Alle radici dell’essere umano: costellazioni familiari
Passo dopo passo…
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La libertà dell’individuo sta nel comprendere, che anche i rami più alti che svettano verso il cielo, non sono mai separati dalle proprie radici. – Ninad
Siamo parte di qualcosa di più grande, camminando su questa terra, lungo il sentiero della vita, siamo connessi, interdipendenti dalle persone che ci hanno preceduto, non saremmo qui, così come siamo, senza che un’infinita ragnatela di esperienze, vissuti, individui avesse nutrito la nostra esistenza.
Sono tanti anni che lavoro nell’ascoltare, accogliere, sostenere l’individuo nelle sue diverse espressioni, singolo, in coppia, dentro una famiglia, ed è diventato per me naturale osservare che ognuno di noi è portatore di una storia che ci induce, ci guida a doverci confrontare, con un attenzione sempre più consapevole, con i significati esistenziali che sostengono la nostra anima.
Da dove arrivano questi significati?
Due emozioni attraversano l’anima di ogni essere umano, intersecandosi, fin da quando siamo concepiti, come due torrenti, creando un fiume imponente che governa la nostra vita: appartenenza e libertà.
L’essere umano per sopravvivere deve far parte del suo clan, non è autosufficiente, la sua intelligenza è programmata per imparare la lingua affettiva, d’amore, parlata nella sua famiglia. Scopre molto presto come danzare dentro alle relazioni significative che lo sostengono, scopre molto presto come forgiare la sua psicologia interna, cosa può mostrare allenare del suo se, e cosa invece deve nascondere perché lì, in quella famiglia non ha la possibilità di esistere. Quello che il bambino non può sapere è che le figure che gli stanno intorno, gli adulti, anche loro hanno imparato da bambini a poter mostrare alcune parti di loro e celarne altre, hanno imparato a funzionare dentro una famiglia che gli ha chiesto senza dirlo di essere portatori di un’eredità emotiva, fatta di segreti, di vissuti, di esperienze, che soprattutto se dolorose, sono state nascoste o apparentemente dimenticate.
Marco arriva in studio, da anni soffre per una rabbia, un’aggressività, che manifesta soprattutto nelle relazioni d’amore e che lo portano a scappare in quella che lui chiama la sua modalità di salvarsi. Tradisce.
Le sue relazioni cominciano sempre allo stesso modo, un grande investimento, un grande innamoramento, anche con la sua ex moglie, da cui ha una figlia, per poi ritrovarsi ogni volta in un angolo, chiuso, deluso, freddo, isolato. Incapace di aprire un dialogo altro in quel momento fugge. Il dialogo altro che immaginiamo con l’altra persona, in realtà prima deve avvenire dentro di noi. Marco dovrà aprire la porta del suo appartenere alla famiglia di origine, recuperando un amore, quello verso la madre, troppo vicino al dolore. Lo ha nascosto dentro di sè da bambino per sopravvivere, e ogni volta che riapre la porta del cuore, quel dolore si riaccende, portandolo a ritirarsi dalla relazione.
Secondo cap.
Non si trova la saggezza perché là si cerca. È il frutto di molte comprensioni, e d’un tratto emerge facilmente senza alcuno sforzo. – B. Hellinger
L’anima umana è destinata ad aprire le sue ali. Ognuno di noi nasce dentro ad un contenitore, la famiglia, che ci istruisce con la sua esperienza sul significato di essere vivi, su quale linguaggio emotivo parlare, come trattare le emozioni, cosa mostrare e soprattutto cosa nascondere. Ci insegna come stare nella vita, inducendoci a non allenare quelle parti di noi che rappresenteranno la mancanza. Questo è il valore psicologico delle relazioni d’amore, ci guidano a doverci riappropriarci di quelle parti dimenticate.
Quando le persone entrano nel mio studio, con loro entra la loro storia, entrambi i genitori, fratelli o sorelle, i nonni, e con tutto ciò entra ogni legame, ogni affetto che è stato significativo, entrano le sofferenze mai digerite, i segreti mai rivelati, entrano come presenze reali eventi, fatti che hanno caratterizzato, determinato il destino di quella famiglia.
Il tempo ha valore per la mente, per l’anima passato, presente o futuro, sono determinati dalle esperienze, e tutto ciò che rimane in sospeso, aspetta solo il giusto momento per poter riemergere.
