Quando chiedere scusa (e quando non farlo)
Modelli educativi a confronto
Immaginiamo di essere ancora bambini.
Un amichetto ci ruba un giocattolo, noi ce lo riprendiamo, lui ci spinge, noi lo spingiamo, lui piange, noi piangiamo.
Gli adulti ci impongono di chiedere scusa perché se non lo facciamo saremo puniti, perché è più facile chiederlo a noi che siamo “più grandi” o “più bravi” o, al contrario, ci viene chiesto di scusarci perché siamo bambini “monelli”.
Adulti diversi potrebbero intervenire nella stessa situazione sostenendo che dobbiamo difenderci, che se non ci ribelliamo alle prepotenze con la prepotenza diventeremo dei perdenti, che piangere o chiedere scusa è da deboli.
Modelli educativi differenti che influiranno sul nostro modo di chiedere (o non chiedere) scusa da adulti.
Se da piccoli siamo stati troppo responsabilizzati – capita spesso ai fratelli e alle sorelle maggiori – potremmo essere portati a credere che la colpa sia sempre nostra.
Così ci sentiamo responsabili per la fine di una relazione in cui siamo stati lasciati o traditi, di qualunque errore commesso all’interno del gruppo di lavoro di cui facciamo parte e, persino, della separazione dei nostri genitori.
Siamo i capri espiatori perfetti, perché ci carichiamo sulle spalle ogni sbaglio altrui, spinti dalla convinzione che qualche colpa in fondo ce l’abbiamo sempre.
Diversamente, se siamo stati educati a non dover chiedere scusa, probabilmente crediamo di essere nella ragione anche quando siamo evidentemente nel torto.
Alziamo la voce con il cameriere anche se ci siamo dimenticati di prenotare, tradiamo senza sensi di colpa perché la relazione non è più quella di un tempo, addebitiamo agli altri la colpa per il deteriorarsi dei nostri rapporti sentimentali e di amicizia.
Nei rari casi in cui ammettiamo di avere qualche difetto, lo imputiamo alle nostre famiglie che ci hanno provocato un trauma infantile o a relazioni “tossiche” che ci hanno segnato.
A volte riusciamo ad evitare una ramanzina, ma, quasi sempre, il nostro comportamento infastidisce chi ci sta vicino, che ce lo fa notare o, peggio, si allontana da noi.
Non conoscendo l’autocritica, pensiamo di essere circondati da persone che non ci apprezzano e che non meritano il nostro tempo e il nostro affetto.
Giudichiamo i comportamenti altrui, senza mai mettere in dubbio che siano conseguenza dei nostri atteggiamenti.
Infine, se da piccoli eravamo soliti utilizzare la parola “scusa” con leggerezza per assecondare le richieste di genitori e insegnanti ed evitare punizioni, potremmo essere spinti anche da adulti a scusarci perché è la soluzione più “conveniente” per calmare le acque e passare dalla parte dei “buoni”.
E così ci scusiamo anche se non siamo minimamente dispiaciuti per gli errori commessi, né intenzionati a cambiare i nostri comportamenti.
Siamo abili manipolatori ma, nel tempo, il reiterarsi di comportamenti per i quali ci eravamo scusati svela le nostre reali intenzioni e veniamo considerati inaffidabili e poco credibili.
L’importanza di educare all’empatia
Le scelte educative che compiamo sono influenzate dal nostro vissuto, sia nel caso in cui riteniamo opportuno riproporre lo stesso modello educativo ricevuto, sia nel caso in cui ce ne distacchiamo, riconoscendo in esso tratti “disfunzionali”.
Imporre ai bambini di chiedere “scusa”, come abbiamo visto, può essere controproducente e allora meglio educare i nostri figli all’empatia: insegnare a mettersi nei panni dell’altro per comprendere e rispettare le sue emozioni.
I bambini “empatici” chiederanno scusa, non per abitudine o convenienza, ma perché realmente dispiaciuti per le emozioni negative provocate dalle loro azioni.
Insegniamo ai nostri piccoli che le parole hanno un peso e che “scusa” e “mi dispiace” sono strumenti potentissimi: possono costruire (o ricostruire) ponti, ma anche far venir meno irreparabilmente la fiducia, quando le aspettative che generano vengono disattese per l’ennesima volta.
Inoltre, spieghiamo ai nostri figli che non sono perfetti – anche se noi a volte li vediamo così – ma che, allo stesso tempo, non sono sbagliati, neppure quando lo sono i loro comportamenti.
E smettiamo di definirli monelli o cattivi solo perché fanno i capricci!
Nella vita compiranno molte scelte, alcune inevitabilmente sbagliate. Non saranno quelle decisioni a qualificarli, ma gli errori commessi li aiuteranno a comprendere cosa non vogliono diventare.
Chiederanno scusa, innanzitutto, a loro stessi per quelle scelte in cui non si riconosceranno, ma mai dovranno sentirsi in dovere di scusarsi per ciò in cui credono, per ciò che provano, per ciò che sono.
E ciò faremmo bene a tenerlo a mente anche noi.
Eliana Romeo
Scrittrice | Giurista | Mediatrice familiare
Bio | Articoli | Video Intervista Scrittori Pensanti
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