“Io sono ok, tu sei ok!”: accettare e valorizzare le differenze
Inclusione e contrasto alle discriminazioni di orientamento sessuale e identità di genere
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L’identità sessuale rappresenta la dimensione soggettiva e personale dell’essere sessuati che si costruisce nel tempo attraverso un processo in cui si intrecciano fattori biologici, psichici, educativi e socioculturali. Nell’ambito dell’identità sessuale bisogna distinguere:
- Sesso assegnato alla nascita: fa riferimento alla differenziazione delle persone in femmine, maschi e intersex (con caratteristiche sessuali che non rientrano né solo nel sesso maschile, né solamente in quello femminile) in base alla biologia del corpo. Si distinguono:
– AFAB: assegnati femmine alla nascita;
– AMAB: assegnati maschi alla nascita.
- Orientamento affettivo e sessuale: definisce a quale genere appartengono le persone verso cui si è attratti e si distingue in:
– eterosessuale: prova attrazione erotica ed affettiva per le persone del sesso opposto;
– omosessuale: prova attrazione erotica ed affettiva per le persone dello stesso sesso;
– bisessuale: prova attrazione erotica ed affettiva per entrambi;
– asessuale: non prova attrazione erotica ed affettiva per nessuno;
– pansessuale: prova attrazione erotica e affettiva per altre persone, indipendentemente dal sesso e dal genere.
È necessario andare al di là della concezione binaria dell’orientamento sessuale con la dicotomia maschio/femmina, in quanto si tratta piuttosto di un continuum.
- Identità di genere: rappresenta chi ciascuna persona sente di essere, la percezione che ognuno ha del proprio sentirsi maschio o femmina, o di altro genere; si distingue:
– cisgender: sente di avere un’identità di genere corrispondente al sesso assegnato alla nascita;
– transgender (Trans*[1]): sente di avere un’identità di genere che non corrisponde al sesso assegnato alla nascita.
Ancora, esistono identità di genere:
– binarie: corrispondenti al maschile o al femminile, o ad entrambi i generi (bigender);
– non binarie: non si identificano completamente né nel genere femminile, né in quello maschile (pangender, se sente di appartenere a diversi generi; gender neutral, se sente di non appartenere a nessun genere binario; genderfluid, se sente di fluttuare tra i generi a seconda del momento o della circostanza che vive).
- Ruolo di genere: definisce cosa ci si aspetta da una persona in quanto maschio o in quanto femmina; è l’insieme di aspettative su come gli uomini e le donne si debbano comportare in una data cultura e in un determinato contesto storico (ad esempio, nella società odierna, ci si aspetta che una bambina utilizzi vestiti di colore rosa, mentre un bambino no).
- Espressione di genere: identifica come una persona esprime e comunica quotidianamente la propria identità di genere (gestualità, abbigliamento, aspetto esteriore…); è influenzata dalla cultura, dal momento storico e dagli stereotipi di genere. Si definisce:
– conforme: chi aderisce agli stereotipi di genere;
– variante rispetto al genere: chi differisce rispetto a quanto viene stereotipicamente associato al genere.
Ogni persona è unica e questi aspetti si combinano in maniera particolare e irripetibile (Ristori, 2024). È importante tener conto, inoltre, che l’orientamento sessuale e l’identità di genere non sono una scelta.
L’acronimo LGBTQIA+ (sono presenti anche altri acronimi, caratterizzati dall’inclusione di ulteriori lettere) viene utilizzato per identificare l’insieme delle minoranze sessuali, cioè di tutte le persone che per orientamento sessuale, identità e/o espressione di genere o caratteristiche anatomiche non aderiscono agli standard del binarismo cisgender e dell’eterosessualità:
– L sta per Lesbica;
– G per Gay;
– B per Bisessuale;
– T per Transgender;
– Q per Queer (si riferisce a chi non intende incasellarsi e definirsi rigidamente);
– I per Intersessuale;
– A per Asessuale;
– + sta per ulteriori identità di genere e orientamenti sessuali non specificamente elencati nell’acronimo.
La varianza di genere. Di cosa si tratta?
La varianza di genere è un comportamento o un’espressione di genere che compare per lo più nell’infanzia, per cui alcuni/e bambini/e non si conformano alle norme sociali e non si esprimono in maniera tipica e congruente con il sesso assegnato alla nascita; ad esempio, scelgono indumenti, attività e/o compagni di gioco tipicamente e culturalmente associati ad un genere diverso rispetto al sesso assegnato alla nascita, o riferiscono di appartenere ad un genere diverso rispetto al sesso assegnato alla nascita.
Nel corso della pubertà i/le bambini/bambine che presentano varianza di genere in alcuni casi continuano a percepirsi con un’identità di genere diversa dal sesso biologico (persisters), ma, nella maggior parte dei casi (le ricerche stimano una percentuale oltre l’80%[2]), si percepiscono con un’identità di genere in linea con il sesso biologico (desisters). È stato rilevato che la maggior parte dei bambini con varianza di genere da adulto è eterosessuale o prevalentemente eterosessuale, mentre solo il 10% e il 4% è rispettivamente omosessuale o bisessuale.
