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Quando è importante dire addio

Aprirsi al cambiamento dopo la perdita

Image by Markus Winkler on Pexels.com


Piccole o grandi perdite, a tutti è successo di dover dire addio a qualcuno o a qualcosa. In alcuni casi si tratta di un vero e proprio lutto per la morte di una persona cara, in altri casi di una separazione da un amico o da un partner. Si vive un lutto anche quando ci si separa e si dice addio a qualcosa, che può essere una casa, un luogo o, ancora, una situazione, un lavoro che abbiamo svolto per molti anni, in caso di pensionamento. Ancora, si può dover dire addio ad una parte di noi: alla gioventù, quando si vive il processo di invecchiamento, o, ancora, allo stato di salute, quando ci si ammala gravemente, allo stato di single quando si intraprende una relazione amorosa con un partner…

Ogni cambiamento importante della vita prevede la necessità di separarsi da qualcosa o da qualcuno e, dopo un primo momento di destabilizzazione, richiede di trovare un nuovo equilibrio e un adattamento alla nuova situazione. Ci sono un prima e un dopo la perdita, perché tutto cambia. Questo processo si tinge di vissuti che possono essere emotivamente più o meno intensi, ma che comunque ci coinvolgono.


L’elaborazione del lutto

Il lutto legato alla perdita è una reazione fisiologica, normale e inevitabile. Sono cinque le fasi dell’elaborazione del lutto secondo la psichiatra Kübler-Ross (1969):

  1. Rifiuto/negazione della perdita, rifiuto di accettarla con senso di stordimento e disorientamento, incredulità, confusione;
  2. Rabbia per la perdita che viene vissuta come ingiusta. Spesso la persona riversa la colpa all’esterno di sé, sugli altri, o verso se stessa e le sue mancanze e prova rabbia;
  3. Negoziazione/contrattazione, in questa fase la persona cerca di “contrattare” per alleviare la propria sofferenza, accettando di fare qualsiasi cosa pur di provare sollievo; resta ancorata alla falsa speranza che la morte/separazione non sia avvenuta davvero, che si possa tornare, magicamente indietro, in qualche modo;
  4. Depressione, quando ci si rende conto della perdita e dell’impossibilità di contrastare la morte/separazione e si prova tristezza, disperazione e senso di vuoto;
  5. Accettazione, il momento in cui l’angoscia lascia spazio alla piena consapevolezza dell’accaduto e si determina una riorganizzazione della propria vita.

L’elaborazione del lutto comporta un coinvolgimento a 360° della persona: dal punto di vista cognitivo con pensieri e immagini intrusivi sulla persona perduta; dal punto di vista emotivo con tristezza, ansia, nostalgia, rabbia, senso di solitudine, senso di colpa; dal punto di vista comportamentale con inappetenza, insonnia, difficoltà di concentrazione; dal punto di vista fisico con sensazioni quali debolezza, mancanza di energia, respiro bloccato, inappetenza.


Come le persone reagiscono alla perdita?

Le reazioni alla perdita sono personali e diversificate: ognuno reagisce a proprio modo e secondo tempistiche individuali. Ci sono individui che tendono ad evitare di sentire il dolore, soprattutto quando si tratta di una perdita importante come quella di una persona cara. Cercano disperatamente, dentro di sé, di fare finta che non sia accaduta: non ne parlano e non ne vogliono parlare, se si tratta della morte di una persona cara, evitano la visita in camera mortuaria, evitano il funerale, continuano a parlare con la persona defunta, a tenere i suoi vestiti ed effetti personali; in altri casi si tengono occupati in attività lavorative o di altro tipo per cercare distrazione dal pensare e dal sentire il dolore per la mancanza. Impedendosi di venire a contatto con la morte, con la separazione, o con la perdita, si illudono che non sia accaduta.

Alcune persone utilizzano l’euforia e il divertimento per evitare il dolore, “coprendolo” con l’ironia e l’umorismo e dedicandosi ad attività di svago che aiutano a non sentire; oppure si stordiscono con sostanze psicotrope o con l’alcol. Nel caso di separazione da un partner con cui avevano una relazione affettiva, si buttano subito in nuove relazioni per non sentire la sofferenza, il vuoto, la mancanza, il senso di solitudine.

Altre persone, invece, vivono pienamente il dolore della perdita e ne rimangono schiacciate. Si parla in questi casi di lutto patologico (il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali nella sua ultima edizione, il DSM V, lo definisce “Disturbo da lutto persistente e complicato”: A.P.A., 2013) che interferisce negativamente e in maniera significativa con la vita quotidiana della persona. Spesso si tratta di individui che avevano un legame di dipendenza psicologica dalla persona perduta. In alcuni casi questo accade non solo di fronte alla morte, bensì anche di fronte alla rottura di una relazione, in particolare quando viene subita. Quando non ci si sente in grado di sopravvivere senza un partner, un amico o un familiare, si provano stati emotivi di forte dolore, angoscia, impotenza e si vive un profondo senso di solitudine.

Pertanto, quando l’elaborazione del lutto per una perdita rimane bloccata in una delle fasi che solitamente si susseguono, la persona non riesce a portare a termine il processo e rimane in uno stato di sospensione e di legame forte con la persona perduta.


