I giovani e l’ansia
Cause e possibili soluzioni
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Ho difficoltà a stare con gli altri, di solito mi sento in imbarazzo, non riesco a guardare le persone negli occhi e mi allontano, soprattutto quando ci sono persone che non conosco. Mi sento teso e agitato e vorrei solo scappare via.
Solo per citare una delle recenti ricerche scientifiche sui giovani in Italia condotta nel 2023 da Fondazione Gemelli IRCCS e UNICEF, è risultato che il 39% della popolazione presa in carico avverte e soffre di una sintomatologia affettiva ansioso-depressiva (Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, 2023).
La pandemia da Covid-19 iniziata nel 2020 ha fatto da cassa di risonanza delle problematiche ansiose preesistenti: il rapporto dei Centers for Disease Control statunitensi del 2019 parlava infatti di un 14% di ragazzi dai 12 ai 17 anni con disturbo d’ansia; dati confermati anche da altre ricerche europee. Sono soprattutto le ragazze a soffrire di problemi d’ansia e spesso ai sintomi ansiosi si associano stati depressivi.
L’impossibilità di muoversi da casa dei diversi lock down ha contribuito in gran parte ad amplificare i sintomi ansiosi. Le relazioni sociali si sono dovute fermare e sono continuate solo a distanza. Il limite alla libertà di uscire e la costrizione hanno determinato l’esplodere delle paure e del senso di impotenza. Il costante contatto dei giovani con genitori e altri familiari ha amplificato, quando presenti, le dinamiche relazionali problematiche e conflittuali, se non, in alcuni casi, marcatamente disfunzionali. Per non parlare dell’atmosfera di paura, di terrore e di morte che aleggiava in quel periodo che ha portato ad uno stato di tensione costante, di allerta e di imminente pericolo di fronte ad un nemico invisibile, indeterminato e incontrollabile, che neanche i medici conoscevano.
Le manifestazioni dell’ansia
L’ansia rappresenta una risposta funzionale quando messa in atto di fronte alle difficoltà o alle situazioni nuove, perché incrementa la motivazione e l’impegno profuso in una prestazione per ottenere i risultati più desiderabili. Accompagna fisiologicamente la crescita ed è tipica dei passaggi evolutivi e delle fasi di cambiamento, in cui è necessario uscire dalla zona di comfort per sperimentare qualcosa di ignoto e sconosciuto.
Diventa patologica quando interferisce pesantemente con la conduzione della propria vita quotidiana, compromettendo in maniera significativa le prestazioni scolastiche, le relazioni con i coetanei e con la famiglia.
L’ansia si manifesta con modalità che coinvolgono il corpo, le emozioni, i pensieri ed il comportamento. Passando dall’ansia fisiologica a quella patologica che caratterizza i disturbi d’ansia, i sintomi fisici aumentano e si fanno più soverchianti, tanto da portare ad un senso di perdita di controllo come quello che viene sperimentato durante l’attacco di panico.
Dal punto di vista fisico e corporeo le sensazioni prevalenti sono quelli di tremore, tachicardia, tensione, aumento della sudorazione, mal di stomaco, per arrivare ad un senso di soffocamento, vertigini, nausea, insonnia, quando l’ansia diventa esplosiva.
Dal punto di vista emotivo, l’ansia nasconde solitamente altre emozioni quali, tipicamente, la paura e la preoccupazione, ma in alcuni casi anche rabbia, tristezza… Si tratta di un’emozione sostitutiva (English, 1971) che tiene ben nascoste e al sicuro altre emozioni, la cui espressione in passato è stata vietata, in quanto avrebbero causato reazioni negative da parte delle figure genitoriali. L’ansia, pertanto, diventa una difesa da emozioni vissute come inaccettabili.
Dal punto di vista cognitivo, i pensieri si tingono di preoccupazione: ci si vive sotto giudizio da parte degli altri, ma anche di se stessi, con l’idea di non riuscire ad affrontare certe situazioni, o di essere in pericolo. Il comportamento conseguente messo in atto è per lo più di evitamento delle situazioni temute e può causare talvolta grosse limitazioni nella vita quotidiana, fino ad arrivare, nei casi più gravi, al ritiro sociale (fenomeno degli “hikikomori”).