Solo una piccola percentuale di persone (circa 2,3%: Tornese, 2024a) che nell’infanzia presenta varianza di genere, poi sviluppa disforia di genere (termine riportato nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – DSM 5: APA, 2013), ossia una sofferenza significativa e un distress per l’incongruenza tra sesso biologico e identità di genere; una persona transgender non presenta necessariamente una disforia di genere. Ancora, sembra più corretto parlare di incongruenza di genere (definizione dell’ICD-11, undicesima revisione della Classificazione internazionale delle malattie: World Health Organization, 2022) intesa come “marcata e persistente incongruenza tra genere esperito e sesso assegnato”, piuttosto che di disforia di genere, in quanto quest’ultima definizione implica un aspetto patologizzante intrinseco. L’incongruenza di genere, infatti, non è una malattia e non sottende nessuna colpa, in quanto non viene “decisa” dalla persona, ma dipende da una serie di fattori che interagiscono tra loro: fattori biologici (anche fattori genetici), fattori socioculturali e fattori psicologici. Per lo stesso motivo nell’ICD-11 l’incongruenza di genere è stata spostata dalla categoria dei “disordini mentali” a quella delle “condizioni di salute sessuale”.
Quali conseguenze per la varianza di genere? Il minority stress
Dalle ricerche si è rilevato che le persone con varianza di genere che appartengono alle cosiddette Minoranze Sessuali e di Genere (SGM) presentano un rischio significativamente più alto di:
- abuso sessuale, psicologico e fisico;
- psicopatologie come disturbo post traumatico da stress, ansia e depressione;
- dipendenze;
- uso di sostanze;
- rapporti sessuali non protetti;
- maggiore rischio di suicidio.
È soprattutto nell’adolescenza, in cui si determinano importanti cambiamenti corporei, che eventuali problematiche psicologiche si intensificano, per cui possono essere presenti bassa autostima, isolamento sociale, bullismo, autolesionismo, disturbi del comportamento alimentare, oltre alle problematiche su citate (Tornese, 2024b).
Il Minority Stress Model (Meyer, 1995, 2003, 2007, 2010) spiega questo dato come determinato da uno stress “cronico” a cui sono sottoposte le persone appartenenti alle SGM dovuto alla stigmatizzazione che subiscono da parte di un contesto sociale e culturale tipicamente ostile, che influisce negativamente sulla loro qualità di vita; si tratta di fonti di stress sia esterne (discriminazione, violenza, isolamento) che interne/identitarie (nascondimento dell’identità, vergogna, odio interiorizzato). In alcuni casi lo stress è causato da comportamenti ostili espressi direttamente e attivamente (aggressioni overt) con aggressioni verbali o fisiche, in altri casi si tratta di comportamenti discriminatori indiretti e meno evidenti (aggressioni covert), come esprimere pregiudizi utilizzando un linguaggio che non tiene conto dell’identità di genere della persona a cui ci si riferisce (misgendering), oppure escluderla da un contesto sociale. Alla base di questi atteggiamenti discriminatori c’è l’omotransfobia, la credenza in una serie di pregiudizi, stereotipi e convinzioni errati riguardo ai gruppi che si riconoscono all’interno della comunità LGBTQ+.
Le conseguenze del minority stress
Come conseguenza di questi fenomeni di discriminazione, sono presenti nelle persone appartenenti alle SGM un costante stato di allerta e di tensione, un elevato livello di ansia, un’ipervigilanza marcata verso l’esterno, volta a verificare di non essere giudicati negativamente, e una percezione di pericolo che rende difficile instaurare relazioni autentiche e significative. C’è spesso anche un’eccessiva attenzione alla performance (nello studio, nel lavoro, nell’aspetto fisico…) come meccanismo di compensazione dell’autopercezione di inadeguatezza.
L’esposizione cronica a queste fonti di stress si correla ad una condizione di maggiore malessere e di conflitto rispetto alla propria identità, che viene costantemente messa in discussione dall’ambiente esterno. Ne conseguono:
- senso di inferiorità;
- vergogna;
- disprezzo verso se stessi;
- senso di inadeguatezza;
- senso di solitudine e alienazione;
- bisogno di approvazione con tendenza a mettere i bisogni degli altri al di sopra dei propri;
- disregolazione emotiva;
- difficoltà a costruire legami affettivi sicuri.
Si può generare, inoltre, transfobia interiorizzata, ossia la presenza di sentimenti e atteggiamenti negativi da parte delle persone transgender verso la propria condizione; alla base è presente uno “stigma percepito”, ossia la credenza di essere meritevoli di discriminazione e bullismo, in quanto ci si vive come “sbagliati”, colpevoli di avere qualcosa che non va. La conseguenza è un profondo disagio verso il proprio modo di essere derivante dall’interiorizzazione, conscia o inconscia, dei pregiudizi, degli atteggiamenti discriminatori e delle valutazioni negative da parte della società verso chi non è conforme al genere assegnato; è associata ad una scarsa accettazione di sé, a sentimenti di vergogna, di inferiorità ed odio nei confronti della propria persona, nonché verso le altre persone che condividono la stessa condizione.