Dire addio: lasciar andare dopo la morte

Come suddetto, come difesa dal forte dolore e dalla sofferenza per la morte di una persona cara, alcuni individui tendono a negare la perdita: mantengono parte della loro energia bloccata nel passato e non riescono ad andare avanti, non riescono ad accettare la perdita con tutto ciò che questa comporta. Spesso, in questi casi, sono rimaste delle questioni in sospeso che trattengono la persona dal dire addio: per lo più si tratta di risentimenti che mantengono ancora saldo il legame con la persona che non c’è più, nell’attesa magica che questa possa cambiare nel passato. Per lasciare andare la persona perduta e separarsene, sarà necessario pertanto arrivare ad accettare che le cose non potranno mai cambiare, che l’altro non potrà mai cambiare, esprimendo tutto il risentimento e la rabbia che sono presenti dentro di sé, esprimendo tutti i torti che si pensa di aver subito dalla persona perduta, fino ad accettare che non si potrà mai tornare indietro. Nei casi di morte di una persona importante, spesso il risentimento è proprio legato al fatto che, con la sua morte, questa persona se ne è andata, si è allontanata, lasciando solo l’individuo, che si sente abbandonato.

Oltre ai risentimenti, alla rabbia e al dolore, è importante esprimere apprezzamento per la persona che non c’è più, riconoscendo gli aspetti positivi che la caratterizzavano, gli aspetti positivi della vita insieme, per arrivare infine a “dire addio”. Senza attuare questo processo, questi vissuti rimangono come sospesi e incompiuti e mantengono in piedi il legame.

Tutto questo richiede tempo, un tempo in cui è normale e va bene provare dolore, un tempo in cui è necessario sentire tutto il dolore della perdita. Giorno dopo giorno la “ferita” si rimargina, fino ad arrivare a “guarigione”, per cui l’individuo gradualmente riuscirà a liberare l’energia rimasta nel passato, per reinvestirla nella vita presente e verso se stesso.


Dire addio: lasciar andare nelle relazioni affettive

Anche quando due partner si separano si vive il lutto per una perdita. Alcune persone non riescono a dire addio, nonostante la relazione di coppia sia diventata ormai solo fonte di insoddisfazione o di dolore. In questi casi si instaurano relazioni di dipendenza affettiva, per cui la persona non riesce a separarsi per continuare la sua vita in autonomia.

Spesso emergono emozioni intense quali la paura o angoscia dell’abbandono, il senso di solitudine e di vuoto nell’immaginare una vita senza il partner; emozioni che ripropongono esperienze vissute nell’infanzia con le figure di attaccamento genitoriali e che vengono riproposte anche nella vita adulta.

La persona dipendente tende a mostrarsi compiacente e arrendevole alle richieste del partner e prova dolore ad ogni suo allontanamento. In altri casi è la rabbia a mantenere in piedi il legame, la rabbia che deriva dall’aspettativa e dalla speranza che il partner prima o poi cambierà e diventerà quella fonte di riconoscimento, affetto, ascolto e comprensione di cui la persona sente di avere disperatamente bisogno.

Quando si è ancora dentro la relazione e coinvolti emotivamente, può sembrare impossibile separarsi. Tutto il proprio mondo sembra girare attorno a quella persona. Questo accade anche se, in realtà, i contatti si sono ridotti al minimo e magari si mantengono solo a distanza, tramite chat. Un filo invisibile fatto di messaggi, attese di risposta, interpretazioni dei comportamenti e dei pensieri dell’altro, continua a mantenere le due persone “attaccate”, come se tutto il loro mondo crollasse senza quell’appiglio.

Per lasciar andare il partner e separarsi, sarà necessario pertanto rinunciare a qualsiasi aspettativa e attesa magica di cambiamento e abbandonare qualsiasi speranza. Sarà necessario prendere le distanze fisiche ed emotive dal partner; questo richiede imparare ad avere fiducia in se stessi, fiducia di riuscire a farcela, di riuscire a vivere anche senza l’altro.

Anche in questo caso, quando è possibile esprimere reciprocamente e in maniera diretta risentimenti e apprezzamenti, la chiusura e l’elaborazione della separazione saranno più efficaci; dicendo addio alla relazione di coppia sarà possibile, per ognuno dei due partner, proseguire verso la propria vita con rinnovata energia, rinunciando al ruolo di vittima (Goulding e Goulding, 1979).


Conclusioni

Arrivare a dire addio è importante per tutti coloro che vivono nel passato, in ciò che è stato o in ciò che avrebbe potuto essere. Una volta lasciato andare ciò che non può essere più, l’energia si può nuovamente investire nel presente e nei cambiamenti che si possono attuare nel qui-ed-ora.

In queste situazioni di separazione e di lutto, si rivela importante il supporto sociale ed emotivo di amici e familiari, in alcuni casi di un professionista. Si rivela importante poter vivere a pieno e condividere i propri vissuti dolorosi, poter esprimere le emozioni che emergono durante il lutto e la separazione, per accoglierle, senza reprimerle o negarle. Si rivela importante prendersi cura di sé e dei propri bisogni, coltivando i propri hobby, i propri interessi, le relazioni amicali. Tutto questo consente di scoprire che la vita può andare avanti e che si può trovare un nuovo equilibrio.

In conclusione, l’elaborazione del lutto è un processo di adattamento e di integrazione della perdita nella propria vita. La perdita non viene mai dimenticata, ma il legame fatto di presenza con la persona perduta, con il passare del tempo, viene interiorizzato e diviene un legame interiore che rimane come una parte di sé.


Bibliografia

A.P.A. – American Psychiatric Association (2013). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – Quinta edizione. DSM-5. Milano: Raffaello Cortina.
Goulding, M.M. e Goulding, R.L. (1979). Il cambiamento di vita nella terapia ridecisionale. Roma: Astrolabio.
Kübler-Ross, E. (1969). La morte e il morire. Assisi: Cittadella.


Dott.ssa Claudia Cioffi Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Dott.ssa Claudia Cioffi
Psicologa e Psicoterapeuta Analitico Transazionale
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