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Curiosità: il farmaco contro l’invecchiamento cerebrale precoce

Preservare la propria dimensione infantile per prevenire la morte cellulare

Image by francois verbeeck on Pexels.com


Una psiche curiosa riflette una valida alleata durante qualsiasi periodo l’individuo si trovi a vivere, da quelli piacevoli a quelli più “difficili” da affrontare. Essa rappresenta innegabilmente una risorsa in grado di intaccare sia i nostri pensieri sia il nostro benessere psicofisico, apportando modificazioni infinitesimali lungo il nostro organismo.

Quest’ultimo se infatti spesso e volentieri si erge quale bersaglio tanto della coscienza quanto delle rispettive conoscenze, rischia di restringere non solo il proprio campo d’azione (e le sue potenzialità espressive) bensì di sfociare in una rigidità psicosomatica in grado di bloccare proprio la creatività.

Essere curiosi offre numerosi vantaggi tra i quali l’acquisizione di nuove conoscenze e pertanto la fruizione di nuove esperienze fuori dal comune; purché siano salutari per la psiche individuale. Divenire dipendenti da questo stato energetico attiverebbe gli stessi circuiti cerebrali attivi nel corso di altre forme nocive di dipendenza, ovvero le aree dopaminergiche.

Conosciuta quale neurotrasmettitore coinvolta nei circuiti della ricompensa, la dopamina risulta essere un tassello di primaria importanza anche nel momento in cui siamo guidati dalla ricerca di un qualcosa che non si conosce e che tuttavia è pronta a meravigliarci.

La curiosità dunque attiva distretti cerebrali grazie ai quali mettere in discussione convinzioni, pensieri e schemi rappresentativi che anziché ampliare la nostra percezione intrapsichica ed interpersonale di contro ne limiterebbero la fisiologica evoluzione.

Eppure se in superficie questo strumento permette la scoperta di nuove chiavi di lettura all’interno del nostro organismo è capace di operare una ristrutturazione del proprio assetto neurobiologico e somatico. Consentendo difatti la fioritura di una nuova plasticità neuronale grazie alla quale avvengono modificazioni biomolecolari e sinaptiche.

Il pensiero, l’apprendimento e le esperienze individuali non sono entità astratte a sé stanti ma al contrario confermano la presenza di un insieme infinitesimale di processi attraverso i quali si rendono possibili tanti cambiamenti quanti sono i nostri atteggiamenti nei confronti di quanto ci circonda.

Sotto il profilo biochimico ed epigenetico rappresentano all’unisono degli interruttori capaci di apportare modifiche sia strutturali che funzionali al cervello, agendo in maniera diretta sull’espressione genica. Cioè sull’insieme di comportamenti abituali attraverso i quali siamo soliti regolare le nostre emozioni e il proprio modo di stare al mondo.

Riscoprire la propria creatività consente dunque di riapprendere uno stile comunicativo diverso da quello adottato, allenare giorno per giorno le nostre cellule cerebrali ma soprattutto creare nuovi ponti di collegamento tra i numerosi circuiti neuronali in grado di prevenire la probabile insorgenza di una qualche forma demenza senile.

Il ripiegamento delle cellule Tau e Beta ampiamente documentato nei quadri di Alzheimer e nella demenza ai corpi di Lewy dimostrerebbe un comportamento o ancora più il risultato di un’attività cellulare assente, cristallizzata e ormai prossima ad un solo epilogo.

Sotto il profilo epigenetico coltivare una buona dose di curiosità potrebbe non solo riflettere una forma preventiva ma al contempo determinare lo sviluppo della plasticità neurale.


Creatività e neuro genesi: un possibile (ma non definitivo) alleato contro l’invecchiamento cellulare

Interessante oggetto di studio e di ricerca nel campo delle neuroscienze la plasticità sembrerebbe rispondere al seguente quesito, ovvero se sia ancora possibile scoprire nuove forme di pensiero e nuove modalità espressive dell’animo umano.

Per farlo le neuroscienze hanno messo in campo strumenti capaci di osservare a livello microscopico un insieme di funzioni e processi aventi origine nella psiche individuale.

Nello specifico è stato scoperto uno stretto rapporto tra la gemmazione e la neurogenesi; se la prima si riferisce alla nascita e allo sviluppo di nuove connessioni sinaptiche tra i neuroni, la seconda invece evidenzia la possibilità che nuove cellule nervose possano prendere vita a partire da quelle staminali neurali silenti.

In rapporto alla propria dimensione creativa è possibile dunque ipotizzare come la medesima creatività sia capace di apportare notevoli cambiamenti morfo-funzionali eliminando il futile con l’utile. Cosicché un nuovo apprendimento sia direttamente traducibile in nuove chiavi di lettura grazie alle quali andare lontano e scoprire nuovi orizzonti di senso.

Perché la curiosità non è figlia della vecchiaia bensì sorella di un’eterna giovinezza.


Cristi Marcì Autore presso La Mente Pensante Magazine
Dott. Cristi Marcì
Psicologo Psicoterapeuta a indirizzo Psicosomatico e Operatore Perinatale
Bio | Articoli
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