
Sovraccarico: vizio o virtù?
Un’alternativa possibile alla frenesia
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Ti è mai capitato di rientrare al lavoro dopo un periodo di ferie e sentire come se avessi finalmente avuto il tempo di respirare e riflettere?
Quei giorni di pausa, lontano dall’ufficio e dalle urgenze quotidiane, spesso ci danno la possibilità di guardare le cose da una prospettiva diversa. Al rientro, ci accorgiamo che, nonostante la lista delle cose da fare sia lunga, il mondo non è crollato senza il nostro intervento costante.
E così, ci poniamo una domanda: è davvero necessario riempire ogni minuto delle nostre giornate di attività frenetiche? O forse rallentare potrebbe rivelarsi non solo un piacere, ma anche un modo più efficace di lavorare?
Questo è il punto di partenza per una riflessione sul sovraccarico di lavoro: è davvero una virtù o nasconde un pericoloso vizio che ci allontana dai risultati che desideriamo?
Pseudo produttività, come ci siamo arrivati?
In passato, soprattutto nelle fabbriche, la produttività era facile da misurare: quanti pezzi si producevano in un’ora, quanti turni si riuscivano a coprire. Ma nel mondo dei knowledge workers, dove il lavoro si basa su processi cognitivi, la vecchia misura della produttività non funziona più. Purtroppo, però, siamo rimasti ancorati a quell’idea di lavoro visibile forse perché misurare in altre modalità sarebbe più laborioso e difficile. Così, riempiamo le nostre giornate di attività che ci fanno sentire impegnati: un’infinità di e-mail, riunioni su riunioni, decine di progetti avviati contemporaneamente.
In questa ottica, il sovraccarico di lavoro è spesso visto come un segno di virtù. Essere sempre impegnati, rispondere a infinite e-mail, partecipare a riunioni senza sosta: tutto questo sembra indicare che siamo produttivi, che stiamo facendo la nostra parte. Ma è davvero così? Con il passaggio dall’epoca industriale a quella del lavoro intellettuale, o “knowledge work”, la definizione di produttività va cambiata radicalmente.
Oggi, non deve contare più solo il lavoro visibile; quello che importa davvero è la qualità del risultato. Da questo punto di vista, il sovraccarico diventa un ostacolo che ci porta alla dispersione delle energie e ci fa perdere la chiarezza.
È come un raggio di sole che, quando non è concentrato, si disperde e scalda appena. Ma se lo focalizzi attraverso una lente, diventa potente abbastanza da accendere una fiamma. Allo stesso modo, la nostra mente sovraccarica perde potenza e direzione, incapace di generare risultati significativi
C’è un alternativa possibile?
Se il sovraccarico è un vizio, qual è la virtù?
La risposta è controintuitiva: fare meno, ma meglio e seguendo un certo ritmo.
- Fare meno: scegliere le attività in cui concentrare i nostri sforzi ci porta verso risultati maggiori. Immaginiamo di essere un giardiniere: invece di piantare mille semi sperando che qualcuno cresca, dedichiamoci a poche piante, curandole con attenzione. Questo è il concetto del “less is more”, fare meno ma concentrandosi su ciò che porta davvero valore.
- Fare meglio: se ci impegniamo in progetti di alta qualità, quelli che davvero contano, possiamo permetterci di rallentare altrove. Offrendo un output di qualità maggiore sulle attività a valore aggiunto, passerà in secondo piano la mancanza delle attività di contorno insignificanti che abbiamo deciso di mettere da parte
- Rispettare il ritmo: questo è il terzo elemento chiave. Nessuno può correre una maratona alla velocità di uno sprint senza bruciarsi. Alternare momenti di intensa produttività a momenti di recupero è essenziale per mantenere la nostra energia e la nostra lucidità mentale.
Il sovraccarico di lavoro spesso non è una virtù, ma un ostacolo che ci impedisce di essere davvero produttivi. Rallentare, scegliere con cura su cosa concentrarsi e rispettare il proprio ritmo sono le vere chiavi per ottenere risultati di qualità.
Invece di cadere nella trappola del “fare di più”, impariamo a fare meglio e a dedicarci solo a ciò che conta davvero. In fondo, il nostro obiettivo non è riempire la giornata di attività, ma riempire la nostra vita di significato.
“Esiste il mito che sia difficile dire di NO, sia a terzi che alle proprie ambizioni. La realtà è che dire no non è poi così male se si ha la prova che è l’unica cosa ragionevole” Cal Newport
Cosa ne pensi?
Quali strategie concrete utilizzi per migliorare la tua efficacia?
Come riesci a fare spazio alle cose importanti?
Bibliografia
“Slow productivity“, Cal Newport
Simona Bargiacchi
Internal Communication & University Relations Manager
Bio | Articoli | Video Intervista AIPP Marzo 2024
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