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Sistema visivo umano: Jennifer Aniston Cells

Area Fusiforme e Grandmother Cells

Image by Roozbeh Badizadegan on Unsplash.com


…Su una parete bianca intravedo una linea curva aperta, sottile, appena marcata, al di sopra spuntano due puntini equidistanti e riesco ad intravedere immediatamente una sembianza di faccia umana. Mentre aspetto una mia cara amica, seduta in macchina, mi fermo a guardare la forma della sua casa e quasi in automatico le due finestre del piano di sopra assumono la forma di due occhi e la porta d’ingresso una bocca…ferma al semaforo guardo dal finestrino della mia macchina e vedo due sacchi neri della spazzatura posti uno accanto all’altro e tra loro un piccolo spazietto, ai loro piedi un pezzo di legno allungato e ancora una volta mi sembra di intravedere una faccia umana che comincia a prendere forma.

Non servono poi molti elementi per far emergere immediatamente questa immagine, che sembra presentarsi in modo automatico. Ma perché la nostra visione ci rimanda quasi in modo diretto all’immagine di un volto?

Il sistema visivo umano è un sistema sensoriale complesso. L’occhio funge da lente che permette il passaggio della luce al suo interno. Sul primo strato della parete interna dell’occhio troviamo la retina formata da cellule retinali dette anche fotorecettori poiché si attivano stimolate da diverse intensità di luce. Queste cellule retinali si possono dividere in coni e bastoncelli, hanno alta sensibilità alle variazioni cromatiche ed elaborano diverse informazioni visive (Pescosolido e Rosa 2001).

Dopo questo primo passaggio l’informazione visiva viene trasportata mediante il nervo ottico attraverso il chiasma ottico in diverse strutture anatomiche cerebrali per arrivare al lobo occipitale, di preciso nella corteccia cerebrale visiva V1, una struttura cerebrale che si trova nella parte posteriore del cervello. Qui l’informazione visiva viene elaborata in modo verticale da altre strutture simili fino ad arrivare in ordine numerico alla V6 per poi arrivare ad altre aree dette associative, uni o multimodali (Monti 2014), che si trovano soprattutto nei lobi temporali e parietali che topograficamente sono strutture più centrali. Qui le immagini vengono integrate, arricchite di significato ed interfacciate con le altre informazioni delle aree associative, come con suoni, sensazioni ed emozioni per avere infine un’immagine tridimensionale.


Tecniche di indagine neuroscientifica

Negli studi di localizzazione funzionale delle neuroscienze le tecniche maggiormente utilizzate sono: l’applicazione di elettrodi quindi tecniche di indagine di elettroencefalografia, la risonanza magnetica funzionale (fMRI), la tomografia a emissione di positroni (PET) (Horwitz e Poeppel 2002) e lo studio di pazienti con lesioni cerebrali.

Di solito in questi studi vengono inseriti una serie di esperimenti pratici in cui viene chiesto al paziente di partecipare a dei compiti in modo attivo. Negli ultimi anni le neuroscienze, partiti da una corrente di “localizzazionisti”(Marini 2022) cioè da concetti di mappature e localizzazione molto specifica di determinate aree con precisi compiti hanno lasciato il posto ad un modello più variato, più plastico, più associato che individua molte aree e circuiti neuronali differenti che si attivano per elaborare una varietà di compiti.

Rimane comunque interessante essere a conoscenza di determinate aree o ancora più nello specifico di determinati neuroni che hanno portato a delle scoperte determinanti nel processo di arricchimento della conoscenza.


Area fusiforme facciale FFA

In questi termini e tornando al tema del riconoscimento quasi automatico ed emergente di un volto nella percezione visiva umana, alla fine degli anni 90 una ricercatrice di nome Justine Segent (1992) (Sergent e Signoret 1992) ha descritto per la prima volta un’area specifica del sistema visivo umano specializzata per il riconoscimento dei volti. Questa è una piccolissima parte collocata all’interno della circonvoluzione temporale inferiore, nella circonvoluzione fusiforme (area di Brodmann 37) (Baratelli 2014) (Gross e Sergent 1992).

Pochi anni dopo, nel 1997, la ricercatrice Nancy Kanwisher (Kanwisher e McDermott 1997) nomina quest’area: FFA area fusiforme facciale dal termine inglese “fusiform face area” e ha evidenziato come l’esistenza di questa sia un esempio di specificità di dominio nel sistema visivo umano. L’esistenza di quest’area ci spiega la rilevazione quasi automatica a cui siamo sottoposti nella percezione o meglio nell’elaborazione degli stimoli che ci vengono presentati in natura. Per la specie umana i volti sono una delle categorie di stimoli più importanti soprattutto per le implicazioni che hanno nel contesto sociale e relazionale. Ed è sorprendente come i bambini dopo pochi giorni di vita siano in grado di discriminare tra il volto della propria madre e quello di un estraneo (Leo et all 2017). La specificità di quest’area diventa marcante in pazienti con Prosopagnosia, un deficit percettivo acquisito o congenito del sistema nervoso centrale (Damasio 1985), che impedisce ai soggetti che ne vengono colpiti di riconoscere i volti delle persone.

Questa serie di informazioni dà spazio a molte domande esistenziali e a dibattiti filosofici che coinvolgono la percezione individuale della realtà. Tralasciando questo spazio che non intendo aprire va ricordato che a livello neurobiologico il riconoscimento dei volti si basa su circuiti cerebrali differenti che differiscono da quelli usati per l’identificazione poiché si modificano costantemente sul volto del singolo individuo.