Quali soluzioni? I fattori protettivi di contrasto al minority stress
In un ambiente culturale ancora retaggio di forti e arcaici pregiudizi e stereotipi, per le persone con incongruenza di genere risulta fondamentale il supporto della famiglia che favorisce il loro benessere e determina una minore incidenza di depressione, abuso di sostanze, autolesionismo, rischio suicidario. Se l’individuo si sente sostenuto, accolto e riconosciuto dalla famiglia, dalla scuola e, più in generale, dal contesto sociale di appartenenza per quello che è, indipendentemente dall’identità di genere e dal ruolo di genere che ricopre, potrà crescere e vivere con un senso di serenità interiore, potrà sentirsi adeguato e libero di fare coming out; nascondersi, infatti, non fa che alimentare stress e sofferenza.
A questo proposito risulta importante anche il senso di appartenenza a un gruppo minoritario che consente di sperimentate un senso di solidarietà, di coesione e di connessione che possono ridurre gli effetti negativi dello stress percepito.
Tutto questo favorisce l’auto-accettazione e una percezione positiva della propria identità di genere nelle persone appartenenti a queste minoranze, facilitando l’attivazione di risorse interne e di una resilienza che possono consentire loro di non essere schiacciate dalle difficoltà e dagli stressor percepiti.
Conclusioni
L’appartenenza a minoranze sessuali e di genere può generare disagio e problematiche anche rilevanti nella persona, che non sono determinate tout court dall’incongruenza di genere stessa, bensì dai pregiudizi e dalle valutazioni negative da parte della società. Si tratta di pregiudizi che spesso hanno radici profonde e che vengono tramessi a livello transgenerazionale.
È fondamentale, pertanto, promuovere una cultura inclusiva, rispettosa di tutte le forme di identità sessuale e personale e priva di discriminazioni verso le minoranze sessuali e di genere, volta all’accettazione e alla valorizzazione delle differenze; un impegno in questo senso va attivato sia a livello istituzionale e politico, sia a livello educativo al fine di sensibilizzare i giovani rispetto ai diritti delle persone che appartengono a minoranze di genere, favorendo un linguaggio inclusivo e di contrasto allo stigma.
La necessità di future ricerche e interventi mirati a ridurre lo stress minoritario rimane urgente, nonostante i graduali cambiamenti sociali positivi a cui stiamo assistendo.
[1] L’asterisco accanto alla parola “Trans” è una formula inclusiva recentemente introdotta nelle nomenclature riferite alla Comunità LGBTQIA+ per specificare che si intende includere tutte le identità Transgender possibili e non solo quelle Trans binarie.
[2] Il mondo scientifico è ormai concorde: la disforia di genere infantile e adolescenziale è quasi sempre transitoria (2023) da https://www.generazioned.org/disforia-di-genere-transitoria/ (consultato il 23/11/2024).
Bibliografia
APA – American Psychiatric Association (2013), DSM 5, American Psychiatric Pubishing, Washington, DC, (trad. it.: DSM 5, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014).
Compassion Focused Queerness. Un approccio evoluzionistico e bio-psico-sociale da https://compassionatemind.it/compassion-focused-queerness/ (consultato il 22/11/2024).
Il mondo scientifico è ormai concorde: la disforia di genere infantile e adolescenziale è quasi sempre transitoria (2023) da https://www.generazioned.org/disforia-di-genere-transitoria/ (consultato il 23/11/2024).
Meyer, I.H. (1995). Minority Stress and Mental Health in Gay Men. Journal of Health and Social Behavior, 36(1), 38-56.
Meyer, I.H. (2003). Prejudice, Social Stress, and Mental Health in Lesbian, Gay, and Bisexual Populations: Conceptual Issues and Research Evidence, Psychological bulletin, 129 (5), 674–697.
Meyer, I.H. (2007). Prejudice and Discrimination as Social Stressors. In I.H. Meyer & M. Northridge (Eds.), The Health of Sexual Minorities. Public Health Perspectives on Lesbian, Gay, Bisexual and Transgender Populations (pp. 242-267). New York: Springer.
Meyer, I.H. (2010). Identity, Stress, and Resilience in Lesbians, Gay Men, and Bisexuals of Color. The Counseling Psychologist, 38(3), 442-454.
Ristori, J. (2024). Declinazione dell’identità di genere nel ciclo di vita. Corso online Psicologia di genere e identità sessuali. Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi.
Tornese, G. (2024a). Psicologia di genere e identità sessuali: infanzia. Corso online Psicologia di genere e identità sessuali. Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi.
Tornese, G. (2024b). Psicologia di genere e identità sessuali: adolescenza. Corso online Psicologia di genere e identità sessuali. Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi.
World Health Organization (2022). ICD-11: International classification of diseases (11th revision).
Dott.ssa Claudia Cioffi
Psicologa e Psicoterapeuta Analitico Transazionale
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