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La musica come esperienza prenatale

Effetti benefici nella diade madre – bambino


Musica e linguaggio rappresentano il fondamento dell’odierna civiltà.

La comunicazione rappresenta indiscutibilmente una conditio sine qua non per la vita umana e, di conseguenza, per le relazioni sociali: è del tutto vero che l’essere umano, fin dall’inizio dell’esistenza prenatale, è impegnato in un complesso processo di acquisizione delle regole della comunicazione, anche se solo in parte ne è consapevole.

La musica, che ha da sempre accompagnato l’uomo lungo la sua evoluzione, rappresenta tutt’oggi il principale canale di comunicazione in grado di esprimere, ed evocare, pensieri ed emozioni.

È un’esperienza di vita fondamentale in grado di migliorare il benessere fisico e psicologico della persona.

È stato dimostrato dalle Neuroscienze, che rendono noti gli effetti benefici della musica nel sistema nervoso centrale e di come essa rifletta una comunicazione strutturata al pari del linguaggio, sicché gran parte della sua decodifica avviene proprio nell’emisfero sinistro.

Ma come si connettono gli aspetti comunicativi con quelli musicali durante il periodo prenatale?

Diverse prove scientifiche confermano che, già durante la gravidanza, si forma un forte legame comunicativo tra madre ed il nascituro (Verny, 1981).

In primo luogo, c’è il contatto corporeo che abbraccia l’intero insieme di percezioni che ogni giorno raggiungono il bambino all’interno della sua “stanza” materna.

Immerso nel liquido amniotico, il nascituro riceve onde sonore sotto forma di vibrazioni che lo calma in modo costante, mantenendolo in continua comunicazione con il mondo esterno grazie al contatto tattile tra la pelle del bambino e il fluido (Neumann, 1991).

Sembra sorprendente, e lo è, in quanto ciò di cui vi parlo rappresenta una delle primissime forme di apprendimento prenatali di un bambino.

Poiché l’utero rappresenta un luogo tutt’altro che silenzioso, in quanto lo stomaco gorgoglia, il cuore batte e i polmoni si riempiono d’aria, il suono viene amplificato durante il suo viaggio all’interno del corpo materno.


Voci e suoni come fattori protettivi dello sviluppo

Nel corso della gestazione la voce della madre diventa il suono preferito del bambino; ed è proprio dal suono materno che il nascituro inizia ad assimilare il bisogno di comunicare, nonché a sviluppare una delle principali abilità comunicative: l’ascolto.

Saper ascoltare renderà il bambino più autonomo e più sicuro nell’intraprendere nuove esperienze di apprendimento, sia in relazione a sé stesso che all’ambiente circostante.

Questa relazione è ulteriormente arricchita dall’uso di strumenti a noi molto più vicini di quanto possiamo immaginare: suoni, voce e musica (Zorrillo, 1998).

Non dimentichiamo che il primo vero strumento musicale è l’essere umano, in quanto parte degli infiniti suoni della natura.

Immerso in questo universo sonoro, la prima sinfonia che il bambino ascolta, dal momento del suo concepimento, è quella del grembo materno, che lo accompagnerà per nove mesi.

La musica ascoltata nei momenti di relax durante la gravidanza, unita a tanti altri tipi di contatto e comunicazione, può aiutare a connettere e sostenere, madre e bambino durante e dopo il parto.

Tutte le canzoncine e le filastrocche che la madre ha scelto, appreso e iniziato a cantare rappresentano un rassicurante filo di continuità che lega vita prenatale, travaglio e parto.

Infatti, l’ascolto di brani familiari ha un effetto rilassante sul neonato; un effetto del tutto simile si registra quando si ascolta la voce della propria madre.

I ricercatori avevano notato che i bambini che ascoltavano ripetutamente una canzone, mentre erano nel grembo materno, sembravano calmarsi quando la stessa canzone veniva suonata dopo la loro nascita.

L’effetto era ancora più evidente se, oltre a udire il suono di una canzone, era possibile ascoltare il canto materno: il bambino sentendo la voce della madre, apprendeva le qualità vocaliche della sua voce e delle melodie precedentemente udite.

