Foodie Culture: tra food porn e fat shaming
Il valore del cibo nella società contemporanea
Mangiare insieme, in compagnia di un altro a noi vicino, costituisce un atto tipico della specie umana.
Dello stare a tavola con gli altri ne parla già Plutarco nelle Dispute conviviali:
Non ci invitiamo l’un l’altro per mangiare e bere semplicemente, ma per mangiare e bere insieme.
Nel corso dei secoli, il cibo si è caricato di tanti significati, riflettendo, come uno specchio, l’evolversi socioculturale: se in passato, l’abbondanza del cibo segnalava di per sé una situazione di privilegio sociale per cui vigeva una concezione fisica e muscolare del potere, che considerava il capo un valoroso guerriero, dalla superiorità animalesca, a partire dal Settecento si afferma il valore della magrezza, connesso a quello di rapidità e produttività, che andrà a strutturare, nel corso dei secoli, un modello alimentare ed estetico fondato sulla snellezza e arricchito di implicazioni salutistiche (Montanari, 2011).
Quindi, il cibo rappresenta uno degli elementi simbolici più significativi per una lettura di tipo culturale della società.
Secondo l’antropologa Mary Douglas, mangiare è una vera e propria attività rituale e le categorie alimentari costituiscono un sistema di demarcazione sociale.
Il rito della tavola, fondato sulla condivisione del cibo, infatti, introduce le persone nella medesima comunità, rendendole membri della stessa cultura alimentare, e pertanto il cibo è strumentale nel sottolineare le differenze tra le culture e rafforzare l’identità di un gruppo.
Foodie culture: il cibo nella società contemporanea
La foodie culture è definibile come una sottocultura contemporanea, costruita intorno al gusto.
Ad essa appartengono quelle persone che considerano lo stile alimentare come parte della costruzione e della rappresentazione identitaria, uomini e donne interessati alla qualità del cibo, attenti spettatori dei vari movimenti culinari (il consumo etico, lo Slow Food) e delle trasmissioni televisive di chef stellati ed esperti alimentari, le nuove icone di riferimento (Stagi, 2016).
La foodie culture è il retroterra culturale di una serie di fenomeni, come per esempio il food porn, un’espressione comunemente utilizzata per indicare la pratica di fotografare il cibo e condividere l’immagine sui social network.
Il food porn rappresenta il piacere voyeristico del cibo, un edonismo mentale che si nutre del piacere dell’attesa piuttosto che dell’esperienza del godimento del cibo stesso.
La foodie culture è anche alla base del proliferare di food blog, siti web che si occupano di diffondere ricette, proporre recensioni di ristoranti, promuovere stili alimentari e discutere questione etiche riguardo al consumo di cibo (Stagi, 2016).
Food porn e dieta: la polarità edonismo/autocontrollo
Alla ridondanza di trasmissioni culinarie, che propongono ricette gustosissime e gare culinarie su qualsiasi piatto della cucina internazionale, si è affermato il profilarsi di reality con specifici format lifestyle e makeover, che si occupano della presa in carico del corpo, con particolare attenzione al grasso in eccesso, e quindi delle diete (Stagi, 2016).
Pertanto, appare evidente come nell’attuale produzione televisiva si assiste da un lato alla costruzione di desiderio e di fantasie di consumo intorno al cibo, dall’altro alla promozione di un discorso normativo sulla gestione del sé attraverso il controllo del corpo.
In altri termini, nella società occidentale contemporanea, popolata da persone costantemente a dieta, si sta diffondendo una vera e propria ossessione per la cucina, per gli stili alimentari, per le ricette, in generale per tutto ciò che ruota intorno al cibo.
È importante sottolineare che tale polarità edonismo/autocontrollo, legata alla sfera alimentare, comporta conseguenze sui soggetti e sulla loro vita (Stagi, 2016).
Tra fat-shaming e anoressia nervosa
Nella società contemporanea, il corpo è divenuto il territorio privilegiato della responsabilità individuale, pertanto la sua cura rappresenta un compito e anche un dovere da assolvere attraverso una serie di pratiche culturalmente adeguate (Stagi, 2016).
In tal senso, la scelta del regime alimentare e dell’aspetto che si intende conferire al corpo presuppongono la proiezione di un grande potere nella dieta, come via di connessione fra aspetto fisico e soggettività; in questa ottica, infatti, la dieta, affiderebbe nelle mani del soggetto il mantenimento del corpo e di un certo tipo di aspetto fisico: una figura snella è simbolo di autocontrollo e autodisciplina, di performatività ed efficienza.
In questa cornice, si chiariscono i dati inerenti l’aumento di casi di disturbi alimentari, come l’anoressia nervosa, e il contemporaneo affermarsi di una subdola forma di discriminazione che colpisce le persone con corpi che non rispecchiano i canoni standard della società, dominata dall’idea della magrezza come sinonimo di salute e bellezza: si tratta del fat-shaming, una forma di body shaming rivolta alle persone grasse, funzionale alla promozione di una rappresentazione delle stesse come ingorde, indisciplinate e poco propense all’attività, in opposizione alle persone magre, dal carattere forte e dotate di pieno autocontrollo (Stagi, 2016).
Bibliografia
Montanari, M. (2011). Il cibo come cultura. Italia: Editori Laterza.
Pour une psycho-sociologie de l’alimentation contemporaine, in «Annales ESC», XVI, 1961 (poi in Pour une histoire de l’alimentation, a cura di Jean Jacques Hémardinquer, Paris, Colin, 1970, pp. 307-315).
Stagi, L. (2016). Food porn: L’ossessione del cibo in TV e nei social media. Italia: Egea.
Dott.ssa Annamaria Nuzzo
Psicologa Clinica | LMP Library Editor
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