L’ansia e le neuroscienze
L’ansia è connessa con l’iperattivazione del sistema della paura/ansia, uno dei sette sistemi emotivi identificati da Panksepp (2012). La paura è molto importante e funzionale, in quanto ci protegge quando viene attivata di fronte a pericoli o quando si prova dolore fisico. Tuttavia, nelle situazioni di intenso o prolungato dolore o pericolo, oppure quando l’evento stressante è troppo forte e violento, come nei traumi, il sistema della paura si attiva in modo disfunzionale e risulta iperattivato: si prova paura anche di fronte a situazioni che non hanno oggettivamente niente di pericoloso.
A livello neurofisiologico il sistema della paura/ansia attiva l’asse dello stress ipotalamo-ipofisi-surrene (Fink, 2009) e avvia la “risposta di attacco o fuga” (Cannon, 1939), ossia una risposta psicosomatica attiva, oppure può attivare una risposta psicosomatica passiva definita di “inibizione dell’azione” (Laborit, 1969). Quest’ultima è alla base dei blocchi emotivi e psicosomatici e dei disturbi d’ansia, così frequenti negli esseri umani, soprattutto in età infantile e giovanile, in quanto non possono reagire attivamente a situazioni negative: non possono fuggire e nemmeno aggredire i propri genitori, gli insegnanti o le persone con cui vivono o lavorano, per cui devono abituarsi a inibire le proprie azioni ed emozioni attive. L’inibizione dell’azione è la base neuronale della neuropersonalità cortisolica o “fisica passiva” (Montecucco, 2005, 2009), che si caratterizza per un aumento degli ormoni cortisolo e noradrenalina e una diminuzione di adrenalina, ossitocina e GABA; il sistema simpatico è iperattivato, mentre il sistema parasimpatico è inibito. Questa risposta solitamente si protrae nel tempo e determina uno stato di stress cronico con ansia, paura, angoscia e tensione psicofisica permanente, evitamento e congelamento (“freezing”) che si manifestano con inibizione del respiro, contrazione della gola, del torace e del diaframma, tensione muscolare e contrazione di spalle, glutei, ano e gambe, petto sgonfio e debole e collo rigido, occhi bassi e voce debole e insicura.
A livello congnitivo, ci sono pensieri di controllo per l’evitamento di un pericolo inesistente, una mente iperattiva anche durante le ore notturne che causa spesso insonnia o risvegli notturni o mattutini anticipati. Sono presenti timore dell’esposizione, vergogna, senso di inadeguatezza, dipendenza, tendenza alla compiacenza e al conformismo, all’evitamento del danno (“harm avoidance”), alla ricerca di sicurezza fisica e alla prevenzione di rischi e pericoli (Cloninger, 1999); tendenza ad evitare il conflitto e ad inibire la rabbia (alessitimia).
I “perché” dell’ansia
Dove vanno ricercate le cause di questo disagio giovanile?
I valori della società odierna tutta focalizzata sulla prestazione e sull’importanza del successo costituiscono un fattore che favorisce l’insorgere di sintomi ansiosi: i ragazzi sono impegnati nello studio e in molte altre attività che riempiono le loro giornate e non hanno mai tempo di stare realmente a contatto con se stessi e di fermarsi per vivere un tempo vuoto e silenzioso. Le elevate aspettative familiari e sociali, interiorizzate dai ragazzi, diventano una pressione ad ottenere risultati e a raggiungere obiettivi; così accade che, quando il giovane non ha fiducia nelle proprie possibilità prestazionali e nelle proprie competenze, viene sopraffatto da un senso di fallimento e di profonda sfiducia; tende a demotivarsi e, conseguentemente, a mollare o a procrastinare quegli impegni per i quali si sente timoroso e carico di responsabilità (Harry, 1988), ovvero a mostrare un’apparente sicurezza che rappresenta tuttavia soltanto un falso sé.
Ancora, la pandemia ha portato ad un’espansione della vita online con un uso massiccio dei social media. Un mondo online fatto di persone che si mostrano al meglio di sé, grazie all’uso di filtri ed altre manipolazioni della propria immagine, per sentirsi apprezzati e per corrispondere ad un impossibile ideale interno. I giovani che scrollano continuamente e per ore lo schermo del proprio smartphone si trovano di fronte ad immagini e video di coetanei perfetti che vengono presi come modelli da imitare; la conseguenza è che la propria immagine talvolta ne esce distrutta e il giovane finisce per sentirsi inadeguato e sbagliato (Meli, 2023).