Neurone “Jennifer Aniston” (grandmother cells)

In questi termini è interessante citare una scoperta tutt’oggi molto discussa e cioè quella dei neuroni chiamati “neuroni di Jennifer Aniston” (Quiroga 2005).

Questi neuroni si trovano nel lobo temporale mediale, soprattutto nell’ippocampo e nella corteccia entorinale, aree cruciali per la memoria e il riconoscimento. I ricercatori di questo studio hanno trovato dei neuroni, come dice il nome inglese “Jennifer Aniston cell” che rispondono in modo selettivo a particolari persone o concetti, in questo caso specifico uno dei neuroni si attivava selettivamente quanto venivano mostrate immagini dell’attrice Hollywoodiana Jennifer Aniston.

Sorprendente è che questo neurone non si attivava se veniva confrontato con dei capelli biondi o se venivano mostrate delle fotografie di altre celebrità, ma si attivava solamente alla visione di questa specifica attrice. Negli esperimenti a seguire si è osservato che questo neurone si attivava anche solamente per il nome scritto dell’attrice e questo dato è stato interpretato come la presenza di un neurone che non trattava solamente immagini visive ma trattava il concetto di identità della persona (Quiroga 2012).

Il termine “Jennifer Aniston cells” risulta innovativo e rimane impresso, in realtà si tratta di una “grandmother cells” cioè un neurone detto „neurone della nonna“, un ipotetico neurone che si attiva nel cervello di un essere umano quando viene percepito un determinato oggetto o una persona (Abbott 2018).

La teoria dell’esistenza di questi “neuroni della nonna” è stata avanzata da Jerome Lettvin (Gross 2002) negli anni 60 ed era stata accolta in modo contrastante. Tuttavia, anche negli anni più recenti sono stati condotti studi che dimostrano l’esistenza di singoli neuroni che corrispondono strettamente alla percezione di determinate persone. Negli studi del 2005 di Rodrigo Quian Quiroga (Quiroga 2013) i ricercatori hanno utilizzato soprattutto immagini dell’attrice Jennifer Aniston quindi il termine “neurone di Jennifer Aniston” viene usato per descrivere questa classe di “grandmother cells” che reagiscono ai volti di identità specifiche.

L’elaborazione visiva e come esattamente il nostro cervello estragga significato da un’immagine rimane un dibattito aperto ad uno ampio spettro di possibilità. Attualmente sia il fenomeno della “grandmother cell” del neurobiologo Jerome Lettvin (Coltheart 2017) sia il fenomeno della codifica distribuita (Celano 2023) cioè la possibilità di una rete cellulare complessa che forma un’immagine comprensibile rimane un dibattito aperto che ci lascia in attesa e desiderosi di nuove scoperte.


Bibliografia

1 Pescosolido, N., & Rosa, R. (2001). Il sistema visivo umano. In GUIDA AUTOMOBILISTICA ED EFFICIENZA VISIVA (pp. 25-47). Fabiano Editore..
2 Monti, A. (2014). Le cortecce associative.
3 Horwitz, B., & Poeppel, D. (2002). How can EEG/MEG and fMRI/PET data be combined?. Human brain mapping, 17(1), 1.
4 Marini, A. (2022). I contributi delle neuroscienze cognitive alla ridefinizione delle basi neurali del linguaggio. Chimera (Madrid), 9, 3-20.
5 Sergent, J., & Signoret, J. L. (1992). Varieties of functional deficits in prosopagnosia. Cerebral cortex, 2(5), 375-388.
6 Baratelli, E. (2014). STRATEGIE CATEGORIALI IN COMPITI DI APPRENDIMENTO E AREA 9 DI BRODMANN: STUDIO DI CORRELAZIONE ANATOMO-FUNZIONALE.
7 Gross, C. G., & Sergent, J. (1992). Face recognition. Current opinion in neurobiology, 2(2), 156-161.
8 Kanwisher, N., McDermott, J., & Chun, M. M. (1997). The fusiform face area: a module in human extrastriate cortex specialized for face perception. Journal of neuroscience, 17(11), 4302-4311.
9 Leo, I., Turati, C., Macchi Cassia, V., Simion, F., & Dalla Barba, B. (2007). Il riconoscimento del volto alla nascita. Psicologia clinica dello sviluppo, 11(2), 291-306.
10 Damasio, A. R. (1985). Prosopagnosia. Trends in Neurosciences, 8, 132-135.
11 Abbott, A. (2018). The face detective. Nature, 564, 176-179.
12 Quiroga, R. Q. (2012). Concept cells: the building blocks of declarative memory functions. Nature Reviews Neuroscience, 13(8), 587-597.
13 Gross, C. G. (2002). Genealogy of the “grandmother cell”. The Neuroscientist, 8(5), 512-518.
14 Quiroga, R. Q., Fried, I., & Koch, C. (2013). Brain cells for grandmother. Scientific American, 308(2), 30-35.
15 Quiroga, R. Q. (2020). NeuroScience Fiction: How Neuroscience Is Transforming Sci-Fi into Reality-While Challenging Our Belie fs About the Mind, Machines, and What Makes us Human. BenBella Books.
16 Coltheart, M. (2017). Grandmother cells and the distinction between local and distributed representation. Language, Cognition and Neuroscience, 32(3), 350-358.
17 Celano, R. (2023). Il ruolo dei differenti settori anatomici della corteccia prefrontale ventrolaterale del macaco nella codifica di informazioni contestuali durante l’esecuzione di compiti visuo-motori e puramente visivi (Master’s thesis, Università di Parma. Dipartimento di Medicina e Chirurgia).


Dott.ssa Laura Braun Wimmer Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Dott.ssa Laura Braun Wimmer
Psicologa
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