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Oltre la brand reputation: il potere trasformativo della curiosità

Stimolare la vivacità mentale in ambito lavorativo: la miccia che accende le idee

Image by Austin Distel on Unsplash.com


Attrarre o trattenere le risorse è una sfida crescente che investe sempre più aziende. Negli ultimi anni si riserva una particolare attenzione al principio di brand reputation o reputazione di marca. Si tratta della considerazione che un marchio si è costruito nel tempo attraverso le sue azioni, le sue comunicazioni e le esperienze che offre ai suoi dipendenti o ai suoi clienti. È un asset fondamentale di ogni impresa. Costruire e mantenere una solida reputazione richiede impegno costante e attenzione ai dettagli. È un processo lungo e complesso ma i benefici che ne derivano sono innegabili. Tra le scelte strategiche che concorrono per giungere ad un buon livello di brand reputation, vi è quella di incentivare la curiosità in ambito lavorativo.

Curiosità si lega perfettamente con innovazione. Trasferire il senso dell’innovazione attraverso la curiosità, rientra tra i più innovativi sistemi di gestione delle risorse umane. La curiosità funge da catalizzatore per l’innovazione e può portare a risultati sorprendenti sul lavoro.

La curiosità, quel desiderio innato di conoscere e scoprire, è spesso vista come una caratteristica infantile. I bambini sono esploratori nati, con una voglia sanamente incontenibile di conoscere il mondo che li circonda. Ponendo continuamente domande, sperimentando e interagendo con l’ambiente, i piccoli apprendono e sviluppano la creatività, essenziale per la loro crescita cognitiva ed emotiva. In altri termini la curiosità è la motrice che guida i bambini nella scoperta del mondo. Parallelamente in un contesto professionale, questa attitudine a porsi domande, cercare risposte e ricevere nuovi stimoli, costituisce la differenza tra un’azienda stagnante e una in continua evoluzione.


Perché la curiosità è così cruciale per l’innovazione?

È ampiamente riconosciuto che i lavoratori, in particolare quelli appartenenti alle generazioni Z e Millennials, non amino la staticità sul lavoro. Il desiderio di dinamismo e cambiamento è una delle caratteristiche distintive di queste due fasce d’età che segnano il futuro del lavoro. Non si accontentano più di un semplice stipendio ma cercano un’attività che li appassioni e che li faccia sentire realizzati.

Perché le generazioni Z e Millennials non amano la staticità?

Entrambe le generazioni attribuiscono grande importanza alla crescita personale, professionale e all’equilibrio tra vita lavorativa e privata e la staticità, è percepita come un ostacolo a questi valori. Cresciute e plasmate in un’era digitale, queste generazioni sono abituate a un mondo in costante evoluzione e a un accesso immediato ad una quantità enorme di informazioni. Si attendono lo stesso dinamismo anche nel mondo del lavoro.

La generazione Millennials ha vissuto le conseguenze della grande recessione, imparando conseguentemente l’importanza della flessibilità e della capacità di adattarsi ai cambiamenti. La generazione Z è cresciuta in un mondo caratterizzato da incertezza e precarietà, sviluppando di riflesso una mentalità ancora più adattabile.

I nativi digitali utilizzano gli strumenti tecnologici in modo naturale e creativo. Quindi la ricerca e la “pretesa dell’innovazione” rientrano indiscutibilmente nel loro dna professionale e non solo.

Stimolare la curiosità, così come tiene vivi e intraprendenti i bambini, diviene una prerogativa per preservare evoluzione ed entusiasmo in ambito lavorativo. Come si può realizzare un contesto lavorativo in cui la curiosità riveste un ruolo rilevante?

Intanto è indispensabile sfidare lo status quo; le persone curiose sono meno propense ad accettare le cose così come sono: mettono in discussione le assunzioni predefinite e cercano continuamente modi diversi e spesso migliori di fare le cose.

Attivare e incentivare la curiosità è un percorso che merita una struttura. È quindi essenziale creare un ambiente fondato sullo stimolo e l’apprendimento continuo. Vediamo concretamente come si può realizzare il dinamismo per dare costante vitalità all’ambiente lavoro.


Formare per andare oltre la competenza

Pensiamo all’opportunità di ricevere dalla nostra azienda un corso di formazione o un workshop su argomenti diversi, anche al di fuori delle competenze specifiche del ruolo. Tale evento inevitabilmente crea in ciascuno di noi un senso di appartenenza e una scintilla di spinta creativa.

Bisogna partire dall’assunto che la formazione ha quindi una duplice funzione: quella classica per migliorare le competenze e quella sempre più necessaria e moderna, per migliorare il benessere personale e quindi la produttività. Come riconoscere le realtà sensibili su questo tema? Come possono le aziende attivare questa formula che incentiva la vitalità mentale? E che “fisionomia” dare?

Assodata la consapevolezza dell’utilità di questo sistema che punta verso una certa vivacità mentale, i provvedimenti che le aziende possono intraprendere sono diversi.

Sottoporre un questionario ai collaboratori facendo scegliere gli argomenti su cui puntare, ad esempio, può essere considerata una forma di benefit. Gli argomenti possono essere i più disparati spaziando dalla psicologia positiva alla comunicazione efficace, dalla creatività e pensiero laterale all’approfondimento su diversity & inclusion. Altri temi che appassionano sono l’intelligenza artificiale, la cybersecurity o il benessere finanziario. Certe aziende inseriscono nel programma alcune best practices di settore per avere un diretto tornaconto anche sulle competenze utili per le attività lavorative.


Perché questi argomenti sono interessanti?

Intanto ampliano gli orizzonti e consentono ai dipendenti di andare fuori dalla propria comfort zone scoprendo nuovi interessi, sviluppando competenze trasversali che possono essere utili sia nella vita professionale che personale creando occasioni di confronto e scambio di idee tra colleghi.

Qualche anno fa, il report Curiosity@Work di SAS (celebre piattaforma di analytics) ha rivelato che la curiosità non è più solo una caratteristica desiderabile, ma un vero e proprio asset strategico per le aziende, in grado di stimolare la creatività e la risoluzione dei problemi.

Secondo questa ricerca, oltre il 50% dei manager interpellati concorda sul fatto che i dipendenti più curiosi siano anche i più performanti.

Un’altra modalità per “dispensare” curiosità è attivare programmi di mentorship che permettono ai dipendenti di apprendere da colleghi più esperti. Tutto ciò incoraggia la sperimentazione e l’innovazione attraverso la collaborazione e lo scambio di idee offrendo opportunità di crescita professionale e stimolo per entrambe le parti coinvolte. Il tutto agevola la creazione di un clima di fiducia e apertura che permette di avere una generale predisposizione positiva nei confronti del lavoro.

Solo per citare una realtà, Netflix tra i valori che veicola nella sua gestione vi è la curiosità. Sul loro sito si legge “impari nuove cose rapidamente e con entusiasmo; ti interessa di più conoscere le idee degli altri che dare voce alle tue”.

Stimolare la curiosità quindi non può essere un evento isolato ma è un processo continuo: il management deve tenere presente questo presupposto in quanto identifica una certa direzione verso l’innovazione e la retention. La curiosità spinge a esplorare nuovi territori, a connettere idee apparentemente o storicamente disconnesse e a trovare soluzioni creative ai problemi. Investire nella curiosità significa investire nel futuro dell’azienda.


Dott. Fabio D'Armento Autore presso La Mente Pensante Magazine
Dott. Fabio D’Armento
Trainer and Retail Sales Manager – Founder of Metodo Matra
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