Senza considerare, inoltre, che il ritiro sociale forzato e l’iperconnessione digitale, soprattutto durante i lock-down, hanno favorito l’instaurarsi di relazioni sociali virtuali a distanza e senza corpo, in un periodo della vita, l’adolescenza, in cui i rapporti in presenza con i coetanei sono così importanti, perché consentono un confronto fondamentale per la costruzione della propria identità e per imparare a regolare le proprie emozioni, perché consentono di esplorare e sperimentarsi al di fuori della propria famiglia per crescere ed individuarsi.
Le responsabilità degli adulti
Ma la motivazione più rilevante all’origine dell’ansia giovanile è la fragilità degli adulti significativi a cui i ragazzi dovrebbero far riferimento. Genitori e insegnanti che, proprio a causa delle loro vulnerabilità, non riescono ad essere protettivi, spesso assenti e presi dai loro impegni; non riescono a vedere il loro disagio e malessere, accogliendoli con un ascolto autentico ed empatico; non riescono ad essere adulti solidi e autorevoli, modelli di riferimento rassicuranti, capaci di reggere le difficoltà e le fragilità dei propri figli.
Così i figli, sin dall’infanzia, si trovano ad essere adultizzati: si prendono cura delle vulnerabilità dei genitori e finisco per crescere senza sviluppare una propria identità ben definita e differenziata. Al momento dell’adolescenza, in cui l’identità dovrebbe ancor più delinearsi, spesso crollano, perché non capiscono chi sono (Ferrara, 2023).
Incapaci di cogliere le loro difficoltà, gli adulti li spingono alla competitività e al raggiungimento del successo, alla ricerca di figli perfetti che li facciano sentire genitori perfetti; li etichettano facilmente con stereotipi e pregiudizi, colorando il dialogo con toni critici e accusatori, che portano i ragazzi alla costruzione di una forte parte autocritica interna.
Così il giovane si trova in difficoltà ad individuarsi e a separarsi, a diventare autonomo dalla propria famiglia d’origine. L’aumento dei disturbi di panico (con il bisogno di essere sempre accompagnati e supportati da un adulto di riferimento) e dei problemi di dipendenza degli ultimi anni, lo testimonia. Diventare autonomo e indipendente significa, infatti, “abbandonare” quei genitori così fragili e bisognosi, che, affettivamente, non riescono a cavarsela da soli. I genitori stessi tendono a limitare la spinta all’autonomia dei figli: provano ansia e li tengono vicini a sé per sentirsi rassicurati e per riempire i propri vuoti, per non sentirsi soli; sono concentrati sui propri bisogni e non riescono a vedere quelli dei figli, mostrando un atteggiamento iperprotettivo e controllante, o, al contrario, rifiutante, che limita l’esplorazione del giovane e mina la sua fiducia in se stesso.
La conseguenza di tutto questo nei giovani è un’incapacità di reggere la frustrazione e la manifestazione di rabbia e ambivalenza verso i genitori, in un conflitto interno tra bisogno e paura di autonomia e di dipendenza, tra richieste di attenzioni e di cura e senso di oppressione e rabbia (Alessi, 1989).
Quali possibili soluzioni?
Il fattore protettivo e preventivo prevalente per evitare l’insorgenza di sintomi ansiosi sono le relazioni sociali: relazioni reali, autentiche e di qualità con amici, genitori e familiari coltivate sin dall’infanzia.
È fondamentale che i genitori si prendano cura dei figli dosando limiti e libertà, favorendo e incoraggiando sempre di più, con la crescita, la loro autonomia, ma allo stesso tempo, proteggendoli attraverso le regole e il rispetto dei ruoli, affinché imparino a tollerare le frustrazioni e a regolare le proprie emozioni; evitando di riversare sui figli i propri bisogni e le proprie difficoltà e facendosi aiutare e supportare da esperti esterni nel caso di problematiche personali; evitando di porsi come amici e ricoprendo il ruolo di adulti di riferimento a cui i giovani posso rivolgersi per le loro problematiche, sentendosi accolti, riconosciuti e rispettati a prescindere da ciò che esprimono.
