Relazioni manipolative
Cuori avvelenati: meccanismi invisibili e coraggio di rinascere
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Come mai ci sono persone che sminuiscono, beffeggiano e respingono, e non si fermano fino a che l’altro non perde la padronanza di se stesso? Perché questo avviene in relazioni strette in cui dovrebbero esserci confini, rispetto e attenzione verso l’altro? Dove conduce questo comportamento? E come mai chi subisce questo trattamento invece di interrompere la relazione cerca ancora di più il riconoscimento da quella persona che gli sta causando malessere?
Avviene senza limiti di età, di genere e di cultura. Sono relazioni malate di figli che bullizzano genitori e viceversa, uomini che sminuiscono donne e viceversa, anziani maltratti e insultati da chi ne dovrebbe avere cura, e possono purtroppo durare anni.
E pur sembrando impensabile questo tipo di relazioni riguardano molto spesso anche la vita di donne leader, di personaggi pubblici, artisti e influencer.
Le dinamiche relazionali del disagio sono tossiche e manipolative e oggi diffuse, a volte esaltate e a prese come modello di superiorità sociale dai giovanissimi, anche grazie all’impoverimento del linguaggio dei social media. Il tema è ampio e attualissimo.
Capire come funzionano questi meccanismi non solo aiuta a dare un nome alla sofferenza, ma apre anche la strada alla guarigione. Il mio obiettivo qui, è di rispondere in modo sintetico e comprensibile ad alcune domande importanti e frequenti sulle relazioni tossiche, toccando entrambe le prospettive della vittima e del persecutore, e cercando di offrire comprensione e supporto a chi si sente intrappolato.
Che vantaggio ha nel maltrattarmi?
Chi ricopre il ruolo del prepotente spesso trae vantaggio psicologico dal dominio sull’altro. Questo comportamento può essere spiegato dal concetto di “narcisismo maligno” o dalla ricerca del potere per mantenere un senso di controllo e valore personale. Il narcisista patologico si nutre della distruzione dell’altro, ricavandone un senso di grandiosità[1]. Il senso di superiorità e il controllo possono temporaneamente calmare un vuoto interiore profondo, a scapito della dignità della vittima.
Smetti di cercare di cambiarlo e dedicarti alla tua cura e alla tua guarigione.
Come mai non si ferma anche quando sto mostrando segni evidenti di malessere?
Anche quando l’altra persona sta evidentemente soffrendo, il prepotente fatica a fermarsi. Uno dei motivi è il rinforzo positivo. Se ha imparato nel tempo che il controllo porta benefici come attenzione, potere e soddisfazione, smettere equivarrebbe a perdere la fonte del proprio equilibrio. Il sistema di ricompensa del cervello gioca un ruolo essenziale nel mantenere comportamenti distruttivi. Quando si ottiene una gratificazione, anche se è tossica, il cervello rinforza quella strada neurale.[2]
E tu smetti di mostrargli quanto soffri pensando di smuovere i suoi sentimenti, piuttosto chiedi aiuto a chi può capire e darti davvero ciò di cui hai bisogno per uscire da questa dinamica.
Resterà così e nessuno gli metterà un limite? Non sarà possibile fermarlo?
Sebbene possa sembrare che chi esercita il controllo goda solo di benefici, le conseguenze psicologiche a lungo termine possono essere gravi. L’abitudine a manipolare e sminuire erode lentamente le capacità empatiche, generando un senso di isolamento e alienazione. La persona con un disturbo narcisistico delinea la propria identità sui trofei umani che conquista, ma è destinata a sentirsi vuota[3]. Questo vuoto interiore si traduce in una dipendenza da dinamiche tossiche per sentirsi vivi.
Quando ne sarai fuori non ti importerà più di quello che gli succederà, sarà sua responsabilità curarsi così come è la tua curarti.
Come mai sono vittima di relazioni che mi causano malessere?
Chi si trova nel ruolo della vittima spesso ha storie di vita che lo predispongono a tollerare la manipolazione. Esperienze infantili caratterizzate da genitori critici o assenti possono creare un senso di inadeguatezza cronica. Il bambino che ha vissuto con genitori emotivamente inaccessibili cresce con la convinzione di dover guadagnare amore e accettazione[4]. Questa radice psicologica crea adulti che cercano disperatamente conferme da persone che le negano.