La crisi, i sintomi che la compongono, costringono l’individuo a dover dialogare dentro di sè con parti rimaste nell’ombra, dentro di noi sappiamo che esistono, illudendoci ogni volta che non emergeranno, sperando di riuscire a tenerle a bada, non ci accorgiamo che proprio quelle parti mai allenate, mai mostrate in primis a noi stessi, rappresentano la mancanza, il vuoto, il buco, che cerchiamo di soffocare.
Il modo in cui siamo riusciti ad avvicinarci ai nostri genitori, a sentirli vicini, a condividere amore, affetto, il modo in cui ci siamo sentiti sostenuti, come ci hanno accompagnato nei primi anni della nostra vita, come ci hanno confortato, i confini che hanno messo intorno per proteggerci, come ci hanno fatto sentire parte ed al tempo stesso aiutati ad allenare il nostro desiderio di curiosità verso il modo e verso noi stessi, tutto questo forgia il carattere con cui affronteremo l’esistenza.
Marta, da sempre considerata la ribelle in casa, sposata, separata, si è unita ad un uomo che ha già due figli da un’ altra relazione. La convivenza con la mamma di questi due ragazzi è impossibile, Marta quando arriva nel mio studio si trova ad un bivio o lasciare l’uomo che ama, con un immensa sofferenza, oppure soccombere ad una situazione in cui non sta bene. Mentre come un fiume in piena mi parla della sua situazione, mi dice : “sono nella stessa situazione di mia madre, mai mai avrei immaginato di rivivere quello che lei ha portato da sempre come una croce”.
Terzo cap.
Ciò che neghi ti sottomette, ciò che accogli ti trasforma. – C. G. Jung
L’esperienza di un percorso psicoterapeutico, implica darsi il permesso di cambiare, accogliendo, il momento presente come un amico che ci sta indicando come recuperare quello che apparentemente sembrava perso. In questo percorso ho trovato particolarmente efficace l’uso della tecnica delle costellazioni familiari, che offre la possibilità di includere un potere più grande che guida l’esistenza, scoprendo come dare un posto a figure, esperienze del passato che ci chiedono di restituire loro rispetto, inclusione, visibilità. In ogni famiglia, dietro a ciò che appare, ci sono personaggi la cui esistenza è stata caratterizzata da una sofferenza molto grande. Donne che hanno sofferto la morte di un compagno, risposate con chi non amavano per convenienza, madri che non hanno avuto il tempo di piangere un lutto, donne diventate madri al di fuori di ciò che a un tempo era la normalità, disastri immensi, tipo il Vajont, fame, malattie, guerre, uomini, che hanno vissuto esperienze destrutturanti macchiandosi di colpe impossibili da pronunciare, personaggi scomparsi dentro a strutture psichiatriche solo perché scomodi, matrimoni che d’amore avevano solo il nome. Il nascondere, l’omettere le esperienze dolorose, sofferenti ha un implicito, anche le esperienze positive non possono essere riconosciute e vissute a pieno.
A volte mi fermo a riflettere su cosa avrà voluto significare per un essere umano accorgersi di vivere un esistenza dove l’amore, il piacere, la curiosità per la vita non erano più ammessi, o forse non lo sono mai stati, e su come tutto questo possa essere arrivato ai figli che sono proprio lì davanti.
Margaret, medico tedesco, è in crisi nella sua relazione con Giacomo, vuole lasciarlo. Lui non ha mai sostenuto la coppia, da sempre ogni scelta doveva essere vagliata soppesata dalla famiglia di origine di lui. Lei da sempre sola, aveva visto nella famiglia di Giacomo quello che dentro di lei non aveva mai ricevuto l’appartenenza, per ritrovarsi prigioniera di un gioco che non sapeva giocare. Lui in lei aveva annusato quella indipendenza che non si era mai potuto permettere, incapace però di comprendere la differenza tra responsabilità è libertà.
La nascita del primo figlio aprirà un baratro nelle loro mancanze, portandoli entrambi a recuperare una storia dolorosa, che dalle loro famiglie di origine arrivava. Il nonno di lei, padre di sua madre, era stato medico durante la seconda guerra mondiale in giro nei campi di battaglia e di concentramento, lui aveva una madre orfana di guerra, che aveva visto morire il suo grande amore in un incidente stradale dove lei era sopravvissuta. Solo in tarda età sposa il padre di Giacomo avendo il figlio quando lei aveva 44 anni.
Storie che si intersecano per restituire ad entrambi la possibilità di riappropriarsi di ciò che nel profondo manca.
Dott. Stefano Cotugno
Psicoterapeuta Sistemico Relazionale
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