Infatti, se i giovani si ribellano ai limiti e alle restrizioni imposte dagli adulti lo fanno per testare la loro presenza e la loro capacità di reggere le loro sfide e i loro tentativi di opposizione. Quando trovano un adulto solido che sa sostenere i loro tentativi di ribellione, i ragazzi si sentono amati, rassicurati e protetti e questo è fondamentale affinché possano differenziarsi e capire chi sono.
Quando il disagio emotivo nel giovane emerge in maniera eclatante compromettendo in maniera significativa la vita quotidiana, è importante rivolgersi ad un esperto, psicologo, psichiatra o neuropsichiatra, superando eventuali remore e timori di far emergere la problematica all’esterno delle mura domestiche, andando oltre al senso di colpa e al senso di fallimento del proprio ruolo genitoriale.
Anche in questo caso, oltre ad un supporto specialistico rivolto al giovane, sarà fondamentale fornire sostegno alla famiglia, così da aiutare i genitori a gestire il rapporto con il proprio figlio per accoglierlo e sostenerlo, soprattutto perché il problema del giovane è spesso un sintomo di un disagio familiare più complesso. Talvolta si rivela importante un coinvolgimento dei docenti del ragazzo che possano creare un ambiente supportivo anche a scuola.
In conclusione, una presa in carico precoce del giovane con problemi d’ansia e della sua famiglia genera solitamente cambiamenti rapidi verso il miglioramento. Identificando il problema sottostante all’insorgenza dei sintomi ansiosi, è possibile impostare un percorso terapeutico o di sostegno per il giovane e per la sua famiglia che possa favorire l’uscita da situazioni di disagio e di malessere.
Bibliografia
Alessi, A. (1989). Attacchi di Panico con Agorafobia, Rivista Italiana di Analisi Transazionale e Metodologie Psicoterapeutiche, 0(17), pp. 67-75.
Cannon, W. B. (1939). The wisdom of the body. New York: W.W. Norton & Company.
Cloninger, C.R. (1999). Personality and Psychopathology. Washington: American Psychiatric Pub.
English, F. (1971). The substitution factor: rackets and feeling – Part I, Transactional Analysis Journal, 1, 4, pagg. 27-32.
Ferrara, A. (2023). Pressioni e ansia da performance, i giovani della Generazione Z sono ‘sfiancati’ da https://www.ansa.it/canale_lifestyle (consultato in data 09/08/2024).
Fink, G. (2009). Stress Science: Neuroendocrinology. Academic Press.
Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS (2023). Fondazione Gemelli IRCCS e UNICEF: oltre 1.500 giovani e più di 1.900 genitori coinvolti nel progetto #WITHYOU – La psicologia con te da https://www.policlinicogemelli.it/news-eventi/fondazione-gemelli-irccs-e-unicef-oltre-1-500-giovani-e-piu-di-1-900-genitori-coinvolti-nel-progetto-withyou-la-psicologia-con-te (consultato in data 20/08/2024).
Harry, J. (1988). Dealing with Anxiety and Panic (Trattamento dell’Ansia e del Panico), Rivista Italiana di Analisi Transazionale e Metodologie Psicoterapeutiche, 0(15), pp. 35-39.
Laborit, H. (1969). L’Inibition de l’action. Parigi: Masson.
Meli, E. (2023). Sempre più adolescenti soffrono di disturbi d’ansia: come aiutarli?, Focus da https://www.focus.it/scienza/salute/cosa-fare-con-adolescenti-che-soffrono-disturbi-ansia (consultato in data 09/08/2024).
Montecucco, F.N. (2005). Psicosomatica Olistica. Roma: Edizioni Mediterranee.
Montecucco, F.N. (2009). Tipologie psicosomatiche PNEI, in Bottaccioli F., Geni e comportamenti. Scienza e arte della vita (pag. 323-334). Como: Red Edizioni.
Panksepp, J., Biven, L. (2012). Archaeology of Mind – Neuroevolutionary Origins of Human Emotions. New York: W. W. Norton & Company.
Dott.ssa Claudia Cioffi
Psicologa e Psicoterapeuta Analitico Transazionale
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