La doppia faccia della musica: gli aspetti psico-sociali
La musica come mezzo di allontanamento da sé [Seconda Parte]
In questa seconda parte dell’articolo “La doppia faccia della musica“, continuiamo ad affrontare questioni relative alla fruizione della musica sempre secondo un approccio psico-sociologico.
I termini contrassegnati con un asterisco* sono spiegati nel glossario in fondo all’articolo.
Le distorsioni della musica orecchiabile
Il nostro cervello, per una questione di “economicità”, non ama la complessità, preferisce la semplicità, cerca soluzioni e processi mentali facili da eseguire, ricordare e programmare. Ne consegue che fra una musica complessa ed una semplice la maggior parte delle persone preferirà quest’ultima.
Ovviamente questa distinzione in “semplice” e “complessa” è una categorizzazione generica a fini esplicativi. Dobbiamo chiederci però se vi siano delle conseguenze cognitive nell’ascolto fra una musica orecchiabile rispetto ad una più complessa.
Per esempio, può l’ascolto di musica complessa alzare il livello di consapevolezza? O viceversa, come anche sosteneva il filosofo Adorno, la musica orecchiabile può “addormentare” il senso critico?
Diverse ricerche con l’uso della risonanza magnetica hanno evidenziato come l’ascolto musicale interessi diverse aree del cervello di ambedue gli emisferi, così come si è visto che si attivano più o meno le stesse zone cerebrali sia se si ascolti musica sia se la si immagina solamente (Welch).
Per ciò che sono le mie conoscenze attuali, non esistono però ricerche che studino le possibili diverse attivazioni neuronali a seconda del grado di complessità della musica ascoltata.
Non posso quindi affermare con dati sperimentali che l’ascolto di musica semplice abbia un effetto regressivo rispetto l’ascolto di una musica più complessa, però un effetto più o meno oggettivo è sotto gli occhi di tutti, e cioè che dopo un quarantennio di costante banalizzazione generalizzata di tutta la cultura sono evidenti gli effetti sia sulle capacità critiche che sulle azioni a livello personale e sociale: l’intraprendenza si è trasformata in un senso di impotenza e rassegnazione diffusa, così come la spinta a contrastare i soprusi è stata sostituita dal concetto di “resilienza“, parolina tanto in voga oggi ma che può nascondere una connotazione semantica di passiva arrendevolezza (Papadopoulos 2022).
Il feticismo in musica
Rispetto alla dicotomia musica orecchiabile – musica complessa, negli anni ’60 del secolo scorso il filosofo Theodor W. Adorno arrivò addirittura a denigrare il musicista commerciale e di successo per esaltare invece quello colto che creava musica di ricerca, magari lontano dai riflettori mediatici e spesso anche in rottura con il sistema consumistico capitalista.
Per Adorno ogni manifestazione della cultura di massa diviene un fattore di conformismo ideologico e sociale (Lanza 1991).
Adorno infatti afferma che
Nel momento stesso in cui il prodotto musicale si trasforma in merce, subentra a celare il suo carattere mercificato per ostentare un valore estetico fittizio, di facciata, il quale non si definisce all’interno di un reale rapporto di ricezione della musica, ma viene imposto dal di fuori e viene feticisticamente propagandato come “qualità ” dell’oggetto stesso. Di qui una regressione “dell’ascolto “, che si rivela soprattutto nella incapacità di penetrare nella struttura autentica dell’opera d’arte. (Adorno 1938)
L’era digitale ha trasformato le modalità di promozione degli artisti: più ci sono visualizzazioni sul web, più le persone sono incuriosite ed invogliate a seguire quell’artista.
Si viene a creare così un circolo autorinforzante.
Questo processo rende più comprensibili le parole di Adorno quando afferma che il valore artistico di un prodotto musicale “viene imposto dal di fuori e viene feticisticamente propagandato come “qualità ” dell’oggetto stesso”.
Per molte case discografiche il reale valore artistico passa in secondo piano perché essendo sganciato dall’opera stessa ottiene una sorta di patente di artisticità in base ad un cerchio recursivo* di questo tipo:
Opera – Pubblicità multimediale della casa discografica – Aumento visibilità e fruizione dell’opera – Aumento valore dell’opera
Essendo un cerchio non è possibile stabilire quale dei tre elementi sia quello decisivo perché ognuno rinforza il successivo anche se bisogna considerare che le Majors investono molto in campagne pubblicitarie anche a livello del web.
Tutte le grandi case discografiche ormai puntano su canzoni che abbiano una linea melodica riconoscibile, orecchiabile e facilmente memorizzabile.
