Le avversità come opportunità di trasformazione
Una storia di patate, uova e chicchi di caffè
Qualche settimana fa, durante una delle mie corse mattutine, ascoltavo l’episodio di un podcast di crescita personale che parlava di cambiamenti.
Una storia raccontata dal presentatore ha fatto scaturire in me alcuni spunti di riflessione ed è per questo che ho deciso di raccontarvela.
Io, vittima nascosta
Mike, seduto sulla sua poltrona preferita, con il volto nascosto dalle pagine del quotidiano che sta leggendo, ascolta sua figlia Michelle, che, girovagando senza meta per la stanza, è intenta a lamentarsi ad alta voce di tutte le difficoltà che sta incontrando nella vita.
“Non ce la farò mai”, borbotta, “sono stanca di combattere contro tutto e tutti. Non appena un problema sembra risolto, ne arriva subito un altro e poi un altro ancora. Sono esausta, non avrò mai pace.”
Ho rivisto me stesso nel comportamento e nelle parole della ragazza. Proprio come Michelle, e come tanti altri, anch’io ho vissuto la maggior parte della mia vita lamentandomi.
Nonostante gli anni trascorsi a cercare di migliorare sotto questo aspetto, a studiare e mettere in pratica ogni sorta di tecnica di crescita personale sul cambiamento, sull’accettazione, sulla gratitudine per il momento presente, e così via, non sono riuscito a eliminare del tutto quella vocina interna, che in molti abbiamo, e che continua a portare l’attenzione sui nostri problemi, sulle nostre carenze, e sulla nostra mancanza di controllo su tutto ciò che ci succede.
Una voce interna costante, che ci ricorda ciò che vorremmo essere ma non siamo, ciò che vorremmo avere ma non abbiamo, e che ci fa vedere i nostri problemi come insormontabili e la vita che desideriamo come un sogno irraggiungibile.
Michelle si lamenta ad alta voce. Tutti devono sentire, tutti devono venire a conoscenza del suo malessere, tutti devono sapere come la vita sia ingiusta con lei e come lei non meriti le avversità che sta subendo.
Io non sono così. Il mio lamento è sempre stato per lo più silenzioso, interiore, privato.
Questo ha fatto sì che gli altri mi vedano come una specie di monaco zen che ha fatto della pazienza e della tolleranza le fondamenta della sua esistenza.
La realtà dei fatti, invece, è molto diversa. Il mio mondo interiore è spesso in tumulto ed è popolato da dubbi, incertezze e paure con le quali combatto quotidianamente.
In quella matassa interiore è presente una lunga lista di cose che odio, che non tollero, di ingiustizie che credo mi siano state fatte, di persone che credo debbano pagare per i torti che ho subito e di avversità che ho dovuto affrontare e che ancora oggi credo di non aver meritato.
In contrasto con questa realtà da vittima, c’è, però, la mia totale avversione verso qualunque forma di vittimismo e autocommiserazione. Ed è probabilmente questa la vera ragione per cui le mie lamentele e le mie insoddisfazioni restano nascoste, nel privato della mia mente e della mia anima.
Le avversità dell patate, delle uova e del caffè
Dopo aver piegato il suo quotidiano e averlo riposto sul tavolo del salotto, Mike invita la figlia Michelle a seguirlo in cucina.
“Siediti qui, mia cara”, la invita indicando una delle quattro sedie attorno al tavolo. “Vorrei mostrarti una cosa”.
Incuriosita, Michelle si siede al posto indicato dal padre, che nel frattempo riempie tre pentole con dell’acqua e le mette sui fornelli che ha acceso poco prima.
“Papà, cosa stai facendo?”, chiede Michelle, con un tono di voce abbastanza seccato.
“Sii paziente, mia cara, dammi solo qualche minuto e vedrai”, risponde Mike mentre mette delle patate nella prima pentola, un paio di uova nella seconda e dei chicchi di caffè macinato nell’ultima.
Terminata questa procedura, e senza dire una sola parola, prende posto accanto alla figlia in attesa che l’acqua nelle tre pentole inizi a bollire.
Dopo circa venti minuti di silenzio assoluto, a tratti imbarazzante, Mike spegne i tre fornelli, mette le patate e le uova in due ciotole diverse e versa il caffè in una tazza.
Guardando Michelle, che ha già iniziato a spazientirsi per lo strano comportamento del padre, Mike chiede: “Mia cara, cosa vedi?”.
“Papà, che cosa dovrei vedere?”, risponde lei irritata. “Vedo delle patate, due uova e una tazza di caffè”.
“Osserva con più attenzione, per favore”, la incita Mike, “e tocca le patate”.
Michelle obbedisce alla richiesta, prendendo con delicatezza una patata dalla ciotola.
“Che cosa noti?”, chiede Mike.
“È diventata molto morbida e soffice”, risponde Michelle.
“Molto bene”, sottolinea Mike, “adesso, per favore, prendi un uovo, rompilo e inizia a staccare il guscio. Poi dimmi cosa noti”.
Sebbene sia riluttante, Michelle fa come le viene chiesto.
Sulla base della valutazione che ha appena fatto della patata, la ragazza fa lo stesso con l’uovo, dicendo al padre:
“Beh, è un uovo bollito, non sono sorpresa dal fatto che adesso si sia indurito”, conferma senza nascondere un tono di ovvietà nella voce.
