulla verosimiglianza di quanto raccontato.

Dalla ricerca, si evidenziò come più tempo passava, tra l’anno in cui il fenomeno era stato osservato e l’anno in cui veniva descritto (o in cui venisse riportata la testimonianza), tanto più le descrizioni dell’evento si arricchivano di particolari poco probabili se non del tutto impossibili.

Si concluse, pertanto, che l’intera storia era quasi sicuramente una leggenda nata dalla mente di John Wilkie e basata su un abile numero di giocoleria appartenente alla tradizione indiana e al fachirismo.

La corda, infatti, era con molte probabilità un bastone in equilibrio e non vi era mai stata nessuna mutilazione né sparizione.

Il ricordo delle cose passate non è necessariamente il ricordo di come siano state veramente. – Marcel Proust


Bibliografia

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Edoardo Ares Autore presso La Mente Pensante Magazine
Edoardo Ares
Formatore Aziendale | Esperto di Processi Percettivi | TEDx Speaker
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