Quando la campagna di marketing di una canzone non può esaltare questi aspetti, la musica passa in secondo piano e ciò su cui la casa discografica fa perno riguarda l’immagine che si crea intorno all’artista con tutto ciò che simbolicamente e semanticamente gira attorno ad esso.
Riprenderemo questo argomento successivamente perché si voleva ora riportare una ricerca che potrebbe offrire un substrato fisiologico ad alcuni comportamenti sopra esposti.
Musica e… Dopamina
Oltre ad un discorso di “economicità” esiste anche un substrato fisiologico che sollecita le scelte a cui abbiamo fatto riferimento nei precedenti paragrafi?
Il ricercatore Robert J. Zatorre, oltre a scoprire che il nostro cervello produce Dopamina* quando ascoltiamo una melodia che ci piace, notò anche che il cervello “anticipa il piacere“, infatti, la sola previsione di stare per sperimentare un determinato piacere stimola il rilascio della Dopamina (Orlacchio, 2020).
Applicato al nostro discorso, durante l’ascolto di un brano tendiamo ad anticipare la sua melodia (ed anche le parole) e quando poi si arriva ad ascoltare veramente quella anticipazione melodica si sviluppa “una sorta di “soddisfazione” quasi come un sollievo fisico.
L’esempio classico è quando ad un concerto si aspetta l’arrivo del ritornello per poterlo cantare tutti insieme.
Per poter “anticipare” un tema melodico però bisogna essere in grado di memorizzarlo, ma se è troppo complesso diventa difficile da attuare questo processo di memorizzazione e quindi di anticipazione.
Come affermava Adorno,
[…] l’ascoltatore che ricorda e riconosce una canzonetta diventa […] il soggetto ideale della canzonetta” (Adorno 1962, pag. 33).
Due ipotesi
In questo paragrafo vorrei proporre due mie ipotesi collegate alle ricerche di Zavorre.
Oltre alla spiegazione neurologica data, vorrei anche ipotizzare che l’ascolto di una musica che conosciamo, e che quindi riusciamo a cantare anche solo mentalmente, possa porci in una comfort zone perché abbiamo il “controllo” del nostro ambiente (in questo caso solo acustico) e non attendendoci sorprese, ci possiamo permettere di rilassarci senza rimanere nel costante stato di allerta quotidiano.
Per questo motivo appare più gratificante rispetto ad una musica complessa che non ha queste caratteristiche. Infatti non rientra in una forma prevedibile, non ha un motivo riconoscibile, generalmente non si basa sul rapporto tonica-dominante*, così come non ha la struttura della canzone della musica leggera generalmente associata al modello A B A, cioè esposizione del tema, ritornello e riesposizione del tema, cioè tutte strutture comunissime e quindi già inserite nella nostra memoria acustica collettiva.
Di conseguenza è difficilmente memorizzabile, senza contare poi che una musica complessa, per poter essere apprezzata, deve essere anche ascoltata con cura, essendo presenti a se stessi e non distrattamente come sottofondo come si usa per la musica commerciale o da Lounge Bar*.
A questo proposito è esauriente la frase di Adorno quando afferma che
le canzoni prescelte a diventare best sellers vengono martellate nella testa degli ascoltatori finché questi devono riconoscerle e quindi, secondo il calcolo esatto degli psicologi della pubblicità musicale, amarle. (Ibidem, pag. 41).
La seconda mia ipotesi riguarda il binomio musica semplice – musica complessa. Oltre ad un aspetto prettamente estetico/formale i due tipi di composizione si differenziano anche per un aspetto psico-sociologico, che poi a mio avviso é la questione più importante. Sempre per citare Adorno,
la musica funzionale, come fonte di falsa coscienza sociale, è implicata, senza che i pianificatori lo vogliano, nel conflitto sociale” (Ibidem, pag. 67).
Abbiamo visto che una composizione semplice asseconda il principio dell’economicità che dal punto di vista psichico corrisponderebbe ad una bassa attivazione dei processi mentali che per estensione può coinvolgere anche il senso critico.
Ecco perché la musica semplice può risultare funzionale al “controllo” della gente a differenza di una musica più complessa che, per la sua struttura compositiva, può sollecitare un movimento mentale/sensoriale più articolato.
L’icona e la stasi artistica funzionale
Già nel 1962 Adorno scriveva che
la banalità della musica leggera attuale […] è inesorabilmente controllata per non ostacolare la vendita del prodotto” (Ibidem, 1962, p. 34).
Attualmente le cose non sembrano cambiate di molto ed a questo si aggiunge che le grandi case discografiche, prima ancora di puntare su di un prodotto musicale, creano ad hoc un personaggio per intercettare un certo tipo di pubblico.
Una volta raggiunto è di secondaria importanza se l’artista sappia o meno cantare o suonare bene.