Capire l’origine aiuta tuttavia non basta. Continuare a vivere nel ruolo di vittima alimenta rabbia e l’autostima migliora quando si cominciano ad adottare comportamenti nuovi. Perché qualsiasi cosa ti sia capitata da bambino non ne eri responsabile, tuttavia sei responsabili di quello che ne fai oggi.
Come mai mi dimentico velocemente di quello che subisco e resto nella relazione?
Il tentativo di ottenere approvazione e amore da una persona che rifiuta di darlo si trasforma in un ciclo di sofferenza perpetua. La mente della vittima entra in uno stato di iper-vigilanza, aspettando costantemente segnali di riconoscimento che non arrivano. Ogni piccolo gesto positivo del manipolatore viene interpretato come un segnale di speranza, mentre la costante negazione rafforza sentimenti di autocolpevolizzazione. Questo crea una trappola emotiva difficile da spezzare.
Questo è un punto davvero critico, ci vuole molta forza per uscire dalla fissazione su chi ti nega l’amore o lo dosa ad uso manipolativo. È importante che tu senta compassione per quella persona in te che è debole di fronte a questo gioco e che a piccoli passi cominci a staccare l’attenzione da lì e a fare altro che non riguardi la relazione, attività concrete aiutano.
Dove mi porterà questa altalena di sofferenza?
A lungo termine, le vittime di relazioni tossiche possono sviluppare disturbi come ansia cronica, depressione e una profonda perdita di autostima. Le relazioni abusive frammentano l’identità, rendendo le vittime insicure della propria percezione della realtà[5]. Questo smarrimento psicologico rende difficile ricostruire se stessi e uscire dal ciclo distruttivo.
Mancanza di autostima, vergogna e isolamento sociale, sono espressioni molto evidenti di relazioni disfunzionali. La mia raccomandazione è di allontanarti prima possibile da persone che vogliono farti sentire sbagliato, che ti sminuiscono e criticano e non si fanno raggiungere emotivamente.
Allontanati e cura la tua autostima, occupati di sanare le tue ferite, ricostruisci il tuo amor proprio e cerca gruppi di sostegno e aiuto terapeutico.
La vita è oltre la paura
Molti anni fa sono stata vittima di una relazione tossica e liberarmi e guarire le ferite ha richiesto un percorso lungo e complesso. La paura mi tratteneva lì, perché l’autostima era a un punto tale che pensavo che da sola non ce l’avrei mai fatta. E invece non ero affatto sola. Ho ricevuto aiuto in numerosi modi e ne sono grata. Oggi posso dire che ne è valsa la pena, che è possibile uscirne, che imparare ad amarmi è stata la cosa migliore che mi potesse succedere. Oggi scelgo relazioni che migliorano la mia vita. L’autostima è uno dei punti di forza del mio Coaching presente in qualsiasi percorso sia personale che di carriera o di orientamento per i giovani. Amarsi significa trattare se stessi con cura e attenzione ed essere anche consapevoli dei propri campi di miglioramento. Nessuno merita di subire prepotenze e soprusi, in nessun caso.
Affrontare una relazione tossica richiede coraggio. È un percorso fatto di piccoli passi all’inizio, poi andando avanti si capisce sempre di più. Conoscere i meccanismi psicologici in gioco non solo dona consapevolezza, ma può anche essere la chiave per trovare una nuova forza interiore. Se ti identifichi in queste dinamiche devi sapere che non è mai troppo tardi per riprendere il controllo della tua vita, riscoprendo il tuo valore e il tuo diritto alla felicità.
Dalla ferita nasce un fiore gentile e amorevole, da qualche parte, con radici profonde.
Note:
[1] Otto Kernberg – Riflessioni sul narcisismo maligno.
[2] Matthew Lieberman – Studi sui circuiti di ricompensa del cervello.
[3] Heinz Kohut.
[4] Alice Miller – L’importanza delle ferite infantili.
[5] Judith Herman – L’impatto psicologico delle relazioni traumatiche.
Teresa Burzigotti
NLC Master Coach e Teaching Trainer
Bio | Articoli | Video Intervista AIPP Giugno 2024
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