“Ottimo, Michelle”, risponde Mike, “adesso, per piacere, prendi la tazza con il caffè e bevine un sorso”.
La ragazza obbedisce ancora una volta, prendendo la tazza e bevendo un sorso di caffè. L’aroma così ricco di quel caffè dipinge un sorriso sul suo viso.
Il bravo insegnante spiega. L’insegnante eccellente dimostra.
Ormai più rilassata e sicuramente molto incuriosita da tutta quella situazione, Michelle chiede: “Papà, per favore, vuoi spiegarmi cosa significa tutto questo?”.
Mike si siede accanto alla figlia e, prendendole una mano fra le sue, le dice:
“Le patate, le uova e i chicchi di caffè hanno affrontato lo stesso problema: l’acqua bollente.
Quel problema in qualche modo li ha cambiati, ma ciascuno di loro ha reagito a quell’avversità in maniera molto diversa.
Le patate, in origine forti e dure, sono state ammorbidite e rese più deboli dall’acqua bollente.
Le uova, invece, notoriamente molto fragili, protette solo da un guscio sottile, si sono indurite all’interno.
Ma il caffè macinato ha reagito in maniera ben diversa dagli altri due.
Messo a confronto con la stessa avversità affrontata anche dalle patate e dalle uova, è cambiato, creando qualcosa di completamente nuovo.
Ora, la domanda che vorrei porti, Michelle, è: quale di questi elementi ti rappresenta maggiormente?
Ti senti come le patate, che inizialmente sembrano molto forti, ma, sotto la pressione delle avversità, diventano morbide e perdono forza?
Oppure ti senti come le uova? Inizialmente sei morbida e malleabile, ma una difficoltà, una perdita, un fallimento, una malattia o un problema finanziario ti distruggono e, sebbene all’esterno niente sembri cambiato, il tuo cuore spezzato si è indurito?
O forse ti senti più come il chicco di caffè, Michelle, che ha la capacità di utilizzare l’avversità per trasformarsi in qualcosa di nuovo, di completamente diverso e di straordinario?”
“Michelle”, conclude Mike con un tono solenne ma rassicurante allo stesso tempo. “indipendentemente dalle sfide che stai affrontando o che affronterai nella vita, avrai sempre la possibilità di scegliere.
Potrai scegliere se autocommiserarti per quello che stai vivendo, se subire passivamente gli ostacoli che la vita ha deciso di mettere sul tuo cammino, oppure se utilizzare quelle stesse avversità per crescere, cambiare, trasformarti in qualcosa di diverso e di straordinariamente migliore.
Se vuoi essere come le patate, le uova o il caffè, la scelta sarà sempre e solo tua”.
È possibile evitare le avversità?
No! La risposta è un semplice NO! Nella vita è impossibile evitare determinate situazioni.
Non si può evitare di perdere qualcuno, di non riuscire in un’attività professionale, di non avere problemi ad un certo punto oppure di dover affrontare un fallimento.
A volte, siamo noi stessi la causa delle nostre avversità, mentre altre volte la vita, le persone, la sfortuna e l’essere nel posto sbagliato al momento sbagliato possono farci soffrire.
Prima o poi ci ritroviamo in una pentola piena di acqua bollente senza la possibilità di uscirne.
Accade sempre, ed è inevitabile.
Ciò che fa la differenza, tuttavia, è il nostro atteggiamento nei confronti di quello che ci succede e il modo in cui DECIDIAMO di affrontare quella particolare situazione.
Naturalmente, avere un approccio positivo e orientato alla crescita e al cambiamento nel bel mezzo di una tempesta su una barca malridotta non è facile, per qualcuno addirittura impossibile. Per quanto mi riguarda, e l’ho provato sulla mia pelle, alla fine è sempre e solo una questione di decidere come affrontare la vita, i problemi e tutto ciò che ci colpisce.
Nelle situazioni difficili, la prima reazione è sempre quella di vittima. Ci si chiede, di solito: “Perché a me, perché io, perché adesso?”. Con il tempo e tenendo a bada la mia tendenza al vittimismo, ho imparato a domandarmi, invece: “Come posso utilizzare queste circostanze per diventare una persona migliore?”.
La risposta, chiaramente, non è sempre ovvia o veloce ad arrivare.
A volte, ci troviamo in situazioni nelle quali non si può davvero fare nulla, se non attraversarle: potremmo essere alle prese con una malattia terminale, con la perdita di una persona cara, con i risultati di una calamità naturale, o, come stiamo vedendo in questo momento, con una guerra inutile.
Spesso non possiamo cambiare le circostanze in cui ci troviamo, ma lamentarci passivamente di quello che ci accade non cambierà nulla.
Ciò che possiamo fare, invece, è dare il massimo per trasformare questi momenti critici in opportunità di crescita e cambiamento, utilizzando l’acqua bollente in cui ci troviamo per creare una nuova versione di noi stessi, non perfetta, ma sicuramente migliore.
Il cambiamento è inevitabile. La crescita è facoltativa. John C. Maxwell
Antonio Esposito
LMP Editor-In-Chief | Life Coach | Mentor
Bio | Articoli
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