Per corroborare quanto sto affermando basta ricordare che quasi tutti i vincitori degli ultimi Festival di Sanremo, prima ancora di presentare il proprio brano musicale, erano “anticipati” dal personaggio che dovevano interpretare, personaggio spesso deciso a tavolino o nato dall’amplificazione di una caratteristica personale dell’artista.
Ciò che ora il pubblico privilegia, non è la qualità artistica ma ciò che fa “tendenza”; non cerca e non segue il belcanto, che tanta storia ha avuto proprio in Italia, ma insegue un personaggio fittizio creato secondo i criteri della casa discografica di turno.
In realtà questi “criteri” non sono altro che i valori predominanti del target che si vuole intercettare.
Fra l’altro, questi valori in realtà, non sono neanche scelti dagli individui stessi appartenenti a quel gruppo ma da tutt’altre istituzioni ed agenzie pubbliche e private (Papadopoulos 2014).
Infine, nella maggior parte dei casi, una volta che si è raggiunto il successo con un determinato tipo di musica o con un determinato personaggio, generalmente la libertà artistica si riduce notevolmente.
A livello di marketing, infatti, è comune la convinzione che una volta conquistato un determinato target con un certo tipo di musica, non si può più cambiare genere o modo di comporre perché disorienterebbe il pubblico conquistato.
Questo meccanismo di “stasi artistica funzionale” è ben evidente negli attori cinematografici che una volta raggiunta la notorietà con un determinato ruolo difficilmente riescono ad abbandonarlo. Tutta l’industria dello spettacolo è molto attenta affinché gli scostamenti dalla “stasi artistica funzionale” siano ridotti al minimo e preferiscono puntare sul già sentito e sul già visto piuttosto che rischiare sull’incerto.
Anche in questo caso questa strategia di mercato, in modo più o meno consapevole, va a rinforzare una certa forma di controllo basata sull’inamovibilità, sulla banalità, sulla stasi delle coscienze.
Conclusioni
In questo secondo articolo sulla doppia faccia della musica abbiamo affrontato gli aspetti socio-politici ad essa connessi, ma nelle prossime due parti inizieremo ad affrontare l’altra faccia della musica, quella benefica, evolutiva e trasformativa.
Si farà riferimento, alle modalità dell’ascolto e agli aspetti psicoacustici ovvero agli effetti che le diverse frequenze* possono avere sul corpo umano.
Glossario
Dopamina. Ė un neurotrasmettitore del sistema nervoso centrale e viene definito “il neurotrasmettitore del piacere ” perché, oltre ad altre ad assolvere ad altre funzioni, viene rilasciato quando si sperimentano circostanze o attività gratificanti.
Frequenze. Tecnicamente, corrisponde al numero di forme d’onda generate in un secondo. Ad esempio, se si preme sul La centrale di un pianoforte (quarta ottava), le sue corde corrispondenti vibreranno 440 volte in un secondo. Se si preme sul La successivo, cioè l’ottava successiva, le corde vibreranno ad una velocità doppia, cioè 880 volte in un secondo. Più è alta la frequenza più il suono che si genera è acuto e viceversa.
Luonge Bar. Genere di musica rilassante con pochi cambi di tonalità.
Recursivo. Termine nato nel campo della linguistica ma adottato in altri ambiti scientifici per indicare una ripetizione (infinita). In questo contesto sta ad indicare che ognuno dei tre fattori del cerchio recursivo rinforza ed attiva il successivo.
Tonica-dominante. Per “rapporto tonica-dominante” si intende la forte attrazione armonica che si ha fra il primo ed il quinto grado di una scala, per esempio Do – Sol. Gran parte della musica classica, popolare e leggera si basa su questa cadenza.
Bibliografia
Adorno T.W. (1938) “Il carattere di feticcio in musica e la regressione dell’ascolto ” in Dissonanze,
Milano 1959.
Adorno T.W. (1962), Introduzione alla sociologia delle musica, Einaudi, Torino 1967.
Orlacchio A., “Perché ascoltiamo sempre la stessa musica? “, Chedonna, 09/01/2020.
Lanza A. Il secondo Novecento, EDT, Torino 1991.
Papadopoulos I., La teoria generale dei pregiudizi di base, Armando Editore, Roma 2014.
Papadopoulos I., Resilienza: origine del termine, etimologia e applicazioni, La mente pensante,2022.
Welch G., Il potere della musica nello sviluppo del bambino, Institute of Education, University of London g.welch@ioe.ac.uk
Dott. Ivo Papadopoulos
Psicologo Clinico | Sociologo
Bio | Articoli | Intervista Scrittori Pensanti | AIIP Novembre 2023
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