Ciò conferma quanto sia importante parlare, cantare, raccontare storie ai propri figli prima ancora che nascano in quanto, non solo migliora l’interazione madre – padre – bambino, ma è in grado anche di ridurne lo stress sia genitoriale che infantile (Vlismas et al., 2013).

Recenti studi evidenziano come le vibrazioni prodotte favoriscano uno sviluppo equilibrato del sistema nervoso, dimostrando come i suoni non vengano percepiti esclusivamente dal sistema uditivo bensì da tutto il corpo, come se l’intero organismo potesse beneficiarne.

Infatti, sebbene non sia ancora chiara la relazione esistente tra musica, sistema nervoso e sistema immunitario del bambino, diverse ricerche evidenziano come, in risposta alle infezioni sia virali che batteriche, l’efficacia delle difese immunitarie sia positivamente influenzata dalla percezione musicale e ciò sembrerebbe verificarsi in seguito a una regolare esposizione a una moltitudine di stili musicali, come musica rilassante e stimolante (Fancourt et al., 2014).


Risvolti terapeutici: musicoterapia prenatale

Consolidata l’importanza della musica nello sviluppo pre e post-natale del bambino, e coniugate tali conoscenze con l’esperienza clinica nei reparti ginecologia, neonatologia e pediatria, si è potuta promuovere un’importante iniziativa chiamata musicoterapia prenatale.

La musicoterapia, quale metodologia clinica utilizzata all’interno di un percorso terapeutico, nasce dopo la Seconda guerra mondiale e da lì ottiene una rapida diffusione, sebbene già il filosofo e matematico Pitagora prescriveva diverse scale e modalità musicali per curare una serie di condizioni fisiche e psicologiche (Greenberg e Rentfrow, 2017).

Oggi, la musicoterapia prenatale, viene a costituirsi come un programma di benessere progettato per promuovere, e consolidare, il legame tra madre e bambino prima della nascita.

Gli strumenti utilizzati possono essere: semplici canzoni, songwriting, immagini guidate, ninna nanna e musica classica.

Sono tutti ausili funzionali sia al bambino perché lo aiutino a calmarsi e rilassarsi, e sia alla madre affinché la aiutino a contrastare il normale stress reattivo al travaglio e successivo parto, affinché non perduri e non ostacoli l’ex gestante nel suo nuovo ruolo materno.

Pensiamo a tutte quelle donne che, subito dopo il parto, non hanno avvertito il tanto decantato istinto materno che, oggi, sembra quasi d’obbligo avere al momento del concepimento.

Sono madri che possono sentirsi inadatte o sbagliate, e che molte volte non possiedono un’adeguata rete di supporto in grado di aiutarle nella gestione di sentimenti vissuti in modo doloroso e che, in qualche modo, le disconnettono dal proprio bambino.

L’esposizione musicale, durante il periodo prenatale, funziona proprio da connettore sia per la madre quanto per il nascituro, in quanto la musica, grazie alle sue qualità intrinseche come il ritmo, la frequenza e il tono, rappresenta il canale comunicativo per eccellenza in grado di veicolare importanti significati in termini di emozioni, sensibilità e sentimenti, così come di influenzarne l’emotività, la cognizione e il comportamento (Mualem & Klein, 2013).

A dimostrazione di quanto le esperienze prenatali restino impresse nella psicobiologia dei bambini e di quanto queste influenzino le loro attitudini e capacità evolutive, riporto l’esperienza personale di Boris Brott, direttore dell’Orchestra Filarmonica di Hamilton:

Quando ero ragazzo scoprì con mia grande sorpresa che ero in grado di eseguire alla perfezione brani che non avevo mai suonato prima, oltre a sapere quale composizione musicale sarebbe arrivata dopo prima ancora di girare le pagine di una partitura mai vista. Un giorno, parlando con mia madre, violoncellista professionista, scoprì che tutti gli spartiti che suonavo, erano brani che mia madre aveva suonato molte volte mentre era in sua dolce attesa. (Verny, 1981).


Dott.ssa Valeria Pecoraro Autrice presso La Mente Pensante Magazine
Dott.ssa Valeria Pecoraro
Psicologa | Specializzanda in Psicoterapia Cognitiva
Bio | Articoli
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